L'incontro con Paolo Massone - Terza Parte

L'incontro con Paolo Massone - Terza Parte

Interviste e protagonisti
di Gabriella Grassullo e Ezio Gallesi
04 dicembre 2012

Terza ed ultima parte dell'incontro-intervista con paolo Massone, Presidente del Consorzio Tutale Oltrepò Pavese. La crisi, i cambiamenti, le guide, il Distretto dei Vini di Qualità

Paolo MassoneIl calo dei consumi è evidente e il nostro è il Paese del vino; oltre alla crisi quali altri motivi ci potrebbero essere?

Uno dei motivi è il tasso alcolico, col rischio del ritiro patente: ciò toglie un po’ di entusiasmo al bere. Poi i costi, ma anche il lato salute, un andamento di vita troppo tranquillo: credo che un’alta percentuale di persone non faccia molto movimento, conduce una vita sedentaria e l’alcol così non si riesce a smaltire. Nel dopo guerra ci si muoveva di più, si beveva di più e, probabilmente, faceva meno male. Tutte queste componenti vanno certamente a limitare i consumi di vino e su di essi noi avevamo impostato tutto. Io, come proprietario di un’azienda vinicola, già a partire dagli anni ’80 ho prodotto vini di qualità, con minore produzione ma ad un prezzo superiore, quindi non ho problemi. Questa crisi va contro la qualità: adesso in Italia si consumano mediamente prodotti di medio bassa qualità, ad un costo inferiore.

I mercati muovono l’economia in tutti i settori: pensa che per la ripresa dei consumi ed il futuro bisogna rivolgersi ai mercati esteri?

Lo stiamo già facendo, con tutti i problemi del caso. Stiamo provando: per esempio con il mercato americano, con azioni importanti per valorizzare il Cruasè. Ma ci sono problemi, perché di “sparkling”, bollicine, in America c’è un consumo limitatissimo, non c’è una grande cultura. Stiamo cercando di individuare i mercati giusti, perché avemmo anche possibilità d’investire in questo senso, però dovremmo avere un minimo di certezza che ci possa essere uno sbocco. Non vogliamo andare a fare delle gite all’estero, ma vorremmo lavorare. Noto che le aziende che soffrono di meno sono quelle che hanno un mercato estero importante, non hanno a che fare con le tasche degli Italiani.

Pochi mesi fa ad un convegno sul vino tenutosi a Stradella si è parlato di uno Spumante M.C. con 9 mesi di preparazione ad un prezzo inferiore ai 5 euro, un prodotto anti-prosecco: cosa ne pensa?

Non vorrei neanche parlare di questa cosa perché è stata fatta una fuga in avanti e non so neanche da chi di preciso. È una cosa che i produttori dell’Oltrepò non hanno mai preso in considerazione, si svilirebbe un prodotto. Anche se esso non ha ottenuto tanto dal punto di vista dell’immagine generale, noi comunque ci siamo sforzati tanto, soprattutto chi fa spumanti da tanti anni, mi vengono in mente alcune aziende ma cito la Cantina La Versa per tutti. È chiaro che facendo uno spumante con 9 mesi di preparazione, poi lo troveremmo sicuramente a 3,80 euro a scaffale e andrebbe a sminuire tutto il lavoro fatto, col risultato che passeremmo per quelli che producono “il solito Oltrepò”. Però, ripeto, anche al tavolo del consiglio del Consorzio è un’idea che non ha trovato consensi.

Ha ricevuto nel corso del suoi due mandati critiche/osservazioni che le sono sembrate ingiuste o frutto di fraintendimenti?

Il Consorzio è il parafulmine in Oltrepò, anche quando piove ci chiamano e ci dicono: perché piove oggi? Quando c’era l’impiegata Barbara mi diceva: Io sono stufa! Chiamano per cose che a volte non ci competono. Però secondo me è un bene, vuol dire che valutano il Consorzio, perché se chiamano per tutte le cose che succedono vuol dire che ci reputano come un qualcosa che può rispondere alle loro domande, quindi dobbiamo essere orgogliosi di questo. Purtroppo i miei due mandati, soprattutto quello scorso, è coinciso, non mi stanco di dirlo, con questo andamento generale di crisi dove le aziende soffrono. Un’azienda in sofferenza se la prende con chiunque gli gravita intorno, compreso il Consorzio. Non dico che si faccia tutto alla perfezione, sicuramente sbagliamo, anche tanto. Però, secondo me, è meglio fare, e se poi nella mole di lavoro che svolgiamo sbagliamo qualcosa, pazienza, non sono mai errori gravissimi.

Se avesse una bacchetta magica e potesse modificare gli eventi passati, cosa cambierebbe della sua vita come Produttore/Presidente?

