Simone Tondo: la Sardegna nel cuore dell’Île

Simone Tondo: la Sardegna nel cuore dell’Île

Interviste e protagonisti
di Anita Croci e Paolo Valente
05 marzo 2015

Ventiquattro coperti e molti riconoscimenti per il gastro-bistrot Roseval, dove in un clima gioioso e informale si serve un unico menu gourmet di sei passaggi. «Il piatto può cambiare in base al vino che ci si mette vicino». L'intervista a Simone Tondo

Simone TondoSe a parlarci di lui fosse solo il curriculum di mille esperienze e collaborazioni, ci sorprenderemmo non poco di fronte ad un ragazzo di ventisei anni.

Sembra invece tutto naturale, per uno che le idee chiare le aveva già a quattordici anni, quando si impose ad una carriera già scritta da architetto per frequentare l’istituto alberghiero di Alghero. E tutto finora gli ha dato ragione.

Negli anni della scuola, l’ispirazione è data soprattutto da due maestri che Simone può osservare da vicino: l’artigianalità di Roberto Petza e la tecnica di Cristiano Andreini, col quale collabora anche terminati gli studi e nel cui ristorante ritorna dopo due brevi stage, a Milano con Carlo Cracco ed in Costa Azzurra con Mauro Colagreco. 

Poi, l’incontro con Giovanni Passerini e con lui l’inizio dell’esperienza parigina che segna una svolta per il giovane chef, illuminato da una nuova ristorazione: quella dei bistrot, di una cucina ricercata ma informale, di un cuoco-oste che non rinuncia ad interagire con la sala, trovando nel confronto col cliente il senso vero della propria cucina. In questo ambito colleziona in breve molte esperienze: dopo Rino arrivano Le Dauphin con Inaki Aizpitarte, il Saturne con Sven Chartier e la Gazzetta di Petter Nilsson, fino alla realizzazione di un progetto oggi completamente suo: il Roseval

Ventiquattro coperti e molti riconoscimenti per questo gastro-bistrot, dove in un clima gioioso e informale si serve un unico menu gourmet di sei passaggi in cui Simone addensa tutto il meglio della propria cucina: materie prime di alta qualità elaborate con la tecnica di un grande chef e la passione delle proprie origini.

Interni del ristorante RosevalQual è il suo rapporto personale con il vino? 
Ho un rapporto di curiosità, di apertura, sono molto interessato a quello che fa il mio sommelier. 
Sono meno interessato alla vinificazione, ho fatto il secondo livello del corso per sommelier all’AIS dieci anni fa però non l’ho fatto con la concentrazione giusta, non ho studiato bene come sarebbe stato necessario… Bevo, assaggio perché è fondamentale capire cosa devo cucinare per cercare di abbinare bene quello che cucino. 
Bevo al ristorante perché secondo me è una questione di cultura. Devi bere per conoscere cosa è il vino. Ci vuole tempo, però mi ci metto d’impegno. 

Nella concezione di un piatto c’è già il pensiero ad un abbinamento? 
No, il piatto viene concepito indipendentemente. Poi vi è il lavoro della tua capacità di adattarti al tuo sommelier. Se io faccio un piatto non vuol dire che poi non possa cambiarlo. 

C’è quindi un confronto? 
Sì, il piatto può cambiare in base al vino che ci si mette vicino. Se il vino è interessante per tre quarti del piatto e c’è un problema nel tuo piatto e non sul vino, sei tu chef che devi adattarti al tuo sommelier. 
È importantissimo questo. Prima di tutto per una questione economica, che nessuno menziona mai ma è vera. Tre quarti dei ricavi di un ristorante vengono dal vino, soprattutto in Francia dove i ricarichi sono importanti. Poi ancor di più perché si sta sviluppando una moda pazzesca su tutto quello che è biodinamico e senza solfiti. 

Quindi anche nel mercato francese c’è una maggiore attenzione alle piccole aziende, al biologico o al biodinamico? 
Probabilmente il 70% dei francesi beve vino naturale e non tocca più una bottiglia di vino classico. C’è una motivazione forte perché effettivamente ci sono vantaggi a bere vino naturale: il giorno dopo non ti viene mal di testa. Se bevi una bottiglia di cannonau o tre bottiglie di Josko Gravner, il giorno dopo con il cannonau hai difficoltà… C’è una concezione da parte della società che è differente da quella di prima. 

Il vino all’interno di una cena è importante, necessario o indispensabile? 
Certamente sì, se il vino è fatto bene è il complemento perfetto di una cena. Non puoi solo mangiare, bere un buon vino con un pezzo di carne culturalmente è un piacere presente fin dall’antichità. 

Negli abbinamenti con la sua cucina predilige vini del territorio? 
Preferisco stare dove sto, io lavoro con i prodotti che mi girano intorno. Certo cerco in giro se c’è qualcosa di interessante però non puoi fare solo quello che ti piace, devi anche fare quello che ti hanno dato da fare. C’è una responsabilità di utilizzo di quello che è il prodotto. Io vorrei vedere i pomodori italiani venduti in Italia e non venduti all’estero e poi noi compriamo quelli spagnoli. 

Per finire, ci consiglia un abbinamento di un piatto che le piace particolarmente con un vino che le piace in modo altrettanto particolare?
Un ottimo Champagne con un’ostrica e un brodino affumicato. L’abbinamento tra champagne e affumicato mi piace tantissimo.

Credit foto in Home: Identità Golose

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