Trination

I tre Stati produttori di vino più importanti dell’emisfero australe, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda. Dodici vini per una degustazione di tre ore alla scoperta del meglio che questi paesi hanno da offrire. Pronti a questo scontro tra titani?

Gabriele Merlo

TrinationBenvenuti amici lettori all’Hotel Westin Palace di Milano, convertito a stadio per ospitare il Trination: torneo dei colossi rugbistici ma anche enologici, nel nostro caso.

Arbitro della manifestazione è il poliedrico sommelier Guido Invernizzi, guida imparziale nei match tra le diverse realtà: tre tempi da quaranta minuti ciascuno, puro spettacolo, poesia e fantasia per le eccellenze in campo questa sera. La sala è buia, gremita di un pubblico che in silenzio ascolta prima l’inno australiano, poi quello sudafricano ed infine la Haka, la danza maori degli All Blacks neozelandesi. Un fischio e s’inizia, la prima partita è Nuova Zelanda vs Sudafrica, protagonista il sauvignon blanc.

Il vitigno, originario della Valle delle Loira, è divenuto il portabandiera dell’enologia neozelandese. Dal 1970, anno in cui vennero importate le prime barbatelle, il sauvignon si è diffuso in entrambe le Isole di “Aotearoa” (il nome maori della Nuova Zelanda), trovando nell’area di Marlborough il suo territorio di elezione; i terreni glaciali ricchi di porfido dell’Isola Meridionale e quelli basaltici dell’Isola del Nord in unione al clima fresco e ventilato ed alle numerose ore di sole, sono un terroir perfetto per il sauvignon blanc.

Gli All Blacks attaccano furiosamente e riescono ad avanzare sino alla linea dei ventidue metri grazie al Saint Clair Vicar’s Choice Sauvignon Blanc Bubbles 2012, uno spumante metodo charmat che esprime i profumi tipici del sauvignon blanc di questa terra: frutta tropicale, su tutte passion fruit ed ananas, pompelmo rosa e note vegetali di sedano e peperone. All’assaggio si presenta un’acidità agrumata e una buona mineralità ma è decisamente corto. Troppo debole per reggere la pressione. Il Sudafrica intercetta repentinamente l’ovale e va dritto in meta con lo spumante outsider NV Pongrácz Méthode Cap Classique Brut, un concentrato di potenza e finezza: lieviti, boulangerie, biscotti, frutta gialla matura, noci e frutta secca, profumi poliedrici che stuzzicano l’olfatto e si trasformano in elegante freschezza al gusto; due anni sui lieviti, blend di pinot noir e chardonnay, originario del distretto di Stellenbosh.

La Nuova Zelanda riesce a riprendersi e nella successiva mischia tra i due sauvignon “fermi”, ha la meglio quelloLomondneozelandese. Una prova di forza tra due contendenti decisamente diversi; nel Lomond Pincushion Sauvignon Blanc 2011 di Cape Agulhas, all’estremo sud del continente africano, i classici profumi pirazinici sono meno amplificati, si ritrovano cenni tropicali di mango e maracuja e una nota vegetale, emergono invece la noce tostata e la frutta secca e assaggiandolo si resta colpiti dalla sua vena sapido-minerale. Il campione maori Saint Clair Wairau Reserve Sauvignon Blanc 2012 ha dalla sua la tradizione ed il territorio. Avanza incessantemente con intensi sentori agrumati di pompelmo e mandarino, fruttati di pesca gialla e melone bianco e per terminare con il tipico vegetale di bosso e asparago. Freschezza e grande sapidità, equilibrio ed intensità sono le eccellenti sensazione gustative che ci regala.

Un sostanziale equilibrio nel primo entusiasmante match, e dopo pochi minuti di pausa, si riprende con il secondo incontro:Sudafrica vs Australia. Se il segreto del successo dei vini sudafricani è dato dal vento oceanico che regala ai vini profumi marini, la carta vincente dell’Australia è il terreno, la famosa terra rossa ricca di ossido di ferro. Entrambi i Paesi sono nati da incontri e scontri di diversi popoli e culture; ogni popolazione ha portato le proprie conoscenze ed esperienze creando una sorta di “melting pot vitivinicolo”.

