SENSO: Riso Acquerello e La Boscaiola (Vigneti Cenci)

Cosa accomuna un architetto e un chirurgo? E cosa c’entrano queste due figure con il riso e con uno spumante metodo classico? Sinceramente. Sinceramente rimango sempre incredibilmente sorpreso dall’eclettismo che circonda le più grandi eccellenze del mondo enogastronomico italiano. Il racconto, anche in questo caso, è quello di un incontro. Incontro con persone (e con famiglie, soprattutto) che si descrivono facilmente con un aggettivo: straordinarie. Straordinarie, nel senso etimologico del termine: “Extra-Ordinarie”, cioè “Fuori dall’ordinario”.

Alessandro Di Venosa

Riso Acquerello e La BoscaiolaIl racconto, anche in questo caso, è quello di un incontro.
Incontro con persone (e con famiglie, soprattutto) che si descrivono facilmente con un aggettivo: straordinarie. Straordinarie, nel senso etimologico del termine: “Extra-Ordinarie”, cioè “Fuori dall’ordinario”.

Il Signor Rondolino studia e si laurea in architettura. Oggi, l'architetto Rondolino è un produttore di riso, riconosciuto e stimato dai più grandi chef italiani ed internazionali.
Il Signor Cenci studia e si laurea in medicina, specializzazione chirurgia. Oggi le sue discendenti continuano sulla strada tracciata dal capostipite, quando ad un certo punto della vita decide di cominciare a produrre quello che diventerà, nel tempo, un grande Franciacorta.

C’è dello stupore, c’è della sorpresa, c’è della speranza.
Faccio esperienza di questo indomato eclettismo, toccandolo con mano, naso, orecchio, bocca e occhi.
Da subito; nell'anticamera della sala da pranzo, che a breve ci accoglierà, piccoli arancini, elegantemente puntinati di verdure, aprono le danze. Appena ruvidi all’esterno, fragranti e setosi all’interno; una morbida croccantezza, un piccolo entusiasmante esercizio di gusto.

Si chiacchiera, si racconta.
In una mano l’arancino, nell'altra un calice di Nelson Cenci Franciacorta Cuveè Extra Brut.
Siamo contenti e orgogliosi di sapere che quel calice che teniamo tra le mani è un’anteprima e che l’azienda abbia scelto proprio questa serata per la prima presentazione fuori dalle mura domestiche.
Un felice esordio per questo vino, che oltre a contenere 80% di chardonnay e 20% di pinot bianco, 100% lavoro e 100% passione (come tiene a sottolineare ogni etichetta dell’azienda), contiene anche tanto cuore, nascendo dalla volontà delle figlie Giuliana e Maria Grazia di ricordare il papà e fondatore dell’azienda, il Signor Nelson Cenci, da poco venuto a mancare.
Raffinato ed asciutto, di un paglierino che si intona benissimo con quel castano chiaro appena accennato dell’arancino; e poi una particolarità: il rabbocco prima della chiusura della bottiglia avviene senza ricorrere ad alcuna liqueur d'expédition ma solo con la medesima cuvée ed un piccolo dosaggio di 3 gr/lt.
Antipasto premonitore, preludio di quel che sarà. 

È particolare la carta di questa serata; una carta con quattro portate a base di riso (sei, considerando antipasto e dolce), potrebbe mettere in guardia anche il più temerario dei gastronauti, se questi non sapesse di essere in procinto di assaggiare qualcosa di singolare ed eccellente.

Perché c’è un confine, una sottilissima terra di mezzo che marca la differenza tra normalità e straordinarietà. Credo di poter individuare tre elementi che delimitano questo labile confine: qualità della materia prima, scelta sapiente dei sapori e della loro sequenza all’interno della carta, intuito e maestria di chi si prende cura di quella materia nello stadio ultimo della sua lavorazione, ovvero la preparazione culinaria.


C’è tutto questo dentro i nostri piatti.

Il pomodoro farcito con Riso Acquerello Carnaroli invecchiato 1 anno, melanzane, uvetta, pinoli su pesto leggero”
“Il risotto di Carnaroli invecchiato 1 anno con asparagi e scamorza”
“Il risotto di Carnaroli invecchiato 7 anni con capesante e fiori di zucca”
“Il risotto di Carnaroli invecchiato 7 anni alla milanese estivo”

“Il dolce di riso alle albicocche e salsa di ciliegie”


Riso Acquerello e La BoscaiolaIl riso, nella tipologia Carnaroli, è compagno delle papille gustative lungo tutta la nostra immaginaria passeggiata serale nelle risaie del vercellese, lì dove ci conducono le parole dell’architetto Rondolino.

