I rossi dell'Etna

Denominatore comune di tutti i prodotti in degustazione durante la serata organizzata da Ais Lecco e condotta da Guido Invernizzi, oltre alla provenienza dallo stesso territorio, è l’utilizzo di metodi naturali e biologici, per conservare al meglio l’impronta che un terreno così caratteristico come quello delle falde dell’Etna riesce a trasmettere alle coltivazioni.

AIS Como-Lecco

Serata Ais Lecco - Etna“Sotto il vulcano” sono state trovate tracce di vite selvatica risalenti al 5000 a.C., e che fosse possibile coltivare la vite lo sapevano già gli antichi greci, che in epoche molto remote producevano vino arrivando dalla vicina Siracusa, così come hanno continuato a fare i romani, che hanno esteso la superficie vitata.

Nei frammenti dell’Hedypàtheia, “Il poema del buongustaio – Le delizie della vita”, di Archestrato di Gela, recensore e degustatore ante litteram, si possono leggere i racconti dei suoi lunghi viaggi alla ricerca delle migliori vivande e dei vini più pregiati. Apprendiamo così che gli imperatori romani bevevano solo vini siciliani e iniziarono ad apprezzare lo Zibibbo, dall’arabo Zabib, “uva passa”.

In tempi molto più recenti, il vino dell’Etna è il primo vino siciliano ad ottenere il riconoscimento a D.O.C., nelle sue tipologie Etna Rosso, Etna Rosato, Etna Bianco ed Etna Bianco Superiore.

Mentre sul versante sud dell’Etna si è sviluppata una viticoltura tradizionale, sul versante est, piovoso e ventoso, le vigne si trovano tra i 500 e i 900 metri s.l.m. in terrazzamenti e sono più adatte alla produzione di vini bianchi dai vitigni Carricante e Minnella Bianca; sul versante nord le vigne si trovano tra i 400 e gli 800 metri s.l.m., sono esposte a una escursione termica di circa 30 °C su terreno vulcanico molto drenante che non consente ristagni e sono più adatte alla produzione di vini rossi dai vitigni Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. Il tradizionale sistema ad alberello è stato parzialmente sostituito dal sistema a controspalliera. Il suolo di lava e sabbia si alterna a strati di pietra pomice, il terreno è molto ripido ed è ricco di minerali (potassio, fosforo, ferro e manganese), ma poco fertile e non adatto a vitigni che attecchiscono molto bene altrove in Sicilia, come il Nero d’Avola e il Catarratto.

Un caso particolare è quello del Mondeuse, vitigno rosso tipico della Savoia, arrivato per errore 40 anni fa al posto di alcune barbatelle di Pinot Nero, che si è adattato benissimo alle caratteristiche del territorio.

La viticoltura etnea si estende per circa 2900 ettari, con circa 110 etichette D.O.C., quasi tutte da viti a piede franco, vista l’assenza della fillossera; si sviluppa su terreni con pendenze superiori al 30%, in condizioni orografiche difficili e sfrutta la tecnica dei muretti a secco, qui realizzati in pietra lavica.

I vini della serata Ais Lecco dedicata all'EtnaL’assenza di irrigazione, il rispetto delle tecniche di aridocoltura, il mancato ricorso al diserbo chimico, l’inerbimento controllato con leguminose, sono fattori comuni dei produttori di questa serata.

Il buffet di aperitivo è accompagnato dal Sicilia IGT “SP68” di Arianna Occhipinti, bianco fermo biologico, da vitigno autoctono Albanello, con percentuali anche di Moscato d'Alessandria. E’ l’unico vino della serata che non proviene dalle falde dell’Etna, ma da Vittoria, patria del Cerasuolo. E’ un omaggio alle nuove tendenze di Sicilia, che dopo anni di produzioni di vini bianchi ad alta gradazione, prediligono dei vini più delicati come questo Albanello di 11,5 °, di colore giallo paglierino brillante, con sentori di agrumi, note erbacee e acidule, secco e asciutto.

Il primo vino in degustazione è l’Etna Rosso 2010 – Azienda Graci. Nerello Mascalese in purezza, da maturazione esclusivamente in botte grande, è un vino biologico e biodinamico con un bel colore rubino, con una discreta trasparenza. Al naso si rilevano note fruttate di ciliegia e amarena, fiori secchi e frutta matura, note del terreno. In bocca spiccano la speziatura  e la mineralità, le note erbacee e di sottobosco, muschio e legno bagnato. Vino che non ha subito nessun aggiustamento chimico con una bella corrispondenza gusto-olfattiva, con un buon tannino: mineralità al naso e sapidità in bocca, lunga persistenza e bella acidità.

Si passa quindi all’Etna Rosso 2009 – Azienda Girolamo Russo. Nerello Mascalese con una piccola punta di Nerello Cappuccio, detto anche Mantellato, per la classica chioma a mantello. Molto più denso e scuro, anche se il colore è simile al precedente, rosso rubino. Più morbido e più rotondo, con note fruttate e una mineralità più sfumata la naso, sentori di cuoio e tabacco. Al gusto è spigoloso e sapido, con una sensazione pseudo calorica ridotta. Il tannino e morbido e vellutato con una nota amaricante, l’alcol è elegante e la persistenza è buona.

E’ la volta dell’Etna Rosso 2009 – Azienda Passopisciaro. Colore rubino con una certa trasparenza, per un medio carico di antociani. Note di frutta e l’attesa di un bel potere pseudo calorico, morbido al naso con buona mineralità. In bocca note rotonde, per niente tipiche di un Nerello Mascalese, discreta salivazione, sapidità e mineralità. Deve ancora evolvere per dare il meglio.

SI chiude con l’Etna Rosso 2000 – Azienda Calabretta. Vino biodinamico per eccellenza con 12 anni di invecchiamento. Anche in questo caso sono presenti parti di Nerello Cappuccio. Il colore rubino con note granate testimonia il perfetto stato di salute. Al naso si riconoscono note di frutta sottospirito, pepe, erbe officinali e note minerali, con una nota sulfurea più alta, di acqua marcia; note di amaro che ricordano i vini chinati. Al palato rivela una bella salivazione con un tannino elegante. E’ un vino completo, ancora con una certa freschezza e con un buon equilibrio tra alcoli e polialcoli. Malgrado l’età conserva ancora una buona potenzialità di invecchiamento.

A seguire la cena  nell’elegante sala a volte decorate del ristorante Passone di Montevecchia, con i potenti, sapidi e minerali vini dell’Etna che ben si abbinano alle portate della cena: orecchiette di semola di grano duro, con ragù d'anatra e scamorza affumicata e maialino da latte al forno, alle erbe di primavera.

 

« L'Etna Bianco raccoglie e fonde, nel suo pallore e nel suo aroma, nella sua freschezza e nella sua vena nascosta di affumicato, le nevi perenni della vetta e il fuoco del vulcano» — Mario Soldati

 

« Il n'y a pas de joie sans vin » — Talmud, Pesakhim 109°

 

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