La Delegazione Ais Como si presenta

L'intervista a Giorgio Rinaldi, oramai storico delegato di Como e, dal 2010, anche membro della G.E.N., Giunta Esecutiva Nazionale dell'Associazione Italiana Sommelier.

Alessandro Franceschini

Tratto da Viniplus di Lombardia N° 4 - Marzo 2013

Giorgio RinaldiÈ nato prima l’amore per il vino o quello per la sommellerie? O insieme? 

L’amore per la sommellerie è arrivato come conseguenza, dal momento che ho avuto interesse ad approfondire il mondo vino soprattutto dal punto di vista storico culturale. Dopo alcuni anni ho avuto la possibilità di collaborare con il Consiglio Regionale lombardo dell’Ais e sono stato prima incaricato di occuparmi, temporaneamente, della delegazione di Como e, in seguito, votato dai soci provinciali. Ricordo, infatti, che fino a non molti anni fa il Delegato provinciale era votato dalla base. Modalità che spero vivamente venga nuovamente ripristinata. Avendo un ruolo di responsabilità mi sono appassionato ancora di più a tutto quello che è sistema gestionale in Ais. 

Come si sta a capo di una Delegazione di un territorio che non ha un grande risalto, in Lombardia, dal punto di vista vitivinicolo? Si fa più fatica a trasmettere l’amore per il vino o invece è presente un substrato comunque fertile? 

A Como non si risente minimamente della mancanza di cantine: i numeri sempre elevati dei frequentatori dei corsi dicono per ora questo. Semmai, le cantine e le vigne in provincia mancano perché se ci fossero ci sarebbe automaticamente una maggiore attenzione, anche politica, al mondo del vino. Avendo aziende vinicole in zona saremmo sicuramente facilitati dal supporto che potremmo ricevere. 

In realtà tra Lecco e Como la viticoltura ha radici storiche legate alla produzione, tanto che dal 2008 è stata riconosciuta l’IGT “Terre Lariane” ed è presente un Consorzio che raduna di 7 aziende. Che futuro pensi possa esserci per queste produzioni? 

È vero, la coltura della vite era presente nei tempi passati e forse non è rimasta perché non vi sono molte zone adatte. Nel tempo, poi, scomparendo la concezione del vino come vino alimento, la viticoltura è scomparsa del tutto. Oggi la viticultura è riemersa per merito di alcuni produttori che occupano proprio una parte dei terreni più adatti: devo dire che sono stati molto bravi sin dagli esordi ed oggi riescono a proporre prodotti non solo interessanti, ma in alcuni casi di ottima qualità. Sommellerie e Como. 

Come è il rapporto, soprattutto nel mondo della ristorazione cittadina e della provincia? Il numero di sommelier professionisti è ben radicato, oppure è una figura della quale molti riescono ancora a farne a meno? 

Si può fare a meno di tutto e questo capita ancora in alcuni ristoranti. Devo dire, però, che dove opera un sommelier è certamente più facile trovare una proposta e un servizio del vino di qualità. Fortunatamente nella nostra provincia operano un numero significativo di sommelier professionisti, soprattutto nei ristoranti che vogliono proporre attenzione ai clienti. 

Tu sei un grande amante, nonché conoscitore, attraverso i tuoi viaggi, di molti territori di eccellenza del panorama sia italiano che europeo, Borgogna in particolare. Alla produzione italiana, secondo te, cosa manca per ambire alle posizioni che da sempre occupa quella francese? 

Non mancherebbe nulla: abbiamo terroir che i francesi ci invidierebbero, non tutti ovviamente, ma abbiamo alcune zone che sono uniche al mondo. Prendi in considerazione la Langa in Piemonte, per esempio: lì è presente un sistema di impianto della vite, chiamato a giropoggio, che è unico al mondo. In nessuna parte del mondo c’è qualcosa di simile e i risultati sono in molti casi ineguagliabili. Ma potremmo parlare di tante altre zone: quello che manca in Italia è che si è cominciato a parlare di qualità da pochi decenni. In Francia, nel 1855, in certe zone avevano già cominciato a catalogare le aree migliori, i cru, e a valorizzare sempre di più i loro vitigni e i loro vini. Oggi, non a caso, proprio per questo, il modello viticolo nel mondo è principalmente quello francese. Non bisogna, infine, dimenticare che, a differenza nostra, hanno saputo fare squadra in modo più realistico e significativo. 