Il Carnaroli: una scelta ponderata e studiata dal produttore, che ha fatto di questa varietà, quasi sconosciuta negli anni ’80, la sua unica e sola bandiera. È una scelta aziendale, una strategia, che porta il prodotto ad essere individuato come unico e rende l’azienda ancora più riconoscibile sul mercato.
Di questo riso si parla e se ne parlerà. Ne parla Vissani: "Acquerello tocca livelli che di più uno chef non potrebbe sognare”; Alain Ducasse : "Acquerello è la Rolls Royce del riso”; Frédy Girardet “Acquerello fa parte degli ultimi prodotti autentici”.
Un prodotto autentico nella sua originalità, nella sua unicità e nel suo sapore.
Il sapore si sente, perché l’obiettivo di ogni chicco è quello di raggiungere i nostri sensi fino al midollo. 
E il segreto del suo innovativo successo? La tradizione.
La tradizione della cucina italiana e la tradizione della conservazione. Nella cultura nostrana, il chicco, cucinato, risulta garbatamente vellutato all’esterno, con il suo leggero velo amidaceo a fargli da compagno, ma è al contempo risoluto e fermo al suo interno, obbligando ad una, seppur lieve, masticazione. E il massimo di questo risultato lo si ottiene oggi, proprio con la conservazione e l’invecchiamento controllati del chicco, che può arrivare fino a 7 anni, permettendo così al chicco di esprimersi a dei livelli qualitativi difficili da riscontrare sul mercato. Un’ idea che risale ai tempi dei nostri avi, che di innovativo ha la sua riscoperta, aggiornata tecnologicamente, e la voglia di un uomo di mettersi in gioco con una scelta controcorrente, inseguendo una bellezza che rende grandi.

Questa stessa bellezza la intravediamo anche nella bollicina dei quattro vini che ci fanno compagnia per tutta la serata. Bollicina, fil rouge di tutti e quattro i metodo classico: fine, elegante, persistente e gentile, in grado di donare brillante lucentezza al calice.
Dell’apertura, in aperitivo, si è già detto di quel Nelson Cenci Franciacorta Cuveè Extra Brut che è stato abbinato con gusto anche alla prima portata.

Ma le sorprese e il piacere continuano in uno splendido crescendo.
Lo Zero Franciacorta Cuvée Pas Dosè si erge a partner ideale per accompagnare la seconda e la terza portata; acidità, profumi freschi di fiori estivi, ma anche frutta, matura al punto giusto, dal profumo netto ma non gravante e che si pone per bene nella scia del piatto: l'intensità dell’asparago e il delicato vigore delle capesante ringraziano questo vino, che rientra, senza troppe riverenze, tra i migliori non dosati franciacortini.
In un susseguirsi di aromi e profumi, irrompe lo zafferano del Risotto alla milanese estivo, con al centro un finto ossobuco di patata ricolmo di una leggera salsa allo yogurt che è una piccola perla di destrezza nell’arte della cucina. L’agrume della macchia mediterranea, un po’ di menta selvatica, un leggero balsamico, una piacevole quanto necessaria intensità gustativa, tesa a sostenere quella dello zafferano, ci invitano a volare bassi su agrumeti siciliani e a posarci su una pianta di limone della costa di Amalfi; lo stesso volo della Capinera, piccolo uccello che è solito posarsi sulle foglie di vite dietro casa Cenci, e a cui è intitolato questo notevole Franciacorta Brut La Capinera.

La sessantenne saggezza dell’ultimo vino, chiude il cerchio di una gamma ricca e completa.
Franciacorta Sessanta Brut, un lustro sui lieviti. Lo degustiamo dopo il Risotto alla milanese estivo e prima del dolce; da solo, perché va apprezzato appieno nella sua “solitudine”, quasi fosse un vino da meditazione. Nitido, frutti gialli maturi, leggera tostatura e frutta secca, ad accompagnarci idealmente verso l’albicocca del dolce finale.

Duttile e riconoscibile, il riso Acquerello lascia, anche per l'ultima portata, la firma degna di un prodotto di altissima qualità.

Mi piace chiudere questa breve sfilata di odori, sapori e bellezze con le parole che campeggiano sul sito dell’azienda Cenci, nella sezione dedicata al Signor Nelson. Parole che racchiudono, perfettamente e profondamente, lo spirito avventuriero, talvolta selvaggio e mai domo, dell’eclettismo più ammirevole e del suo genio; genio di fronte a cui non si può fare altro che inchinarsi e ringraziare.

Gli Alpini, loro lo conoscono bene. Sanno chi è Nelson Cenci. Cosa ha fatto. In guerra e in pace. Lo incontrano alle adunate. Lo vedono in tv. Lo ascoltano alle riunioni. Lo sentono raccontare, con quella voce calda, pacata, affettuosa, velata di nostalgia, i momenti di una lunga vita.

[...]I ludi giovanili, balilla, poi avanguardista, l'università, le gare di canottaggio, la vittoria nell’otto del GUF Milano ai Littoriali del 1940, all’Idroscalo. La naja alpina, il Montenegro con la Julia, la Russia con la Tridentina, la terribile ritirata. Il ritratto dell’amico, Mario Rigoni Stern. L’affresco di don Carlo Gnocchi, conosciuto in Montenegro e poi in Russia, rivisto nella chiesetta sul monte Orfano, sopra Cologne Bresciano. Il Paese dove si è ritirato a vivere, dopo il tempo della maturità. 
La sua carriera di medico, a combattere il dolore, ad aiutare chi soffre. La lettera inviata ai due bisnipoti, Mattia e Alice, figli di Francesco, anche lui alpino, nipoti di Giuliana, la primogenita.
E tante belle poesie.”

 

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