Chenin blanc e Loira. Un binomio unico e indissolubile

Chenin blanc e Loira. Un binomio unico e indissolubile

Degustando
di Laura Zaninelli
07 gennaio 2015

L’atmosfera della serata è decisamente interessante. Samuel Cogliati rivela subito che lo chenin è un "cliente scomodo" perché, quando si apre la bottiglia, è difficile sapere cosa ci troverai dentro; infatti l'ordine di servizio dei vini di questa sera è stato deciso solo dopo averli assaggiati

Chenin Blanc - VignetiIl Sudafrica è il principale produttore dello chenin, conosciuto anche come steen, mentre altre zone importanti di produzione sono gli Stati Uniti, l’Australia, la Nuova Zelanda e parte del Sudamerica; tuttavia la zona d’elezione di questo vitigno è la Francia, dove la produzione è qualitativamente superiore (in particolare nella Loira).

Diverse sono le regioni che coltivano e vinificano chenin in Francia: Loira, Poitou, Languedoc (probabile regione d'origine del vitigno), Pirenei (Tursan), Sud-Ovest (valli della Garonna); dal fatto che la distribuzione geografica predilige le zone occidentali - ovvero la spina dorsale atlantica della Francia - deduciamo che lo chenin ama il fresco dell'oceano.
Nelle valli della Loira, terza regione francese per estensione di produzione vinicola, prima per produzione di vini bianchi, il territorio è ampio e complesso. Nel suo panorama frastagliato ed eterogeneo l'unica costante abbastanza affidabile è la coerenza dei vini, che sono freschi, agili, improntati alla tensione gustativa e di forte personalità. Negli ultimi anni si è sviluppata anche, da parte dei vignaioli più giovani, una forte sensibilità ecologica, riscontrabile in particolare nella conversione alla viticoltura naturale. 
Le aree geografiche di produzione (le prime tracce di produzione risalgono addirittura al XII secolo) di chenin in Loira sono: Pays Nantais, Anjou et Saumurois, Touraine, Centre Loire.

Il grappolo dello chenin è di media grandezza, con acini piccoli e sodi; ciò significa presenza di maggior buccia, quindi più capacità di estratti e aromi. E’ inoltre molto resistente; la gemma cresce precocemente ma la maturazione è tardiva. Alta è poi la resa produttiva, che impone al vignaiolo grande cura alla gestione in vigna, a partire dalla potatura, per non perdere in qualità; pronunciata è anche l’acidità che serve per dare straordinaria qualità. Sorprende la versatilità produttiva e gustativa del vitigno: i vini prodotti sono molto diversi tra loro con gusti sempre nuovi e particolari, tutto questo grazie anche alla maturazione tardiva, piena, compiuta, di eccezionale concentrazione zuccherina che, non perdendo la sua acidità, dona sempre grande freschezza. Notevole infine la propensione alla botrytis cinerea, che allarga ancor di più la possibilità produttiva.

Un altro incredibile elemento di ambivalenza è l’incontro-scontro tra componenti acida e zuccherina: spesso, aprendo una bottiglia, si viene sorpresi dal residuo zuccherino, difficilmente gestibile. Lo chenin è insieme precoce e longevo sia in vigna che in cantina; è lento in fermentazione (gli spumanti nacquero per questo motivo con il metodo ancestrale) e invecchia bene in bottiglia; tutti questi elementi ossimorici lo rendono grande e particolarissimo.

Imparare a degustare lo chenin non è semplice. Samuel ha dato una chiarissima ed intensa dimostrazione di come, aprendo e versando una bottiglia di chenin, nulla sia scontato: la sua versatilità è capace di produrre molte tipologie di vini con il medesimo successo nei prodotti finali. Samuel ribadisce convinto che, nonostante questi multiformi aspetti, lo chenin possieda una sua precisa identità, difficile forse da declinare nel dettaglio ma, nonostante tutto, abbastanza riconoscibile alla cieca.

 

Degustiamo questa sera sette chenin blanc in purezza, di diverse zone della Valle della Loira, lasciandoci stupire dalla versatile personalità di questo vitigno.

 
Vouvray pétillant “L’Ancestrale” 2011 (Vincent Carême)

Vino spumante, al naso è fragrante di frutta delicata: pera, mela soave, sensazione fermentativa, quasi ancora in fase di elaborazione, gentile speziatura di zenzero e curcuma, tono cremoso di finocchietto selvatico, zucchero candito, note di confetto, tocco floreale; uno spettro di sensazioni olfattive davvero articolato per uno spumante, dotato anche di un tocco etereo, leggermente alcolico, quasi di vernice. In bocca è avvolgente, sorretto da una garbata salinità, dà qui invece sensazione di maturità compiuta, un sottofondo amarognolo pasta di mandorla, quasi di luppolo. Vino di grande fragranza, piuttosto solare; i punti di forza sono la cremosità della spuma, la salinità delicata che tiene dall'inizio alla fine e l’immediatezza di gustabilità.

