Di padre in figlio. Il ricambio generazionale nelle aziende vitivinicole della Lombardia

Di padre in figlio. Il ricambio generazionale nelle aziende vitivinicole della Lombardia

Interviste e protagonisti
di Paola Brambillasca
20 giugno 2013

Non un obbligo ma una scelta naturale, una strada già tracciata che viene intrapresa con passione dai figli. Si stima che in Lombardia ci siano circa 5000 aziende vitivinicole gestite in famiglia. Un modo di fare impresa che funziona a patto di riuscire a gestire la fase più delicata della vita dell'impresa: il passaggio di testimone dal padre al figlio.

È la terra che li lega, ancora prima del vino e del sangue. Padri e figli insieme che si susseguono e si avvicendano nelle aziende vitivinicole italiane come le stagioni nei vigneti. Una modalità di fare impresa che funziona.

I dati dell’Osservatorio AUB (AIdAF, Unicredit, Bocconi) presentati la scorsa estate nella relazione dal titolo “Le aziende famigliari del settore vitivinicolo", evidenziano che un quarto delle aziende a conduzione famigliare con oltre 10 milioni di fatturato annuo sono attualmente guidate da un leader over 70: questo significa che nel prossimo decennio saranno interessate obbligatoriamente da un ricambio generazionale. «Si tratta di una fase molto delicata – spiega Sergio Cimino, docente di Strategia d’Impresa presso l’Università di Perugia ed esperto di gestione strategica e operativa dell'impresa famigliare - che deve essere interpretata non come un momento estemporaneo ma come un processo graduale di formazione. Per ottenere un risultato positivo il giovane deve essere introdotto progressivamente all’interno dell’azienda con compiti ben precisi e responsabilità commisurate al momento e alle possibilità».

Comunicazione, Internet ed estero sono, generalmente, le parole nuove che entrano nelle aziende che vedono un ricambio tra padre e figlio. A questi cambiamenti è affiancata anche la riscoperta e la valorizzazione del territorio a beneficio delle peculiarità della terra e delle DOC di riferimento.

I numeri parlano chiaro: in Italia le aziende famigliari del settore vitivinicolo con oltre 10 milioni di euro di fatturato annuo sono il 54% del totale. La maggior parte di esse, secondo lo studio dell'osservatorio AUB si trovano nelle regioni del Nord-Est e il loro fatturato, nell’ultimo decennio, è aumentato del 73% grazie, soprattutto, all’apertura verso i mercati esteri.

«Se si calcola che in Italia le aziende a conduzione famigliare di qualsiasi settore e fatturato sono circa il 90% del totale si può ipotizzare che in Lombardia ci sia un numero di aziende vinicole gestite direttamente in famiglia ragionevolmente compreso tra le 4000 e le 5000 unità - continua Cimino- Sono proprio le aziende di questo settore le più longeve di tutte le altre tipologie di aziende gestite in famiglia. Il motivo è da ricercare nel legame al territorio che i padri sanno tramandare ai figli. Si tratta di un fattore importante, che rende vincente la gestione famigliare in questo genere di aziende».

Abbiamo voluto approfondire la tematica del passaggio generazionale all'interno delle aziende vitivinicole della Lombardia chiedendo ad alcuni protagonisti di raccontarci come hanno vissuto questa delicata fase aziendale.

Genitori e…

Pietro Nera e figliPietro Nera, 85 anni, ha lasciato ai tre figli Stefano, Simone e Angela la guida dell'azienda “Nera Vini” di Chiuro in Valtellina che produce ogni anno 600.000 bottiglie. L'attività vitivinicola della famiglia Nera ha preso il via nel 1940 con Guido Nera al quale è succeduto, alla fine degli anni '50, il figlio Pietro che ha accorpato diversi ettari di vigneti, ora di proprietà dell’Azienda Agricola CAVEN dei fratelli Stefano e Simone Nera, fondata nel 1982. L'azienda produce tutti i vini a denominazione: lo Sforzato di Valtellina D.O.C.G., i Valtellina Superiore D.O.C.G. con le varie sottozone Sassella, Inferno, Grumello, Valgella e le relative Riserve, il Rosso di Valtellina D.O.C. ed gli I.G.T. Terrazze Retiche di Sondrio Rosso, Bianco e Passito Rosso.

In che modo ha inserito i suoi figli in azienda?

I mie tre figli sono stati inseriti in modo graduale, seguendo le singole predisposizioni caratteriali e lavorative. Abbiamo concordato un periodo di rodaggio di sei mesi durante i quali hanno preso concretamente in mano l'azienda sotto la mia guida. Questo periodo è stato importante sia per loro, sia per me. Ogni 15 giorni ci riunivamo per discutere delle problematiche e delle attività in corso condividendo soluzioni e decisioni. 

