La sorpresa Monte Netto

La sorpresa Monte Netto

Degustando
di Sofia Landoni
08 marzo 2018

Alla scoperta dell'areale di Monte Netto. A Milano una degustazione dei vini di Elena e Mario Danesi della cantina San Michele è un'occasione per conoscere meglio questa piccola zona vitivinicola della piana bresciana

Così piccolo, eppure così tanto forte. Forte perché ha ben chiara la direzione del suo percorso, volto alla ricerca ed alla definizione della propria identità. Sta rendendo solide le proprie radici, cosicché siano in grado di generare qualcosa di costantemente nuovo ma fortemente ancorato ad un’appartenenza. Questo è il Monte Netto, uno scrigno prezioso custodito tacitamente nel cuore della piana bresciana. Dista poco più di una decina di km a sud-ovest della città e, come tutte le cose speciali, è nascosto ai più. Si dice che non ci si renda conto dell’esistenza di questa vera e propria isola fino a che non se ne raggiungano i piedi. È solo a quel punto che, con un effetto sorpresa, si è introdotti in una realtà unica, una piccola collina di appena 133 metri di altitudine ed un’estensione di 4 km, composta da vigneti, boschi e antiche corti agricole.

Elena_Mario_Danesi_CantinaSanMichele

A raccontare tutto questo sono i due cugini Elena e Mario Danesi, giovanissimi proprietari della cantina San Michele. Dei 150 ettari vitati del Monte Netto, la famiglia Danesi ne possiede 16 e si colloca tra le più grandi aziende presenti nella zona. Due sono i protagonisti del vigneto: il Trebbiano ed il Marzemino. Ma è soprattutto quest’ultimo a comunicare quell’identità tanto cercata e inseguita, tanto voluta e tanto, oggi, affermata. Fu grazie ad uno studio condotto con l’Università degli Studi di Milano che si scoprì l’unicità del clone di Marzemino presente sul Monte Netto. Si tratta di un biotipo completamente diverso da quello trentino, dal quale si discosta per maggiori acidità, densità cromatica e spessore della buccia.

Ma non è tutto. Questa imprevedibile collina si impreziosisce di terreni argillosi, privi di calcare, differenti da tutti quelli che la circondano. Un unicum, insomma, che per Elena e Mario valeva la scommessa di vertere la rotta della strada che, fino a quel momento, li aveva condotti a laurearsi rispettivamente in psicologia e in economia. La decisione di focalizzarsi sul Marzemino dice di una grande determinazione, ma soprattutto, è figlia di una familiarità invidiabile con quel territorio, che è stato compreso e vissuto. Alle parole dei cugini Danesi arrivano in supporto i 4 vini a base Marzemino in degustazione, proposti alla stampa milanese nella serata del 28 febbraio presso il Les Gitanes Bistrot.

Apre le danze il Capriano del Colle DOC Marzemino 2016. Varietale, in purezza, scortato nel suo percorso dal solo acciaio che ne ha preservato le doti spontanee senza modificarne neppure la più piccola ruga. Il sorso di questo rosso – anzi, rossissimo – colpisce per la sua fragranza e per la freschezza. È un tripudio di frutta rossa croccante, che si espande su uno sfondo di spezia e una leggera nota di miele. Si direbbe un vino beverino, eppure nella sua semplicità lascia intendere un carattere talmente incisivo e ricco di tridimensionalità, da essere perfettamente in grado di abbracciare la nota affumicata della paprika presente nell’antipasto di tartare di Fassona proposta in abbinamento.

MonteNetto_SanMichele

Rosso con la carne e bianco con il pesce? La stoffa del Capriano del Colle DOC “Carme” 2016, priva di arzigogolate complessità, è capace di sdoganare questa errata standardizzazione. 50% Marzemino, 40% Merlot e 10% Sangiovese, “Carme” è un omaggio alla morbidezza, derivante dalla tipicità dei vitigni utilizzati in blend e lasciati esprimere senza la copertura del legno. La piacevolezza è data dal frutto che si intreccia ad un suadente tratto speziato quasi orientale, con una nota erbacea che emerge dalla trama coesa. La sua intensità lo rende partner perfetto di uno spaghettone con alici del Cantabrico, così come di un filetto di baccalà con guanciale croccante di Montalcino su crema di ceci. 

Si procede a conoscere il “fratello maggiore”: il Capriano del Colle DOC “1884” Riserva 2015, prodotto solo nelle annate favorevoli. 50% di Merlot, 40% di Marzemino e 10% di Sangiovese ne definiscono l’assemblaggio, preceduto da rigorosa selezione e vinificazioni separate. L’intensità aromatica, qui, è supportata da una densità di corpo e da un filo conduttore di note scure, nel frutto e nel tostato. Mora, liquirizia, tabacco e cacao ne arricchiscono il profilo, ma non abdicano all’essenza di piacevolezza che appone una firma a questi vini.

Dulcis in fundo, un passito. Anzi, il passito “M” 2015. 100% di Marzemino, raccolto solamente nelle migliori annate (finora ne sono state all’altezza solo 3), lasciato appassire e fatto maturare in legno. È un inno all’armonia. Attrae con note che ricordano l’uva passa, l’amarena e i boeri, ma stupisce per la sua freschezza viva e scalpitante, perfettamente integrata a tutto il resto. La piacevolezza è addirittura oltrepassata, sconfinando in quello che è puro fascino. Elena e Mario consigliano di dimenticarsi questo vino in cantina e lasciargli fare il suo lungo, indipendente affinamento. E ritrovarlo un giorno, lasciandosi sorprendere. Un po’ come quella piccola collina che si staglia nella pianura e che aspetta soltanto di essere vista.