Oltrepò Pavese: terra di rigogliosi declivi e orgogliosi caratteri

Oltrepò Pavese: terra di rigogliosi declivi e orgogliosi caratteri

Degustando
di Ilaria Ranucci
21 gennaio 2016

Il Congresso Nazionale AIS a Milano ha presentato una grande occasione per ricordare le eccellenze del vino lombardo, che non sono poche né prive di interesse.

Si tratta spesso di realtà storicamente radicate, familiari, fatte di tempo passato in vigna e di fatica.
È il caso della azienda Bruno Verdi, che ha portato a Milano una profonda verticale dell’Oltrepò Pavese Riserva Cavariola, il cru di casa, partendo dall'inizio della storia di questo importante vino, il 1985, prima annata prodotta.

Presente in sala la famiglia Verdi, che produce vino nella zona di Canneto Pavese dal Settecento, ma ha iniziato ad imbottigliare con etichetta propria solo nel dopoguerra, ad opera di Bruno, che dà il nome all’azienda.

A portare avanti oggi il testimone, coadiuvato dalla famiglia, c’è Paolo, il figlio di Bruno. Da oltre trenta anni si prodiga in vigna ed in cantina e si definisce “quello che fa i vini”. Con il padre ha lavorato solo per pochi anni, dato che Bruno purtroppo è venuto a mancare proprio nel primo anno di vita del Cavariola, il 1985.

Paolo VerdiPaolo Verdi ci ha accompagnato passo dopo passo, raccontandoci la storia del vino, la sua natura e le condizioni di ciascuna annata. Dal punto di vista unico di chi era presente, momento per momento, con speranza e timore. E l'importante è esserci sempre, dato che le decisioni non si prendono solo al momento della vendemmia ma, con trepidazione, ben prima, anche a costo di diradare più di quanto sarebbe stato poi necessario, data l’evoluzione della stagione, per preservare la qualità.

Anzi, il dilemma del vignaiolo inizia ancora prima, quando occorre scegliere cosa impiantare nel vigneto man mano che le piante vengono a mancare. La selezione massale richiede anni e passa per l'identificazione dei cloni più espressivi e qualitativi.

La vigna Cavariola è passata da 0.8 a 1.5 ettari nel tempo. Come una cosa viva è mutata ma in fondo è anche rimasta come è sempre stata, piantata con diverse varietà, quelle che tradizionalmente hanno dato vita ai vini della zona. L’azienda Bruno Verdi ha scelto di resistere alla sirena delle varietà internazionali, e continua a lavorare con i vitigni di sempre.

Paolo Verdi ci ha fatto riflettere sul fatto che molto di quello che ci viene dalla tradizione ha una sua ragion d'essere: ughetta, barbera, croatina ed uva rara sembrano fatte per essere raccolte e vinificate insieme. Le varietà più precoci, se raccolte con lieve appassimento, aggiungono ulteriori note aromatiche. I quattro vitigni insieme risultano bilanciati nel tannino, colore, morbidezza ed acidità; anche, nel caso del Cavariola, nell’insieme di un vino alcolico, strutturato e ricco. Alla fine l’uvaggio si è gentilmente evoluto, pian piano, con l’esperienza e la pazienza.

CavariolaLo stesso discorso vale per il lavoro in cantina, il cui protocollo è frutto di anni di tentativi. Non esiste la facilità di un vino uscito già definito come Minerva dalla testa di Giove, non il ragionamento a tavolino di un genio dell’enologia, piuttosto un quieto lavoro che ha portato a decidere precise modalità di vinificazione: fermentazione alcolica in piccoli tini aperti, con follatura a mano con un bastone “centenario”, breve sosta di assestamento in cemento per poi passare alla barrique dove avviene la malolattica. Subito dopo questa seconda fermentazione avviene il primo travaso, un momento delicatissimo per il vino; poi il minor numero possibile di travasi, solo se e quando necessario. Minima anche la aggiunta di solforosa, con la totale che nel vino si attesta a circa 50 mg/lt.

Al momento dell’assaggio di questi vini, la palla è passata ad un degustatore di grande esperienza come Luisito Perazzo. Miglior sommelier di Italia 2005, Luisito ha saputo interpretare il vino di ogni annata nel suo stato evolutivo, nelle sue espressioni di naso e di bocca, ed anche suggerirci il contesto ideale di consumo per ciascuna annata, con cibi di adeguata personalità e struttura.

Le annate più vecchie, pur riflettendo un protocollo di vinificazione diverso, non hanno deluso, presentandosi vive. A merito del vino va sottolineata la varietà di espressione delle diverse annate, non tutte ugualmente felici ma tutte meritevoli di considerazione.

Alla fine la scelta di dedicare una vetrina nel Congresso Nazionale AIS in Lombardia ad una azienda dell’Oltrepò è stata ampiamente giustificata; ha dato l’occasione di condividere un'esperienza trentennale e completa su un singolo vigneto, come anche di conoscere meglio vini di cui molti purtroppo ignorano la grande personalità.

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