Negli ultimi trent’anni il mondo del vino è oscillato in mezzo a molte tendenze e mode: dalla diatriba tra modernisti e tradizionalisti a quella attuale tra produttori “naturali” contro “convenzionali”. Da appassionato, ma soprattutto da Delegato Ais, a contatto con molti dei futuri sommelier, come pensi che sia giusto comunicare questi fenomeni, soprattutto a persone che poi avranno un ruolo importante nel veicolare la cultura del bere ai consumatori finali? 

Non sono convinto che a tutti i produttori siano piaciuti i vini che facevano. Spesso, troppo spesso, il profumo del vino, il gusto del vino, era quello del legno dove aveva fermentato e affinato. Ma vi è anche un fattore di richiesta: a molte persone questo particolare gusto piace, soprattutto nel nuovo mondo. Personalmente non amo questo genere di filosofia di produzione: quando degusto un vino vorrei riuscire a capirne non solo il vitigno che lo ha generato, ma anche quelle sfumature che i diversi territori riescono a donare, lasciando alla filosofia di produzione solo una parte dell’insieme del gusto del vino. Questo, però, va comunicato piano piano, accompagnando chi si sta formando quasi per mano, spiegando loro che riuscire a mettere il territorio in una bottiglia non è facile, ma soprattutto non tutti sono in grado o possono farlo. 

Un aspetto che detesti nel mondo del vino e uno, invece, che adori, senza il quale la tua passione non sarebbe la stessa. 

Detesto il mondo dei truffatori in genere: quando ne emerge qualcuno nel mondo del vino lo odio ancora di più. Adoro chi lavora con convinzione, anche se non si trova nelle condizioni oggettive di poter fare grandi vini, ma, comunque, dona il massimo che può, considerando quello che ha a disposizione. Amo le persone dalle quali posso imparare: in questo caso sono stato molto fortunato perché ho molte possibilità in questo senso. 

Dal 2010 fai parte anche della G.E.N., Giunta Esecutiva Nazionale, dell’Associazione Italiana Sommelier: a più di due anni dall’inizio di questa esperienza che bilancio puoi fare rispetto al tuo ruolo? 

È una giunta che sta lavorando molto: non vi è giorno che non ci sia qualcosa su cui confrontarci per risolvere, molto spesso, problemi che si trovano all’interno delle varie regioni. Problemi di ogni genere che, inevitabilmente, nascono. È una bella esperienza che sono contento di fare. Per quanto riguarda il mio ruolo, mi occupo principalmente delle problematiche che possono derivare nell’ambito associativo da chi non si comporta bene dal punto di vista deontologico e non solo. Devo dire, però, che gli interventi mirati, da questo punto di vista, sono stati pochi. Meglio così, d’altronde, perché è sempre difficile giudicare i comportamenti degli altri. 

Ais Como - Gruppo di lavoro

Presentaci il tuo gruppo di lavoro: da quanti sommelier e da chi è composta la squadra con la quale organizzi i corsi e gli eventi nella tua delegazione? 

Ne dovrei ringraziare molti di più di quelli che citerò qui. Sono stato fortunato ad avere l’aiuto di persone che “fanno le cose” e, spesso, sicuramente meglio di quanto le avrei fatte io. Ho, prevalentemente, due direttori di corso: il primo, Giancarlo Botta, aiuta la delegazione oramai da molto tempo ed è anche membro del Consiglio Direttivo di Ais Lombardia con il ruolo di revisore dei conti. È molto bravo nel comunicare sul territorio i nostri corsi e i risultati si vedono; preciso come direttore di corso, è anche un bravo relatore. Poi Claudio Bertolotto, altro direttore di corso al quale abbiamo affidato il ruolo di responsabile delle manifestazioni. Buon relatore, si da molto da fare ed è molto puntuale. Poi Patricia Stancic, responsabile dei servizi: con lei abbiamo risolto il problema della gestione di un settore delicato e importante. È una ragazza coinvolgente, precisa e ci tiene molto a lavorare bene: la ringrazierò sempre per quello che fa. Abbiamo una segreteria efficiente con Mariella e Arianna, tutte persone che svolgono questo ruolo sacrificando tempo alle loro famiglie e al loro lavoro. Poi Chicco, Barbara e tutti quelli che vengono ad aiutarci: la delegazione è soprattutto loro. Approfitto anche per ringraziare il Professor Franco Graziosi: per anni, stando al mio fianco, mi ha reso la vita più facile. Da qualche tempo ha lasciato gli incarichi all’interno della delegazione, ma non manca mai di farci sentire la sua presenza. Insomma, come vedi, sono fortunato, ma avrei ancora molte altre persone da ringraziare.

 

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