Comprare una farmacia e non un’azienda agricola, perché la vita sarebbe sicuramente più tranquilla, ma probabilmente mi annoierei, allora andrei a cercarmi qualcosa che mi darebbe dei grattacapi, e qui non devo cercarmeli ce ne sono già abbastanza. Quello che cambierei, invece, in alcune aziende, è l’aver puntato soprattutto sul marchio e poco sul territorio; per esempio, parlando con la Dottoressa Margherita Odero e del marchio aziendale, pur continuando a criticare “benevolmente”, ritengo siano stati dei grandi. Lo stesso vale per la Cantina La Versa: purtroppo hanno puntato molto poco sul territorio. Nel secondo dopo guerra abbiamo avuto delle teste molto fini; l’Oltrepò, Casteggio, anche Canneto e La Versa, nel periodo appena successivo, erano sicuramente zone di produzione con vini a livello di Barolo e Barbaresco. Sembra un’esagerazione, ma secondo me non lo è. Solo che in quelle zone il progetto territoriale era ed è legato a Barolo, a Barbaresco, al Roero, ai Comuni e ai territori, da noi invece si è lavorato solo per il proprio marchio (Ballabio, Cavazzana…). Non si è costruita una denominazione che funziona, perché in Italia le denominazioni che funzionano sono pochissime: però ci sono, quindi vuol dire che possono funzionare. L’ambizione di questo Consorzio è far funzionare la denominazione. Quello che rifarei, se ne avessi avuto la possibilità, sarebbe stato costruire la denominazione negli anni ‘50 scrivendo quello che si stava facendo e perché. Purtroppo, o per fortuna, non ho l’età giusta per essere stato un protagonista di quel periodo, perché Casteggio ne è il “figlio”, però la Doc Casteggio e nata nel 2010: ci fosse dal 1945/50 sarebbe una cosa consolidata. Mi piacciono molto i francesi con il loro “cépage” che è il vitigno: per loro in etichetta non esiste quasi mai, salvo l’Alsazia, per loro prima viene il territorio, poi il vitigno. Invece noi abbiamo fatto il contrario, abbiamo americanizzato la denominazione.

Oltrepò PaveseIl miglior vino degustato?

A livello personale mi piacciono quei vini che riescono ad avere una grande personalità, senza scadere nei difetti, perché oggi c’è questo problema legato a quei vini, i cosiddetti biodinamici. Ma non tutti, bisognerebbe fare una cernita; quando si vuole spacciare per una caratteristica un difetto, allora non mi piacciono più, preferisco vini che escono un filino dalla razionalità, dallo standard dei vini da concorso che però mantengono una loro caratteristica di bontà. Un nome: Mas de Daumas Gassac Vin de Pays de l'Hérault bianco del 1995. Un vino non convenzionale ma molto piacevole, dove nel bicchiere entrava la vigna, non il vitigno.

Bellaria non è più presente nelle guide, come mai?

È una scelta. Avevo anche scritto un articolo, che forse è ancora in rete. Me l’ero presa con le guide, al di là del mio incarico istituzionale che non avevo ancora. Allora ero un consigliere del Consorzio e già avevo selezionato molto le guide: avevo mantenuto la guida AIS, non perché ci siete qui voi, ma è la guida che mi ha dato più soddisfazioni. Ho preso 2 cinque grappoli, essendo estraneo a tutti i personaggi AIS e sono molto orgoglioso di questo. Però vedo queste guide limitare molto le possibilità delle piccole aziende. Tanto per riassumere quello che avevo scritto: a mio giudizio queste 300 e qualcosa eccellenze, in un panorama di continua crescita di vini di qualità, vanno a limitare la presenza di tante piccole aziende, perché, parliamoci chiaro, le 250 eccellenze sono già date e le aziende importanti se le meritano anche. Non faccio nomi, tanto li abbiamo in mente tutti: di conseguenza non c’è più spazio per chi sta facendo bene ed è magari un’azienda di 3 ettari. Allora lì, secondo me, le guide vanno a premiare un anno Tizio, un anno Caio, però se l’anno dopo Tizio e Caio propongono comunque vini di alta gamma, non c’è più spazio. Questa cosa mi da un po’ fastidio. E poi ho voluto evitare anche per il fatto di essere Presidente del Consorzio: non ho mai preso un 3 bicchieri della guida Gambero Rosso, e ci mancherebbe che me li dessero in quanto Presidente del Consorzio! Sono ambizioso, se partecipo, ambisco a vincere, non ad arrivare secondo. Quindi ho ottenuto sia i cinque grappoli che i due 2 bicchieri rossi dai miei vini sulle guide. Qualcosa ho fatto, però al momento non credo di ritornare finché ricopro questo incarico, vedrò in futuro.

Ultimo nato, il Distretto dei vini di qualità. La sua opinione?

Sul distretto non ho nulla da dire, se non che, dai primi sentori, appare più come un qualcosa di molto politico, organizzato dalle Associazioni di categoria e la Provincia di Pavia piuttosto che dai produttori. Per contro dovrebbe essere unicamente uno strumento degli imprenditori.