Il Sannio e i Sanniti: guerrieri come un tempo, dal vino forte e gentile

Chi conosce la montagna e la sua gente sa che lì non esistono mezze misure: bianco o nero, buono o cattivo, bello o brutto

Sara Missaglia

 

Sannio Ais Milano

Nessun compromesso: le condizioni climatiche, i rischi connessi con un territorio non di facile gestione impongono soluzioni rapide, decisioni ferme, talvolta pugno di ferro.

Il Sannio, in particolare nelle aree tra il Taburno (il Magnum Taburnum cantato da Virgilio nell'Eneide), il massiccio del Matese e le rive del fiume Calore, appare a presidio di un territorio da preservare nella sua forte identità culturale, sociale ed enologica, se pensiamo che produce vino da oltre 2.500 anni. 

"Montani atque agresti", così definiva Tito Livio gli abitanti di queste zone: Pentri, Carricini, Caudini e Irpini, genti di stirpe sannitica, guerrieri, pastori e contadini, spirito bellicoso e amore per la terra. 

E' probabile che nel Sannio, 750 anni prima dell'Amarone o del Recioto, sia nato il primo vino "appassito", da uve poste nei forni ad asciugare come vuole la tradizione locale. 
Niente lustrini e paillettes: il consorzio del Sannio, con il presidente Libero Rillo, si è posto come obiettivo prioritario la valorizzazione dei vitigni autoctoni: falanghina, coda di volpe, aglianico, piedirosso, sommarello, solo per citarne alcuni. I vitigni internazionali, sebbene presenti, non hanno mai assunto grande rilevanza. 

Il consorzio ha snellito il disciplinare: una sola DOCG, Aglianico del Taburno, e due DOC, Falangina del Sannio e Sannio: le precedenti denominazioni sono state ricondotte a sotto zone; non un declassamento, tutt'altro, ma la valorizzazione dei cru che sono espressione di enclaves territoriali di particolare valore enologico. 

E' il terreno che conferisce ai vini acidità e struttura per grandi potenzialità di invecchiamento: il materiale è Sannio collinediversificato, con formazioni marine di sabbie e arenarie, argille, silice, tufo grigio, ghiaia, marne con polveri vulcaniche, ma è il calcare il leitmotiv di tutti i suoli. 

Guido Invernizzi ci guida attraverso falanghina, coda di volpe e aglianico.
Degustiamo quattro calici di falanghina, sorprendentemente diversi tra loro: ciò che colpisce è la raffinata complessità aromatica. 

Votino, Falanghina del Sannio DOP 2013: vino cristallino, perfetta vinificazione con il ricorso solo all'acciaio. Al naso prevalgono le note fruttate (albicocca, pera, agrumi) lunghe e diversificate: in bocca ha un bellissimo corpo e una piacevole struttura, con una nota sapida a tratti salina, molto elegante. 

La Guardiense, Falanghina del Sannio DOP Janare 2013: falanghina in purezza con note di opulenza, di struttura, di muscolatura, per un bianco completo che regge cibi anche complessi, come carne di agnello o formaggi invecchiati: è un vino sapido, quasi nervoso, metallico, ingentilito da note floreali e da una sensazione vellutata al palato. 

Cantine del Taburno, Falanghina del Sannio DOP 2013: anche qui solo acciaio per il pieno rispetto del varietale, in un vino fine, pulito nei profumi, tenui e delicati al naso, accompagnato in bocca da note carbonatiche lievemente metalliche, per un elegante finale amaricante. 

Wartalia, Falanghina del Sannio DOP 2013: il colore è oro antico per un vino di indubbia struttura, ricco ed opulento, con note di mela e banana che si fondono tra sentori ampi di sapidità e mineralità.


Degustiamo anche Muratori, Sannio DOP 2011 coda di volpe: priva dell'acidità della falanghina e quindi non vocata al l'invecchiamento, si presenta di un bel colore dorato e con un naso interessante di frutta gialla matura, miele e frutta secca: qui l'uso del legno garantisce i migliori risultati. 

Sannio AglianicoLa serata prosegue con quattro calici di Aglianico del Taburno DOP, rispettivamente Fontanavecchia Vigna Cataratte Riserva 2007, Cantine Iannella Don Nicola Riserva 2007 eTorre a Oriente Don Curzetto 2006. Il vitigno è straordinario ma difficile, acidità e tannino sono così presenti da poter diventare, se non gestiti, pericolosi. Un trionfo di mora, prugna, frutta rossa matura, pepe nero, inchiostro, rabarbaro, balsamico, tabacco, cioccolato bianco, per vini di struttura, opulenza, muscolatura. L'uso intelligente del legno ha dato colore rubino acceso, intrigante, aromi e morbidezza per un alto livello qualitativo. Vini coraggiosi dove nulla è omologato. 

La chiosa finale spetta a Masseria Frattasi Beneventano IGP Aglianico Kapnios 2006, da uve appassite per un vino "affumicato" che sa di pece, dove tutto è perfettamente compenetrato, completo, elegante, di grande personalità. Quando di un vino, come di un territorio, ci si sente custodi e non proprietari, si è vicini all'eterno: nel Sannio funziona proprio così, da millenni, un meraviglioso blend di mente e anima dal grande futuro.

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I commenti dei lettori

Lorenzo Di Biagio
06 ottobre 2014 - 07 34
Lorenzo Di Biagio

Ottimo lavoro, bell' articolo

SARA MISSAGLIA
04 ottobre 2014 - 21 03
SARA MISSAGLIA

Milano, Westin Palace, 18 settembre 2014

Vittorio Tripicchio
03 ottobre 2014 - 15 55
Vittorio Tripicchio

Dove e quando?