Carlo Alberto Panont: quel viale di ippocastani

Carlo Alberto Panont: quel viale di ippocastani

Interviste e protagonisti
di Gabriella Grassullo e Ezio Gallesi
08 marzo 2018

Dopo quasi 5 anni dal nostro ultimo incontro, abbiamo intervistato Carlo Alberto Panont, oggi impegnato in tanti progetti a partire dal suo ruolo di direttore del Consorzio Garda Doc

Carlo Alberto Panont“Nella vita perlopiù ci sentiamo smarriti” diceva un memorabile Paul Newman nel film “il verdetto (The Verdict)” del 1982. E forse deve essersi sentito così anche Carlo Alberto Panont, quando nel 2014 ha lasciato l’Oltrepò Pavese. «Mentre mi allontanavo dalla Tenuta Riccagioia, vedevo quel bel viale di ippocastani rimpicciolirsi dietro di me, così come le sue splendide colline…il rientro a casa…la mia “strana” presenza e il telefono non squillava».

Nella nostra lunga intervista del 2013 (Parte Prima, Seconda e Terza), Panont ci raccontò la sua articolata storia professionale, i suoi tempi di azione e di pensiero come condizione privilegiata necessaria per lo sviluppo di nuovi linguaggi, aspetti che lo resero protagonista all’interno dei Consorzi del Franciacorta, Valtellina e Oltrepò Pavese, poi come Direttore del Centro di Ricerca Riccagioia a Torrazza Coste (PV). Ora, questo suo intimo e nuovo racconto, ci immerge in una luce piacevolmente livida, i colori e l’aria immobili come un quadro di Rembrandt. 

Ma dove eravamo rimasti?

Che cosa è successo da quella affascinante storia che ci avevi raccontato nel 2013?

Una data importante nella mia vita lavorativa è stata il primo maggio 2014 dove si è chiuso un capitolo dirigenziale. Dal 1997 al 2014 ho avuto un ruolo da dirigente all’interno di vari Enti ma sempre legato alla Lombardia viticola in cui il Centro Riccagioia ne ha rappresentato la parte tecnica. La chiusura della stessa è stato il punto di arrivo di questo percorso iniziato nel 1989 e terminato nel 2014, un’esperienza di vita nata da un’idea, e realizzata. 

Come hai vissuto questo particolare momento? 

Come tutte le persone che a un certo punto devono lasciare; ho percorso il lungo viale di ippocastani in mezzo alle vigne, qualche cerbiatto che ti scorre attorno, fino a che, come nei film, Riccagioia è diventata sempre più piccola e verso la statale, verso casa, ho lasciato quel luogo e un pezzo di cuore. 

La passione nel tuo lavoro non si è certo spenta

Il ritorno economico ci vuole, ma il filo conduttore è soprattutto la passione, ho sempre creduto in questa Lombardia del vino, nella sua forza e qualità. In particolare è forse l’Oltrepò che necessità di maggiore identità, essendo il più grande e il più strutturato dal punto di vista viticolo.  

Cosa è successo dopo?

Ci fu un viaggio in Sicilia da un’amica di vecchia data, produttrice di vini, che voleva farmi degustare i suoi nuovi prodotti insieme a un mio caro amico, Mattia Vezzola, il cui parere lo riteneva fondamentale. Quindi siamo partiti, abbiamo degustato, ritornando in aeroporto Francesco Ferreri che ci accompagnò, mi accennò alla nascita della Doc Sicilia, mi disse che stavano costruendo un bel Consorzio e mi chiese cosa ne pensavo. Ricevetti poi la telefonata di Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela della Doc Sicilia, per una collaborazione. A quel punto mi sono reso conto, anche con bruschi momenti di lavoro che ero un consulente, un esperto, autonomo nei movimenti. La Sicilia mi ha dato l’opportunità di mettere mano direttamente a un Disciplinare di notevole peso nazionale ed internazionale con una strategia complessa da plasmare su un territorio regionale. Il Consorzio Doc Sicilia è riuscito far partire il primo “erga omnes”. Era la prima volta, nella storia viticola siciliana, che un Consorzio, obbligatoriamente chiedeva all’utilizzatore, di pagarne l’uso della denominazione. 

Garda DocArriviamo quindi al capitolo Garda Doc

In quel periodo ho sempre mantenuto rapporti con l’area Gardesana, in particolare con il Consorzio Valtènesi, a cui rivolgo il mio “grazie” più grande, perché è stato il primo, ad aprirmi le porte. Così ho portato avanti il progetto Valtènesi, per riformulare tutti i Disciplinari, la Doc Garda con la sottozona Garda Classico, l’originale Doc Riviera del Garda Bresciano, la nuova Doc Valtènesi e Garda Colli Mantovani. Tutto il comprensorio che va dalla provincia di Verona con le denominazioni Valdadige, Custoza, Soave, Durello, al mantovano con i Colli Morenici e infine Lugana, San Martino della Battaglia e Valtènesi. In particolare il Consorzio Valtènesi si è fatto portatore di valorizzare la forza e la qualità delle denominazioni della Riviera bresciana in un’unica Denominazione e Consorzio che oggi rappresenta il 90% dei produttori (nei prossimi 20 anni sarà leader nazionale della produzione di rosè di alta qualità e valore di mercato). Il Consorzio Garda, invece, promotore di un nuovo disciplinare Doc Garda con la produzione spumantistica al vertice dell’immagine della denominazione mettendo in moto una forza produttiva che per ettari, uve autoctone, produzione e commercializzazione è tra le più importanti d’Italia. Abbiamo ridato alla Doc Garda una dimensione nazionale e la libertà di potersi esprimere a livello enologico con una punta di convergenza, utile alle 10 denominazione che ne fanno parte: lo Spumante. Affascinante il nome “Garda Doc”, brandizzabile, moderne e semplici le regole che si riuniscono in un pensiero allargato; dove si possono utilizzare le uve di tutto il bacino Garda, 31.000 ettari.  

Infine, anche qualcosa di completamente tuo

Sì. Con la fine dell’esperienza Riccagioia ho maturato la consapevolezza di poter far nascere comunque qualcosa di mio, materiale e appagante in prospettiva…molto futura. Con gli amici di Bollicine Mon Amour abbiamo intrapreso un’esperienza di viticoltori in Franciacorta come conferitori e soci della cooperativa Girolamo Conforti che ho personalmente costituito con altri viticoltori.