Intervista a Gianfranco Fino

Intervista a Gianfranco Fino

Interviste e protagonisti
di Gabriele Merlo
01 settembre 2016

Gianfranco Fino, vigneron di Puglia: fascino, carisma, savoir-faire e competenza, le doti di questo vignaiolo capace di coniugare, anche nei suoi vini, la calda solarità e generosità pugliese all’innata eleganza d’Oltralpe.

Lo incontrai per la prima volta alcuni anni fa alla serata “Gianfranco Fino e i suoi amici” organizzata da AIS Milano, l’ho conosciuto ed ho avuto il piacere di chiacchierare con lui la scorsa estate, durante la mia vacanza in Salento, nel corso del 49° Congresso Nazionale AIS ho avuto la fortuna d’intervistarlo.  Gianfranco Fino non ama apparire o essere al centro dell’attenzione mediatica, preferisce che siano il suo lavoro e i suoi vini a parlare per lui in pubblico. Quando è nella sua cantina o in mezzo ai filari delle sue vigne centenarie di primitivo i suoi occhi s’illuminano e la lingua si scioglie, potresti chiacchierare e imparare da lui per ore ed ore.

Gianfranco, il tuo vino più famoso l’ES, è diventato sinonimo di Primitivo di Manduria, parlaci del territorio in cui vivi e lavori.
L’agro di Manduria è un territorio magnifico dove esistono ancora vigneti ad alberello centenari che io e un manipolo di amici pazzi cerchiamo di conservare; sono vigne difficili da lavorare, amo definirle un “costosissimo lavoro di giardinaggio”. 
Lo scorso anno ho coronato il mio sogno di ritornare ad utilizzare in questi vigneti, come accadeva trent’anni fa, il cavallo, elemento fondamentale soprattutto per chi pratica, come me, un’agricoltura biologica e biodinamica. 
Recentemente sono riuscito a impiantare anche nuovi vigneti, rispolverando la vecchia forma pugliese di allevamento detta “a orecchio di lepre”.

EsNon solo ES ma anche JO, un negroamaro capace di esprimere nel bicchiere la solarità pugliese, quali sono le sue caratteristiche?
Lo JO possiede note assolutamente mediterranee, merito di questa vigna posta ad ottocento metri dal mare su terre rosse argilloso-calcaree. 
Il negroamaro è un grande vitigno del Salento, a Manduria è stato quasi del tutto soppiantato dal primitivo dopo il riconoscimento della Doc. 
Ho avuto la fortuna di scoprire questa vigna che produce un negroamaro diverso dagli altri, unico.

Sei un viticoltore relativamente giovane tra tutti quelli di Manduria, parlaci della tua storia come vignaiolo.
Ho iniziato a vinificare il primitivo durante i miei studi di Viticoltura ed Enologia presso la Scuola Enologica di Locorotondo. 
Ho voluto e potuto seguire questa mia passione grazie all’aiuto di mia madre e di mio padre, un dirigente del Ministero della Difesa, che avrebbe voluto che intraprendessi la carriera militare, ma che, durante il primo anno di studi, mi regalò per Natale un manuale di viticoltura e le mie prime forbici. 
Dal primo vigneto dietro casa, datomi in affidamento, è iniziata la mia avventura da vignaiolo. 
Ho vinificato il primitivo per tanti anni solo per consumo famigliare, poi dal 2004, ho deciso di acquistare la mia prima vigna. Oggi abbiamo circa sedici ettari di vigneti ad alberello sia vecchi che giovani.

Hai iniziato a farti conoscere nel mondo del vino partecipando alla manifestazione “La Terra Trema”, organizzata all’epoca da Luigi Veronelli. Qual è stato il tuo rapporto con il grande Gino?
Avrei tanti aneddoti da raccontare su Luigi Veronelli, la mia fortuna è stata proprio lui. Oggi se sono vignaiolo a tempo pieno lo devo solo e unicamente a Gino. 
Nei primi anni duemila avevo redatto insieme a lui il primo disciplinare di produzione dell’olio secondo Luigi Veronelli e ho collaborato a questo progetto sino a diventare Panel Leader della Società che certificava gli olii secondo Veronelli. È stato un percorso bellissimo che mi ha arricchito tanto, dal punto di vista professionale ma soprattutto da quello umano, per me Gino è stato un padre putativo ed è stato lui ad avermi convinto a fare il vignaiolo. Io cerco solo, tramite i suoi insegnamenti, di rispettare la sua filosofia. 
Il mio grande rammarico è quello di non essere riuscito a fargli assaggiare l’ES, ma penso che dall’alto possa, in qualche modo, seguire questa mia avventura.

Le vitiQual è secondo te il futuro enologico della Puglia?
La Puglia, negli ultimi anni, è riuscita a fare passi da gigante. Abbiamo dimostrato, attraverso i nostri vitigni autoctoni, di essere un territorio vocato alla viticoltura, nonostante i problemi legati al surriscaldamento globale. La Puglia deve avere sempre più consapevolezza dei successi che sta ottenendo sul mercato con i prodotti di qualità, senza che vengano svenduti, cercando di coniugare quantità a qualità.

Dietro ad un grande vignaiolo spesso c’è anche una grande compagna, nel tuo caso Simona, a cui hai anche dedicato il tuo Spumante Metodo Classico, com’è il vostro rapporto professionale e non?
...Gianfranco sorride… 
Il rapporto con Simona è molto complesso, entrambi abbiamo dei caratteri molto forti, siamo il Raimondo Vianello e Sandra Mondaini della viticoltura. Grazie a lei, che cura gli aspetti commerciali dell’azienda, riesco ad occuparmi a tempo pieno delle vigne e della cantina. 
Non è sempre facile perché, lavorando assieme, viviamo spesso in simbiosi ma, anche litigando, riusciamo sempre a stimolarci a vicenda.

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