Sushi all’italiana e abbinamenti campano-nipponici

Racconti dalle delegazioni
24 settembre 2015

Sushi all’italiana e abbinamenti campano-nipponici

Un esperimento nell’esperimento: un’ospite profana ci racconta l’effetto a sorpresa di una cena ispirata al Giappone ma reinterpretata secondo una sensibilità mediterranea, accompagnata da un’alternanza di vini irpini e Sakè

Claudia Ghelfi

Partecipo all’ultimo appuntamento con le serate SENSO prima della pausa estiva; ho già i sensi allerta: mi hanno infatti chiesto di raccontarvi la cena SENSO a tema giapponese, accompagnata dai bianchi della Cantina Riccio e da una piccola degustazione di Sakè. 

Le mie credenziali? Nessuna, in termini enogastronomici. Cultura nipponica? Zero. E non vanto nemmeno una tempra alcolica degna di nota. È per questo che mi hanno scelta. Per tentare di restituire l'atmosfera, i sapori e i sentori di una serata che AIS Milano, a piccoli numeri, apre anche ai non addetti ai lavori, agli amici insomma. Assenti le competenze tecniche, userò solo i miei sensi: in pratica, devo solo godermi la serata. 

A farci da “padroni di casa” e a guidare i nostri palati troviamo il delegato Hosam Eldin Abou Eleyoun, il vivace sommelier Alessandro Di Venosa e, ospite d’eccezione, il pluripremiato e torrentizio Luisito Perazzo.

Simboli d'inizioAperitivo

Noto che il logo della Cantina Riccio – l’iniziale del cognome stilizzata e contrapposta a formare la silhouette di un bicchiere – richiama concettualmente il marchio delle cene SENSO, il profilo di due forchette, anch’esse accostate specularmente, a formare la grafica di un calice. 
Mi sembra una coincidenza armonica, quasi giapponese, non trovate?

Aperitivo con appetito

Una croccante, aerea pastella avvolge le verdure in tempura: carote, asparagi, fiori di zucca e salvia vengono serviti accompagnati da un Fiano di Avellino, 2014, DOCG-DOP, Cantine Riccio, giallo paglierino, dall’effluvio intenso e persistente e un Sakè che mi inebria col suo profumo di mandorle. Una vera scoperta per me che ricordo l’unico Sakè finora assaggiato, ma tiepido e in ciotole di porcellana.
Cinque giorni prima AIS Milano ha organizzato una degustazione di cinquanta Sakè. Capisco che è un mondo sterminato. Non mi chiederete di riportarne l’etichetta.

Antipasto, con grazia e ritrosia giapponese

Dunque ci accomodiamo ai tavoli dove le conoscenze occasionali, per mia fortuna, si rivelano piacevolissime. 
Parole di benvenuto e ringraziamento vengono rivolte al titolare della Cantina Riccio di Chiusano di San Domenico, Giuseppe De Marco. 
Mako Matsubara, una vera giapponese in forze nello staff dei Sommelier AIS Milano, ci guida nell’assaggio dei Sakè della serata. Citandoli (e tralascio) ci spiega che anche in terra di origine non è fonte di biasimo “allungare” con dell’acqua quelli a gradazione più alta. Provo a farlo con quello da 25 gradi ma mi pento: sono costretta ad ammettere che la limpidezza del liquido incolore esige un analoga precisione alcolica. 

Servono l’antipasto: una tartare di salmone e tonno con avocado, un pesce grasso e uno magro (si sa, perché ce lo spiegano, che del tonno è grassa solo la ventresca). E qui il Greco di Tufo, 2014, DOCG-DOP, Cantine Riccio dorato e vigoroso conforta il palato dopo l’insolito Sakè (sempre un fermentato di riso che però in questo caso prevede, come il Rhum, anche l’aggiunta di zucchero di canna).


Il dessertGuest Star

Luisito Perazzo che da qualche tempo segue i progressi di questa cantina ne prevede l’eccellenza nei prossimi due-tre anni. Volitivo, geniale e forse mai soddisfatto, per l’occasione ha suggerito gli abbinamenti lasciando aperta la discussione. Anzi, ai tavoli è ben lieto di ascoltare i commenti, quasi mai concordi, sulla piena riuscita degli accostamenti. 
Mi accorgo che questo è un mondo accademico molto democratico. Un esempio? Il principio per cui un vino può funzionare con un piatto sia per contrasto che per concordanza, apre a rivelazioni e dibattiti senza fine. E senza smettere di degustare.

Primo, con sguardo d’intorno

La cena comincia a decollare e come primo piatto arrivano degli Italian maki roll: paccheri neri in piedi ripieni di calamari, un’arruffata di germogli di porro e sashimi (dadolata cruda) di pomodoro. Permettetemi un’altra osservazione “d’ambiente”: per l'occasione non è richiesto alcun dress code e il clima, per quanto attento alla cena, è informale, rilassato. Una situazione “inclusiva” e non “esclusiva”. 
I frequentatori abituali condividono una passione molto specifica ma sanno essere divulgativi, all'occorrenza. Ho capito che un sommelier che sa di snob è come un vino che sa di tappo: promette ma delude.

Secondo, pensando al back stage

Il secondo piatto è quello più giapponese: una palette di sushi misto, comprensiva di ciotolina di salsa di soia, pallina infernale di wasabi e scaglie di zenzero. I sapori delicati del riso, delle alghe e del pesce crudo si mescolano più rapidamente di quanto si voglia per dire quale ci sia piaciuto di più. È la volta del Falanghina, 2014, IGP, Cantine Riccio, intenso, fruttato, la cui sapidità si scopre sorso dopo sorso. È l’ultimo dei tre vini assaggiati stasera e accomunati dall’etichetta “I vini di Janus” che contraddistingue la produzione di fascia alta delle Cantine Riccio.


Dolce, con stuporeLo Chef

Il crescendo non può che culminare in un dolce indimenticabile: cinque bocconcini di Sushi dolce, una deliziosa imitazione creata per noi dallo Chef pasticciere. Meritano di essere citati ad uno ad uno: panna cotta con gelatina di lamponi e cioccolato fondente; bavarese all’amaretto con gelatina di albicocche e granella di nocciola; bavarese al cocco con gelatina di kiwi e codette di cioccolato bianco e nero; quenelle al fior di latte con papaia e cioccolato fondente. In ultimo, caffè e frivolezze.


Finale, con metafora

Il mio parrucchiere è calvo e non manco di fargli notare che, suo malgrado, perde l’occasione di farsi una buona pubblicità. Per fortuna, Augusto Tombolato, non è uno Chef magro. A fine serata, quando entra in sala per salutare i commensali, ha la divisa immacolata che tira appena sul davanti e un sorriso bonario e un po' timido che nel mio immaginario è garanzia di "cuoco" navigato, più avvezzo al chiuso delle cucine che alle telecamere. Destreggiarsi con maestria in uno spazio culinario che va dal cotechino al sushi (queste le sfide delle cene SENSO) merita un giusto tributo.

Nota, doverosa ma spontanea

Una menzione speciale va ai sommelier di turno: un servizio ineccepibile, sempre gentili, attenti, infaticabili. Disposti ad acrobazie impossibili pur di versare il vino dal lato corretto e senza infastidire gli ospiti a tavola. Sentirò la loro mancanza la prossima volta che uscirò a cena in un ristorante dove un pur bravo cameriere me li farà rimpiangere.