Che ruolo riveste il padre in un'azienda guidata dai figli?

La presenza del papà in azienda deve essere equilibrata e dosata con attenzione nel momento in cui si decide di lasciare le redini ai figli. All'inizio, soprattutto, è utile una compresenza in modo da sostenere la nuova generazione alla guida dell'azienda: in seguito è giusto fare dei passi indietro e lasciare il campo libero per evitare sovrapposizioni che possono creare confusione di ruoli. Questo, però, non significa sparire del tutto. Il papà rimane come una presenza rassicurante in grado di consigliare nel momento opportuno avendo però sempre rispetto dell'opinione dei figli, veri protagonisti della scena.

Secondo lei quale è il segreto per un buon passaggio di testimone in azienda?

La chiarezza. Chiarezza dei ruoli, chiarezza degli obiettivi e chiarezza burocratica. I sei mesi di rodaggio servono a questo, a chiarire il lavoro che verrà dopo. 

 

…figli

Paolo PasiniPaolo Pasini, classe 1970, ha raccolto con il cugino Luca il testimone del padre e dello zio alla guida dell’azienda di 36 ettari Pasini San Giovanni, fondata nel 1958 a Raffa di Puegnago (BS). Ogni anno producono 300.000 bottiglie di DOC Valtanesi e Lugana. 

Lavorare nell’azienda di famiglia ha rappresentato un obbligo o una naturale collocazione?

Era già scritto che facessi questo lavoro ed io non ho pensato di fare altro. Questa era la mia strada naturale.

Come è avvenuto il passaggio di testimone?

È stato un processo graduale e naturale. Ho iniziato facendo la classica gavetta, poi mi sono guadagnato, piano piano, giorno dopo giorno, il mio spazio conquistando il mio attuale ruolo.

Cosa è cambiato in azienda rispetto alla gestione di suo padre?

Mio cugino ed io abbiamo voluto focalizzare l’attenzione sulle peculiarità del nostro territorio. Abbiamo deciso, infatti, di valorizzare le nostre specificità e di produrre solo vino prodotto con uve dei nostri vigneti. Prima di noi l’azienda comprava uva di altri vigneti e produceva il vino seguendo le richieste del mercato. Mio cugino ed io abbiamo, invece, scelto di produrre solo vino del territorio. È stata una scelta importante e difficile ma i risultati ci stanno premiando. Prima seguivamo il mercato ora, tramite i nostri vini, abbiamo l’opportunità di raccontare la nostra storia. Paradossalmente abbiamo dimostrato più radicamento al territorio noi giovani rispetto alle vecchie generazioni.

Luca FormentiniLuca Formentini, 44 anni, alla guida del Podere Selva Capuzza a Desenzano del Garda (BS). Da oltre 20 anni lavora nell'azienda di famiglia che guida in modo diretto da sei, dopo aver ricevuto il testimone dal padre Vincenzo. Il Podere Selva Capuzza, 50 ettari complessivi di cui 25 vitati, produce ogni anno 300.000 bottiglie divise nelle tre DOC della sponda bresciana del lago di Garda: San Martino della Battaglia, Valtenesi e Lugana.

Il ristorante di famiglia che si trova nel Podere, Cascina Capuzza, è stato il primo agriturismo ad essere riconosciuto in Lombardia 30 anni fa.

Quali sono le difficoltà concrete nel ricambio generazionale?

La difficoltà è soprattutto rivestita dagli aspetti relazionali prima che da altri di carattere più pratico. Si subentra, infatti, a delle modalità e a degli stili di conduzione che possono essere diversi da quelli con i quali ci si sente a proprio agio. Credo sia sano che questi aspetti possano essere affrontati con serenità e comprensione.

Quali sono, invece, i grandi insegnamenti che le ha tramandato suo padre e che ritiene preziosi, senza età?

Sono tantissimi, difficili da elencare. Uno in particolare: un’azienda è un’entità sociale, con una responsabilità diffusa e profonda. Responsabilità nei confronti delle persone che vi lavorano, del territorio sul quale svolge la propria attività, della cultura che esprime e proietta all'esterno e della storia di cui è costituita. Aspetti da proteggere e considerare alla base di tutto ciò che si fa.

Se avesse un figlio lo spingerebbe a proseguire nella sua attività di famiglia?

Ho una figlia piccola. Vorrei che non ci fosse competizione e confronto in relazione alla vita lavorativa di suo padre. Credo che questo sia il primo punto con il quale aiutarla a vivere questa dimensione in modo pulito e reale, così che possa, quando lo riterrà opportuno, fare la propria scelta. Non la spingerò mai a lavorare nella nostra azienda, ma non posso fare a meno di sentirmi bene nell’aver ricevuto, quest’estate, la sua richiesta di fare un vino assieme: «un vino rosa con le bolle».