Intervista a Giacomo Neri

Intervista a Giacomo Neri

Interviste e protagonisti
di Paolo Valente
06 maggio 2011

Casanova di Neri a Montalcino: "i più grandi dei piccoli e i più piccoli dei grandi", ama dire il titolare della cantina

 

Giacomo NeriGiacomo Neri, giovane imprenditore del vino, è titolare della cantina Casanova di Neri e produttore del celebre e pluripremiato Brunello di Montalcino Tenuta nuova.
Il panorama che si gode dalle ampie vetrate della sala di degustazione dell’azienda è affascinante: le sinuose forme delle colline senesi accompagnano il nostro sguardo sino in cima alla rupe su cui poggia, placidamente distesa, la bella Montalcino.

Il colore delle crete senesi, il verde brillante della primavera in sboccio, l’azzurro del cielo terso da una piacevole brezza riempiono gli occhi e la memoria di un’indimenticabile sensazione di pace e tranquillità.

Giacomo ci concede qualche minuto per una breve chiacchierata a margine della visita che la Delegazione di Milano ha recentemente effettuato in questa terra, dove il Sangiovese riesce ad esprimersi ai massimi livelli in tutte le sue potenzialità.

Ci racconti come è nata la sua cantina.
L’azienda è stata fondata dal mio babbo nel 1971, quando Montalcino non era quella di oggi e quando anche il Brunello di Montalcino non aveva la notorietà attuale. Devo tantissimo a lui: mi ha dato la possibilità di avere un’azienda bellissima con vigneti meravigliosi e mi ha trasmesso la sua passione. Queste non sono parole di circostanza ma è quello che realmente credo; mio padre, oltre a fornirmi i mezzi materiali, mi ha dato la formazione morale, mi ha permesso di poter studiare liberamente il vino, mi ha concesso la possibilità di viaggiare e fare il viticoltore o, come dico io, il contadino di lusso.
Mio padre è mancato nel '91 e da quel momento ho preso in mano l’azienda.
Ho viaggiato tantissimo in Francia, fin da giovane, sia Borgogna sia a Bordeaux. Sono sempre stato un grande appassionato e ho cercato da subito di capire come nasce un grande vino. Quello che ho imparato nei miei viaggi, oltre all’uso del legno, alle modalità di fermentazione e alle nozioni tecniche e chimico-fisiche, è stato che l’importanza di un vino è data certamente dalla qualità, ma anche e soprattutto dall’unicità, dalla sua personalità.
La mia impostazione di un vino è la riconoscibilità. La mia azienda fa vini che sono riconoscibili grazie ai vigneti, che sono indubbiamente il fattore principale, ma anche grazie alla lavorazione in cantina, del tutto particolare.

MontalcinoSecondo lei, anche gli altri produttori sono alla ricerca di questa unicità o c'è piuttosto una tendenza a massificare e a omologare il prodotto?
Penso ci sia molta diversità tra le aziende. Esistono espressioni di Brunello significativamente diverse tra loro; chi cede all’omologazione non è certamente colui che produce vini di grande qualità. Credo che in cima alla piramide della qualità possano coesistere espressioni diverse, ma di pari dignità e con grande personalità.

Qualche dato sulla sua azienda.
Possediamo circa 60 ettari di vigneto e realizziamo tre tipi di Brunello: “Tenuta nuova”, i cui vigneti sono ubicati a sud di Montalcino, “Cerretalto”, con vigne piantate in una zona ricca di ferro a est, e il Brunello etichetta bianca, di cui produciamo tra le 70 e le 90 mila bottiglie. 
Siamo una realtà di medie dimensioni, la nostra produzione raggiunge, complessivamente, 200.000 bottiglie. 
A me piace dire che siamo i più grandi dei piccoli e i più piccoli dei grandi.

Come sono i rapporti con gli altri produttori?
C’è molta gelosia e invidia, come penso sia normale in realtà piccole come Montalcino che, per inciso, è un posto meraviglioso, un paese stupendo; siamo fortunati a stare qui. Aprendo la finestra alla mattina non possiamo fare altro che dire “cosa ho fatto io nella vita per meritare di vivere in un posto simile?”.
Personalmente con alcuni produttori, specialmente con quelli della mia età, ho un rapporto franco e sincero: assaggiamo insieme i vini, ne discutiamo. Con alcuni produttori e produttrici siamo amici. Certamente non si possono avere buoni rapporti con tutti, è umano e, soprattutto quando hai successo, nascono gelosie e invidie... Ripeto, con alcuni produttori ho un bellissimo rapporto, anche se abbiamo opinioni e interpretazioni molto diverse, ma mantenendo sempre la massima stima reciproca.

Gruppo Ais Milano in visita da Giacomo NeriIl Consorzio del Brunello riesce a ”fare squadra”?
Non sta bene che critichi il Consorzio perché ne ho fatto parte io stesso più volte, sia come consigliere, sia come vice-presidente... Credo che il Consorzio del Brunello abbia fatto tantissimo nel passato e possa fare ancora tanto. Oggi siamo parecchi produttori, ben 250, che hanno dimensioni, filosofie e obiettivi qualitativi diversi e dunque è difficile fare una politica comune. Se il Consorzio funziona ed è forte è un bene per tutti, è bene per il Brunello, per i produttori, per il territorio. Il compito non è facile; in passato eravamo meno numerosi e più entusiasti. Oggi ci sono maggiori problemi ed esigenze molto diverse rispetto a prima sia nell’espressione della qualità che nel posizionamento sui mercati, e nella filosofia di produzione. Il compito del Consorzio è difficile, ma è importante per tutti che si venga svolto nel migliore dei modi.

 

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