Il vino naturale

Servabo, prima persona singolare del futuro indicativo del verbo latino servare, significa “sorveglierò, custodirò, conserverò”; questo è il primo dato che compare sulla copertina del libro “Il vino naturale”, frutto di un autore ad “otto mani”, cioè quelle di Simona Centi, Gianpaolo Di Gangi, Alessandro Franceschini e Maurizio Paolillo.

Laura Zaninelli

Alessandro FranceschiniIl libro, edito dalla "Cooperativa editoriale Versanti" nell’aprile del 2013, è stato presentato da uno dei coautori (Alessandro Franceschini) un lunedì sera d’inizio autunno presso l’hotel The Westin Palace, la casa di AIS Milano.

Alessandro ci ha raccontato che cosa vogliono conservare e custodire queste quattro persone, quale lavoro hanno svolto per cercare di offrire una visione globale della situazione odierna in Italia sul fronte della produzione, distribuzione, legislazione e consumo del vino definito “naturale”. Tale lavoro è stato intrapreso con una modalità decisamente scientifica, ricca tuttavia di riferimenti culturali di alto livello e con una visione che si è autodefinita “laica di parte”, quindi mirante alla oggettivazione dei contenuti non disgiunta da una presa di posizione personale che lascia aperto il dibattito.

I nostri autori, di estrazioni diverse, si sono conosciuti quando collaboravano alla rivista Porthos (rivista che si è occupata di vino naturale dal 2000 in poi, analizzandolo da molti punti di vista, soprattutto sotto l'aspetto degustativo), quindi un terreno comune di profondo interesse.

Il libro cerca anzitutto di individuare gli organismi competenti per stabilire che cosa sia un vino naturale oggi, stante l’assenza un’articolata legislazione ad hoc; lacuna piuttosto grave, perché dal punto di vista del mercato esiste già una discreta distribuzione di vino naturale (anche se manca una categoria merceologica riconosciuta), incrementata poi da molte fiere di settore. 
Il libro è suddiviso in tre parti principali: la prima, “i numeri”, consiste in un vero e proprio censimento di tutto il territorio di produzione del vino naturale e di tutti gli elementi correlati alla sua produzione e distribuzione; la seconda, “regole ed intenti”, prende in esame la questione della produzione del vino “biologico” dando conto dello sviluppo che ha avuto negli anni, attraverso lo studio delle poche leggi in materia. La terza e ultima parte, “racconti”, si concentra sulle relazioni di professionisti di vario genere che operano nel mondo del vino naturale: troviamo storie di degustatori che lavorano per diverse guide, i quali spiegano come è cambiato e cambia l'approccio a questo tipo di vino nella degustazione; racconti di ristoratori di diverse zone geografiche, che vivono direttamente il consumo di questa tipologia enologica; le esperienze di tre produttori dalle visioni diverse di questo mondo e di come debba essere prodotto un vino naturale; infine, sono registrate le opinioni di “tecnici” del settore. Insomma, siamo di fronte ad un’eterogeneità che aiuta ad avere diversi approcci su questo mondo.

Di contro, il libro non è (né aspira ad essere) una guida alla degustazione di vini naturali, perché ne esiste già una; non pretende di offrire una definizione normativa di "vino naturale" ma propone solo una panoramica precisa su ciò che di fatto esiste. Manca infine un giudizio perentorio sui dati raccolti; sarà compito del lettore analizzare gli aspetti che più gli interessano e trarne le sue conclusioni. Nelle intenzioni degli autori avrebbe dovuto trovare spazio anche l’analisi del giro di affari e della sostenibilità economica di questa produzione (soprattutto in relazione alla visibilità che potrebbe avere nel mondo delle istituzioni), ma tale versante del problema, proprio per la sua complessità, impone un’altra sede.

Fonti dell’indagine sono stati: fiere e associazioni del settore, associazioni di certificatori biodinamici, riviste e guide, distributori; questi sono di fatto gli organismi che definiscono che cos'è il vino naturale, in mancanza di una legislazione.
Da questo viaggio nel mondo del vino naturale la compagnia Servabo ha realizzato che in Italia non è dato un unico concetto sulla definizione di tale fenomeno, ognuno ha una visione abbastanza diversa, in particolare tre, accuratamente esposte. Il risultato di questa pluralità di approcci è che esistono manifesti e documenti che esprimono intenti non seguiti tuttavia da evidenze operative; ci sono limiti, divieti e approssimazioni nell'approccio alle questioni tecniche; c'è, ancora, il rischio che si riduca tutto a degli slogan che poi non danno vita ad un controllo serio su produzione e sui limiti entro i quali iscrivere il concetto di vino naturale; pullulano infine autocertificazioni molto generiche ed approssimative perché non esistono riferimenti precisi dai quali partire.

Vini in degustazioneLa presentazione di Alessandro Franceschini si chiude ponendo una serie di domande che, nonostante il rigoroso lavoro scientifico svolto dai quattro autori, non hanno trovato risposta e auspicando che il vino naturale, prima o poi, possa regolamentarsi al fine di diventare un prodotto fruibile dai consumatori più diversi; secondo tradizione AIS Milano, proprio per dare alle parole la necessaria concretezza, viene proposta la degustazione di alcune tipologie di vino naturale, sotto la guida rigorosa ed esperta di Sebastiano Baldinu.

Assaggiamo due tipi di pecorino marchigiano di Offida: uno, il “Fiobbo”, dell’azienda Aurora, l’altro dell’azienda San Filippo. L’ultimo bianco proviene invece dall’Emilia, nato nell’azienda La Stoppa di Rivergaro che produce, tra gli altri, “l’Ageno”. 
Poi passiamo ai rossi: un rosso di Valtellina dell’azienda Ar.pe.pe; il frappato dell’azienda Cos di Vittoria (Rg) e un IGT Umbria rosso, “Tizzonero”, de La Carraia di Orvieto in Umbria.

Il videoservizio si Simone Savoia

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