Lo Champagne e il tempo

Lo Champagne e il tempo

Degustando
di Gabriele Merlo
03 febbraio 2015

Una serata per comprendere le reali potenzialità d’invecchiamento dello Champagne, uno spumeggiante tuffo nel passato accompagnati da Samuel Cogliati

Samuel ama lo Champagne, che ha studiato a lungo e che lo emoziona ad ogni assaggio. La sua passione traspare dalle parole e dai vini scelti e degustati insieme al pubblico attento ed entusiasta di questa frizzante serata. 

Lo Champagne non è affatto una tipologia di vino da bere subito perchè destinato a non migliorare una volta sboccato ed imbottigliato; avendo la pazienza di aspettare qualche anno, invece, potrà regalare maggiore complessità e sensazioni inaspettate.

Questo è l’intento che ha spinto il relatore a portare in degustazione alcuni Champagne “invecchiati”, ed è anche l’incipit di un lungo ed approfondito discorso. Non tutti gli Champagne sono potenzialmente capaci di sopravvivere e migliorare col trascorrere del tempo; Samuel identifica il punto cardine della capacità d’invecchiamento del vino nel bilanciamento tra equilibrio e tessitura e nel loro rapporto con l’ossidazione. Numerosi altri fattori possono influenzare la capacità dello Champagne di durare negli anni; anzi, ogni passo del processo che trasforma l’uva in vino può determinarla. Innanzitutto, i presupposti per una vita duratura devono essere generati alla nascita, in vigna: una viticoltura sana, la giusta maturazione e vendemmia, la tipologia del vitigno sono punti di partenza per un futuro radioso. Il secondo passo è la vinificazione dei vin clair: le caratteristiche che donano longevità al vino sono lunghe fermentazioni, affinamento e tiraggio tardivo, utilizzo di cuvée e vins de réserve. Ultimi, ma non meno importanti, sono il processo di spumantizzazione, la rifermentazione in bottiglia ed una lunga permanenza sui lieviti, che determinano la vita futura del nettare in affinamento. Infine, la conservazione ed il servizio possono esaltare o distruggere la vita di questo vino.

Ed ora, lasciamo la parola ai calici…

Champagne extra-brut “Cuvée Louis” Tarlant (Base 1999)

Il primo vino è un assemblaggio di chardonnay e pinot noir della Vallée da la Marne, nel lieu-dit “Les Crayons”. Nel calice si veste di uno scintillante dorato luminoso per sprigionare dolcissimi sentori speziati di pane di segale, mela golden e susina; termina con timo e carne salata attorniati da un timbro etereo di acetone che evolve in resinoso. Assaggiandolo manifesta cremosità ed avvolgenza, duttilità e grande facilità di beva; la dolcezza è solo accennata, l’amaro è strutturato e completato da sapidità ed acidità. 

Champagne brut Les Mesnil Grand Cru “Cœur de Terroir Louis” Pascal Doquet 1995Champagne - Ais Milano - Bottiglie

Un blanc de blanc di puro chardonnay coltivato sulla craie di Les Mesnil-sur-Oger. Vino che regala profumi potenti di burro fuso, ananas sciroppato, pane tostato e scatola di sigari, sensazioni che si trasformano in pop corn, foglia di tabacco e croccante, regalando infine un accenno etereo. Sviluppa sensazioni gustative e tattili di volume e pungenza, un’acidità agrumata di limone ben marcata nel finale che si esaurisce con un gusto verde e tostato.


Champagne brut “Cuvée Robert Winer” Françoise Bedel et fils 1996

Lo Champagne che non ti aspetti... pinot meunier di vecchie viti della Vallée da la Marne in maggioranza, manifesta grande complessità, garbo ed aristocrazia. L’olfatto è tratteggiato da nuances speziate e fruttate. Ed ecco spuntare una punta di lardo, panini al latte, frutta candita e, per ultimi, accenni di tartellette ai lamponi e crema pasticciera. In bocca mostra tutta la sua stoffa: la freschezza è saldamente ancorata alla dolcezza, l’amaro è misurato. Nel finale si coglie un calore pirico, note salate e una lieve ossidazione.   


Champagne brut Polisy André Beaufort 1996

Col quarto assaggio ci spostiamo a Polisy, nell’Aube, dove Jacques Beaufort ha prodotto questo Champagne con uve pinot noir (80%) e chardonnay. Mostra un affascinante dorato con sfumature ramate, sviluppa profumi “buffi”: dolci di mango, maracuja, ribes bianco, poi selvatici, vegetali, lacca e spezie orientali. Esprime il medesimo dualismo all’assaggio: inizialmente appare dolce, zuccherino, poi evolve in animale e vegetale. Se non avesse le bollicine sembrerebbe un riesling della Mosella, è caparbio e testardo.   


Champagne extra-brut rosé “Collection Privée Yves Dufour – Ligne 82” Robert Dufour 1999

Rimaniamo nell’Aube, sulle cui marne kimmeridgiane cresce il pinot noir con cui viene vinificato questo rosé. Si presenta al calice con un caldo rosa tenue; colpisce con sensazioni amare erbacee, farmaceutiche di alcol denaturato, marine, di vernice spray e ossido-riduttive. Un naso austero che col tempo tende ad ingentilirsi, da attendere per ore. In bocca è vivido, spigliato con la sua acidità, regala una dolce tannino e tattilità legata all’anidride carbonica. Un vino fisico, dal finale preciso e pulito che ricorda bitter e vermouth.


 Champagne - Samuel CogliatiChampagne brut nature “Vieille Cuvée” blanc de noirs Alain Couvreur (1984/85)

Solo pinot noir e meunier per questo Champagne della Marne sottoposto a tirage nel lontano 1987 e sboccato nel 2011. Attacca il naso con l’amaro delle scorze di agrumi essiccate al sole, nocciole, cenni di sherry che, col passare del tempo, si modificano in pane al sesamo, camino spento, uova in cereghin, panna acida. Sentori struggenti, lievi e delicati. L’assaggio è purezza cristallina, la carbonica di perfetta minuzia. Acidità e sapidità corrono parallele, il corpo è moderato, l’amaro piacevole dona persistenza lunghissima.


Et voilà, les jeux sont faits, la serata si conclude magnificamente; del resto, il più giovane Champagne degustato aveva quindici anni!