 
Jasnières “Les Roisiers” Domaine de Bellivière 2013 (Christine et Eric Nicolas)

Al naso si presenta severo, chiuso con qualche nota di gomma, un leggero sottofondo di erba fresca, un accenno vagamente agrumato, vinosità diretta, rettilinea, leggero tono di caramella, sfumatura vagamente farmaceutica, leggera senape; aprendosi diventa più fruttato, con note di liquirizia. In bocca è crudo, liquido, salino, tenace sui lati della lingua, l’acidità lo tende, emerge una sfumatura di zucchero da candito. Questo vino è gustativamente cristallino, associa salinità, mineralità e capacità di tendere il residuo zuccherino in maniera coerente col resto dei sentori. E’ un vino che chiede altro tempo per liberarsi e farsi apprezzare. Un abbinamento consigliato: pesci d'acqua dolce in salsa con funghi, formaggi di capra o pecorini cremosi.

 
Les vieux clos 2010 - Nicolas JolySavennières “Les Vieux Clos” Coulée de Serrant 2010 (Nicolas et Virginie Joly)

Di immediata evidenza è la diversità cromatica rispetto ai primi due: non è del tutto limpido e richiama una buccia di cipolla; al naso è austero, alcolico, etereo, porta un’ampia florealità, non precisa ma con sfumature di pera, erbe amare, carciofo, nota di alcol denaturato, acqua di rose, fiori macerati. In bocca è asciutto, amaro, caldo, avvolgente, quasi untuoso tranne che sul finale; non c'è sensazione zuccherina né salinità. Vino da abbinare a formaggi grassi.

 
Montlouis “Clos de Volagré” Clos de la Briderie 2011 (Vincent Girault)

Colpisce il naso con un impatto animale, molto chiuso: terra e roccia bagnata, lieve nota floreale, la frutta è sotto traccia, le sensazioni quasi marine, con un tocco di curcuma o curry; la presenza di idrocarburi ci potrebbe orientare verso il riesling, scorza e conifere. In bocca ambivalenza e complementarietà di nota acida e zuccherina, di cristallina purezza. Lo zucchero fa da cassa di risonanza per gli aromi, c'è sempre un concorso dell'amaro sul finale per ripulire il tutto però in maniera garbata. Grandiosa bevibilità.

Vouvray “Le Clos” 2010 (Vincent Carême)

Si riaffacciano tonalità ottonate nel colore, il marchio al naso è formaggio di capra, scorza di cedro, erbe fresche, un fruttato che emerge in maniera più nitida: melone giallo, miele di acacia, fondo balsamico di grande purezza, lieve traccia di benzina; cominciamo a capire da questo assaggio l’idea di fondo di alcuni tratti aromatici comuni di questo vitigno: canditi, sensazioni balsamiche lievi, note di confetteria. In bocca ha prevalenza zuccherina ma in comunione di intenti con amaro e acidità: c'è zucchero ma non cede a sbavature, notevole lunghezza, azione emolliente dell'alcol; una forte salinità minerale è tra le sensazioni preponderanti.

 
Montlouis demi-sec “Les tuffeaux” François Chidaine 2010 (François Chidaine)

Profumi di agrumi evidenti che lasciano spazio anche alla frutta esotica, al pane tostato, allo zucchero filato; note vegetali di grande maturazione, ritorna la pera. In bocca il cuore è lo zucchero, di lato l'acidità che regge ma non si integra, la scorza è una bellissima sensazione amara, quasi un distillato di pera, la mineralità è meno evidente rispetto al vino precedente. Abbinamento con una manzo cucinato in padella con una salsa di roquefort.

 
Vouvray moelleux Clos Naudin 2005 (Philippe Foreau)

Ci seducono al naso erbe amare, una traccia marina, leggera sensazione ossidativa, pasta di mela cotogna e mandorle, leggero tocco di grappa, albicocca disidratata, pane tostato. In bocca l’acidità è contenuta ma di sostanza, è un florilegio di tante sensazioni; il finale è puro, ammandorlato, sostenuto ancora dall’alleanza preziosa tra acidità, salinità e nota amaricante, intensa la corrispondenza naso-bocca. Abbinamento ideale con i formaggi, oppure con alcuni crostacei in salsa e zenzero.

Insomma, una serata speciale, di straordinaria intensità emotiva: Samuel è stato capace di farci assaporare e capire come da un vitigno così versatile e inafferrabile si possano creare prodotti di altissima qualità; è in serate come questa che sento forte il privilegio di essere una sommelier di AIS Milano.

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