Tokaji: essenza di dolcezza e paradossale equilibrio

Tokaji: essenza di dolcezza e paradossale equilibrio

Degustando
di Laura Zaninelli
21 gennaio 2016

Una delle perle che AIS Milano ha offerto ai suoi soci per il Congresso del 2015 è stata certamente la verticale di tokaji dell’azienda Disnzóko.

Il presidente dell’azienda, László Mészáros, e Mariano Francesconi, presidente di AIS Trentino e grande conoscitore dei vini della Pannonia, ci hanno guidato attraverso l’essenza del Tokaji, re dei vini e vino dei re.

Nella preparazione di un sommelier risulta fondamentale la conoscenza delle tecniche di vinificazione; ogni zona del mondo ne cerca una particolare, mantenendo la tradizione oppure innovandola con fiducia in nuovi mezzi. 

Quando ci si imbatte nello studio della zona di produzione del Tokaji, Tokaj-Hegyalja, nord est di Budapest, non si può non rimanere affascinati dalla cura con cui, da secoli, si produce un vino che lascia senza fiato.

I relatoriMariano Francesconi ci descrive, con dovizia di particolari, il territorio in cui nasce questo grande vino che vede due importanti fiumi, Tibisco e Bodrog, come preziosi aiutanti per creare il microclima perfetto affinché possa svilupparsi la botrytis cinerea, quella nobilissima muffa che, intaccando gli acini, dà vita a qualcosa di straordinario. 

I principali vitigni autoctoni che si usano nella produzione del Tokaji, e coltivati nell’azienda Disznóko, sono il furmint, vitigno molto sensibile all’attacco della botrite; l’hárslevelu, che controbilancia la mineralità del furmint; il sárgamuskotály, geneticamente identico al nostro moscato giallo; ed infine lo zéta, un incrocio tra furmint e bouvier, da cui nascono vini espressivi in gioventù ma che evolve più rapidamente. 

Bicchieri in salaLa forma di produzione più celebre e seducente del Tokaji è senz’altro quella “aszú”, ricca di sensazioni olfattive. Essa avviene attraverso la selezione di acini attaccati dalla botrytis cinerea, lavorati per creare una pasta, detta appunto “aszú”, la cui quantità si esprime in puttonyos (nome delle gerle da 26 kg); i grappoli non botritizzati, invece, vengono lasciati in pianta ad appassire fino circa alla fine di novembre; serviranno per la creazione del vino base al quale verrà aggiunta la pasta “aszú”; tale aggiunta provoca un processo di rifermentazione che produrrà un vino tanto affascinante. 

In base alla quantità di puttony aggiunti al vino base, da 1 a 6, si avranno vini con caratteristiche diverse. L’invecchiamento avviene, per almeno due anni, in botti di rovere autoctono nelle suggestive cantine di Tokaj (solitamente scavate nel tufo), che hanno una temperatura costante di 10-12 gradi. 


I viniAbbiamo degustato 8 vini, Disznóko Tokaji Aszú 6 puttonyos, in verticale: dal 2011 al 1993; introdotti da un fuori programma: un Disznóko Tokaji Aszú 5 puttonyos del 2007, elegante dal carattere maschile, che ci apre la strada verso la vibrante intensità dei prodotti più raffinati dell’azienda. 

I vini assaggiati provenivano da vitigni situati in particelle di terreno diverse e anche con una diversa combinazione di vitigni, con prevalenza di furmint in purezza; in linea generale le sensazioni gustative che abbiamo ritrovato in questi vini variano dalle note di pesca alla frutta tropicale con sfumature agrumate e di legno ed una costante freschezza che bilancia la tendenza dolce. 

Non ha mancato poi di sorprenderci l’annata 2002, composta da zéta in purezza, che dà vini più rotondi e alcolici, con note dolci, sensazioni tostate di nocciola e cioccolato. 
Degna di nota anche l’annata 2000: dopo 15 anni un furmint di ancor grandissima freschezza. 
La conclusione è da fuochi d’artificio: il 1993, un’annata col botto! La soavità, la morbidezza, la complessa freschezza, ci lasciano in bocca un sapore infinito, avvolgente, l’essenza di una dolcezza che non stanca.

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