Bolgheri: quando la personalità dell'uomo domina il carattere del luogo

Bolgheri: quando la personalità dell'uomo domina il carattere del luogo

Degustando
di Davide Gilioli
03 marzo 2016

Michele Satta è praticamente l’unico produttore a detenere vigneti di sangiovese nella DOC Bolgheri. Forse perché ci ha creduto fin dagli anni Ottanta? O perché dotato di una volontà ferrea?

Massimo Castellani, Delegato AIS di Firenze, ci racconta questa insolita sfida consumatasi in terra toscana.

Misurato, serio e concentrato mentre racconta la propria storia di vignaiolo, Michele Sattanon incarna per nulla il cliché del toscano ruspante e bonaccione. Già, perché toscano non è: originario di Varese, dove consegue il diploma, inizia però a lavorare in un’azienda agricola nella campagna pisana. 
Il suo esordio è negli anni Settanta, quando il vino è puramente un fattore produttivo e l’obiettivo è la quantità ai fini del conferimento alle varie cantine sociali, le rese sono abnormi: Michele ci racconta di numeri che arrivavano ad oltre 15 kg per pianta e le tecniche agronomiche poco curate.

I relatoriDopo la laurea in agraria e il matrimonio, Michele inizia la prima di quelle che definisce le 4 fasi cruciali della sua carriera: nel 1983 abbandona il lavoro da dipendente e intraprende la strada imprenditoriale, fondando una propria azienda a Castagneto Carducci (LI) e gestendo in affitto un piccolo podere con cantina, coltivato a sangiovese e trebbiano, uve simbolo della tradizione toscana. 
Il fenomeno “Sassicaia” non è ancora salito agli onori della cronaca e Bolgheri è ancora prevalentemente un’area votata alla produzione di frutta e ortaggi. È in questa fase che Michele, conquistato dalle interpretazioni di sangiovese che incontra in due dei suoi “vini del cuore” (il Brunello di Montalcino “Case Basse” di Gianfranco Soldera ed il “Pergole Torte” di Martino Manetti di Montevertine), è libero di sperimentare e di ricercare quell’eleganza che questo vitigno riesce ad esprimere quando coltivato e vinificato al meglio. 
Seguono quindi alcuni viaggi in Francia, specie nella Valle del Rodano, dove allarga le sue passioni al viognier (un vitigno rustico e resistente, ben adattabile ai terreni pietrosi ed al clima marittimo della costa livornese) ed il syrah, che qui regala grande profondità e carattere.

Nel 1991, la seconda fase: acquista una proprietà a Castagneto Carducci e crea un vigneto “sperimentale” di 15 ettari – poi ribattezzato “I Castagni” - con sangiovese, cabernet sauvignon, syrah ed alcune barbatelle di teroldego affidategli dal prof. Attilio Scienza mentre lavorava ad un progetto presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. L’obiettivo è realizzare un blend equilibrato ed espressivamente poliedrico, in grado di poter reggere il tempo almeno quanto i tagli bordolesi concorrenti, ma senza rinunciare all’eleganza ed alla propria personalità.

Ed ecco la terza svolta nella carriera di Michele: fra il 1993 ed il 1995, in attesa che il nuovo vigneto entri in produzione, lavora presso la Tenuta dell’Ornellaia, dove sviluppa una cura quasi maniacale del vigneto, atteggiamento fondamentale che incide sulla qualità finale del vino. 
Qui matura le sue convinzioni “non interventiste”: «Winemaker è una pessima parola, perché tradisce il vero compito del vignaiolo, il quale dovrebbe limitarsi a “gestire” il processo di vinificazione di una grande materia prima, l’uva.». 
La scienza e le tecnologie non vanno rinnegate, ma utilizzate con coscienza per salvaguardare il grande patrimonio espressivo dei vitigni impiegati e del territorio.

La presentazioneQuesto è anche il motivo per cui nel 1997 - la quarta fase - decide di mantenere ed ampliare le vigne di sangiovese, senza cedere alla tendenza di espiantare in massa a favore dei vitigni internazionali: ad oggi in tutta la DOC Bolgheri il sangiovese rappresenta circa il 2% (ed è quasi tutto di sua proprietà). 

Massimo Castellani ci introduce quindi alla degustazione di ben 7 vini. 

Due versioni (2012 e 2007) del “Giovin Re” (un viognier in purezza) e poi cinque rossi che rendono onore alle potenzialità espressive ed alle sfaccettature interpretative del territorio di Bolgheri date da Michele Satta. 
Si parte con un’anteprima assoluta, in esclusiva per il Congresso Nazionale AIS, rappresentata dal millesimo 2012 de “I Castagni” – dal vigneto sopra citato - e composto al 70% da cabernet sauvignon, per il 20% da syrah e da un saldo del 10% di teroldego. 

Seguono due annate (2012 e 2001) del “Piastraia”, un blend in parti uguali di cabernet sauvignon, syrah, merlot e sangiovese, vinificati separatamente, ed infine due annate (2010 e 2001) del suo vino più celebre, “Il Cavaliere”, un sangiovese in purezza che rappresenta la “mosca bianca” di questo territorio. 

Ed i caratteri comuni a tutti questi vini, sono proprio quelli ricercati da Michele: legno, sia piccolo che grande, magistralmente dosato, grande eleganza ed equilibrio delle varie componenti, spessore gustativo, complessità di aromi e lunghe persistenze. Senza sbavature o spigoli nelle giovani annate e senza cedimenti legati al tempo in quelle più evolute: la compattezza e l’integrità dell’uomo si rispecchiano nella personalità dei suoi vini.

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