Il Sudafrica schiera sulla seconda linea i due vitigni che più lo rappresentano, chenin blanc ed il “rosso” pinotage, l’Australia risponde con le terze linee di origine francese: sauvignon-semillon e chardonnay. Una partita strategica giocata su vivacità e bevibilità. Grande corsa, altruismo e generosità per lo Springbok Fleur du Cap Chenin Blanc 2012, il principale vitigno bianco sudafricano chiamato localmente steen, un esordio ricco di agrumi, mela verde che diventa poi frutta esotica, arachide, nocciola e burro, al palato brilla per freschezza, sapidità e ritorni erbacei retro-olfattivi.  Alla rivelazione di Stellenbosh riesce a contrapporsi, mandando la palla in touche, il Cumulus Rolling 2012, la stella delle Central Ranges nel New South Wales. Le uve di sauvignon e semillon che lo compongono vengono vinificate separatamente, per dar vita ad un vino incentrato su un’aggraziata freschezza ed immediatezza. Profumi floreali di biancospino, rosa, frutta bianca e tropicale, erbe aromatiche che si esprimono in bocca con una forte impronta minerale, un vero e proprio “gusto terroso”. Il Gossips Chardonnay 2012 segna invece, con un elegante calcio da fermo, tre punti per gli Wallabies. Uno chardonnay del Nuovo Mondo decisamente atipico, le caratteristiche note di boisé e frutta gialla matura, banana, albicocca e pesca su tutte, sono contrapposte da quelle iodate e salmastre ben bilanciate dalle morbidezze. Ottima partita per questo campione! Man of the match è l’outsider Fleur du Cap Pinotage 2011 di Stellenbosh, storica patria di grandi vini. Il pinotage è un vitigno sudafricano nato dall’incrocio tra l’austero pinot noir ed il piacione e grassoccio cinsault. Il vino in assaggio questa sera mostra un luminoso color rubino, preludio ad un olfatto giocato sulla frutta rossa e tropicale, sulle spezie, pepe e noce moscata in primis, tabacco e su di un erbaceo che ritorna piacevolmente come retrogusto, anche sul palato, accompagnandosi ad un elegante tannino.

L’ultimo match è tra i due vicini rivali storici, Australia vs Nuova Zelanda, forse quello più emozionante, anche solo per i campioni che scendono in campo: pinot noir e syrah. A darsi battaglia quattro vini rossi, per decretare il Paese campione in queste due diverse tipologie. Sulla carta i valori sembrano equivalersi ma sul campo tutto può cambiare.

Vigneti Nuova ZelandaUn aggraziato ma potente drop kick da parte del pinot noir neozelandese Saint Clair Pioneer Block 5 Pinot Noir 2009, regala ai Kiwis i primi tre punti. Questo suggestivo nettare sprigiona sentori di piccoli frutti rossi, ribes e lampone, accompagnati da fini spezie dolci come cannella e vaniglia e liquirizia. Il corrispettivo australiano Nepenthe The Good Doctor Pinot Noir 2009 non riesce a placcarlo e renderlo inoffensivo. Se all’esame olfattivo i due contendenti possono equivalersi: al naso il “buon dottore” di Adelaide Hills è complesso e regala sensazioni di frutta rossa matura, balsamicità, erbe aromatiche come salvia e rosmarino, note tostate e vanigliate; è all’assaggio che cede di colpo, accoglie con un’ottima freschezza che svanisce tuttavia in pochi secondi. Lo scontro tra i due syrah o shiraz, per dirlo all’australiana, mette di fronte l’Aspen Estate Shiraz 2010 dalla parte sud-orientale della grande Isola Rossa, e il Te Mata Woodthorpe Syrah 2011di Hawke’s Bay. Il primo vino è un shiraz fine, elegante, concentrato e di pronta beva, il secondo è decisamente più potente e complesso. Il Te Mata esprime profumi speziati di chiodo di garofano, noce moscata e pepe nero, floreali maturi, erbacei di timo e lavanda che in bocca riemergono con finezza ed armonia. I potenti piloni neozelandesi si aggiudicano entrambe le mischie e con struttura ed eleganza riescono a sopraffare gli Wallabies, la partita è vinta dagli All Blacks a giudizio unanime.  

Una serata nella quale i valori in campo sono stati altissimi e, se anche il paese dei kiwi ha rappresentato la sorpresa e il vincitore morale, questa sera nessuno ha trionfato… Ad eccezione del pubblico in sala che ha potuto degustare vini eccezionali e godere di questo spettacolo unico nel suo genere.

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