A cena con Roberta Ceretto e Gian Domenico Negro

A cena con Roberta Ceretto e Gian Domenico Negro

Interviste e protagonisti
di Davide Gilioli
15 aprile 2013

La famiglia Ceretto, di Alba, attiva con il nonno Riccardo fin dagli Anni Trenta, è a pieno titolo annoverata fra i produttori storici di Barolo e Barbaresco.

 

Roberta CerettoTuttavia, il blasone non basta a far vendere il vino. Ecco come Roberta, portavoce della terza generazione dei Ceretto, tra crisi economica e globalizzazione, lancia la sua sfida ai mercati, soprattutto a quelli internazionali, con idee innovative ed un’offerta “integrata” con le perle del territorio. Ricorrendo, non a caso, anche all’aiuto dell’amico Gian Domenico Negro ed alla sua azienda di stagionatura di formaggi.

Teatro dell’incontro è il Ristorante Casanova del Westin Palace Hotel, il “quartier generale” di AIS Milano. L’occasione è la seconda tappa di “SENSO – Wine & Food experience”, una cena costruita sull’abbinamento cibo-vino di prodotti enogastronomici di assoluta eccellenza. Ed avendo in veste di ospite un produttore come Ceretto, il filo conduttore non poteva che essere che la Langa. 
Si parte con un aperitivo a buffet, a base di crostini al “brus” (tradizionale specialità cremosa dell'Alta Langa, ottenuta dall’impasto di diversi formaggi sottoposto poi a rifermentazione) in abbinamento al Blangé (100% arneis), unico vino bianco dell’azienda. 
Al cospetto del raggiante sorriso di Roberta, non può che scattare la prima domanda della serata. 

Perché un bianco così, leggero ed elegante, in una terra di grandi rossi, potenti ed evoluti? 
Il Blangé rappresenta una delle prime grandi scommesse della mia famiglia. Nel 1985 furono acquistati i primi 7 ettari di arneis, un vitigno autoctono poco conosciuto all’epoca, ma che poteva dare quel prodotto che mancava in Langa, rimanendo fedeli al territorio senza cedere alle sirene di altri vitigni bianchi internazionali. Nel 2010 abbiamo festeggiato i 25 anni di questo vino, oggi prodotto in 600mila bottiglie su una superficie vitata ad arneis di circa 82 ettari, di cui 10 di recente impianto, a testimoniare la fiducia ed il successo commerciale del prodotto. 

Scommessa più che vinta, quindi, ma sempre nel mondo del vino. L’idea di affiancare altre produzioni (nocciole, formaggi, cioccolato) al vino, immagino sia un’altra scommessa. Non rischia però di distogliervi del vostro prodotto di punta? 
Il nebbiolo gode di grande fama all’estero, purtroppo però è il territorio piemontese ad essere poco conosciuto. Alcuni non sanno che i nomi Barolo e Barbaresco derivano dai Comuni di provenienza o non sanno nemmeno indicare con precisione la localizzazione del Piemonte in Italia. In quanto “piemontesi”, prima ancora che produttori di vino, dobbiamo fare sistema. Il “sistema Piemonte”, oltre al vino, è fatto da tantissime altre eccellenze: gastronomiche in primis (le nocciole delle Langhe, il tartufo d’Alba, il peperone di Carmagnola, formaggi come la robiola di Roccaverano ed il Castelmagno DOP) ma anche naturali ed artistiche. Oltre ad occuparci di esportare il vino, dobbiamo attrarre turisti, appassionati e curiosi nella nostra terra, perché è qui che possiamo mostrare loro quello che c’è dietro questi prodotti. Ora il nebbiolo è coltivato anche negli Stati Uniti o in Australia, ma nessuno ha il nostro territorio: questo è il valore aggiunto su cui puntare: vendere il territorio, non “semplici” bottiglie di vino. 

Quindi le “installazioni” artistiche ed architettoniche in cantina e nelle vostre vigne vanno in questa direzione? Ho visto delle foto particolarissime sul sito e sulla vostra brochure… 
La mia famiglia ha da sempre una passione per l’arte contemporanea. Così, nel 1999, gli artisti Sol LeWitt e David Tremlett, durante una visita alle vigne Brunate di La Morra hanno deciso di restaurare la vecchia cappella abbandonata, costruita ad inizio Novecento per offrire riparo ai lavoratori delle vigne in caso di maltempo; ne è nato un risultato di grande impatto, che ci ha poi spinto ad ulteriori interventi negli anni successivi, quali il “Cubo” di vetro e acciaio nella vigna di Bricco Rocche (Castiglione Falletto) e il celebre “Acino”, una grande bolla ovale sospesa come una terrazza sulle meravigliose vigne di Tenuta Monsordo Bernardina (Alba). Tutti interventi realizzati in un’ottica di pieno rispetto ed integrazione con l’ambiente circostante, creando un elemento di richiamo artistico anche per un pubblico che non necessariamente giunge nelle Langhe per il vino, ma che può così scoprirlo, insieme al cibo, all’interno di un’esperienza culturale più ampia. 

Formaggi ArbioraVeniamo ora alla collaborazione con Arbiora e al mondo dei formaggi. Gian Domenico, come è nata questa nuova sfida? 
L’azienda nasce a metà degli anni Novanta, quale realtà volta a tutelare la produzione locale di formaggi caprini, tra cui in particolare la Robiola di Roccaverano (“Arbiora” è infatti il termine dialettale per “robiola”). Per un fattore culturale e di bassa resa produttiva, la predilezione verso i formaggi vaccini aveva ridotto le capre di Langa a soli 1500 esemplari, con un serio rischio di estinzione. Dopo quasi dieci anni di sforzi volti al rilancio di questa specialità, ora abbiamo circa 6500 capre e un incremento dei produttori, anche fra i giovani. L’azienda acquista quindi i formaggi freschi - prodotti con criteri rigorosamente biologici - da piccoli produttori di zona e ne opera l’adeguata stagionatura, curandone poi gli aspetti di distribuzione e vendita sul mercato. Nel 2012 la famiglia Ceretto è entrata nella Società, aiutandomi così ad estendere questa attività di salvaguardia anche ad altri prodotti, quali il rarissimo Castelmagno d’Alpeggio DOP. L’abbinamento vino-formaggi è da sempre uno dei più riconosciuti e questa collaborazione ha creato sinergie importanti per la diffusione, anche a livello internazionale, di questi prodotti piemontesi di eccellenza. 

La cena prosegue felicemente tra i piatti magistralmente preparati dallo chef Augusto Tombolato, in un crescendo di emozioni sensoriali, dove ogni elemento ha il proprio posto ed un proprio ordine. Gli abbinamenti sottolineano infatti l’eleganza e la profondità di ciascuno dei vini Ceretto qui presentati: dal dolcetto d’Alba Rossana (il “vino della convivialità e della famiglia”, secondo Roberta) al nebbiolo D’Alba Bernardina, per finire con un superbo Barolo Bricco Rocche Brunate 1998 su una selezione di formaggi curata da Gian Domenico. C’è anche il tempo per un dessert a base di nocciole di Langa e torrone, con un interessante moscato d’Asti (frutto di una collaborazione tra i Ceretto e altri vignaioli). 

Ma nel frattempo avevo già chiuso gli occhi, la mente persa tra i ricordi dei filari e dei dolci pendii langaroli, assaporando ad ogni sorso e ad ogni boccone il gusto di questa terra straordinaria. Conservo tra me e me l’ultima domanda per Roberta: il perfetto abbinamento territoriale cibo-vino… quale esempio d’arte può essere migliore di questo?

 

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