Pinot Ner...ello!

Una passeggiata da nord a sud del Bel Paese per confrontare le variabili sfumature di due vitigni che l’immaginario vitivinicolo colloca lontanissimi, ma che nel bicchiere possono rivelarsi sorprendentemente vicini

Anita Croci

ViniDavide e Gabriele sono i relatori della serata. Caratteri diversi come il sole e la luna. Eppure li lega un fil rouge, talvolta anche blanc! La passione per il vino, quella autentica, che fa orbitare tutto lì attorno e dove li scopriamo simili come nessun altro.

Chissà se ci hanno pensato, quando hanno partorito l’idea di accostare due vitigni come il pinot nero e il nerello mascalese. Idea affatto balzana, peraltro, perché spesso si parla dell’Etna come della Borgogna italiana e non è certo difficile trovare attinenze tra le due regioni vitivinicole; su tutte, l’importanza e la peculiarità del terroir la cui espressione si risolve in due vitigni simbolo.

Gabriele MerloIl pinot nero è il vitigno nobile per eccellenza. È una delle uve più antiche di cui si abbia notizia e le testimonianze storiche raccontano fosse presente in Borgogna già in epoca preromana. Possiamo quindi definirlo autoctono di questa regione, che rimane oggi patria indiscussa delle sue più importanti espressioni in rosso, per quanto anche in altri territori del mondo abbia trovato culle d’eccezione più o meno consolidate. In Italia, sull’altopiano di Mazon in Alto Adige gli esempi più borgognoni, in Oltrepò pavese soprattutto le basi spumanti, passando per altre enclavi del nord e del centro ed arrivando, guarda caso, fino all’Etna.

Il nerello mascalese, insieme al bianco carricante, è la bandiera della viticultura autoctona etnea che da oltre un ventennio ha riconquistato le pendici del vulcano e la stima internazionale, contribuendo a sdoganare l’idea che il vino rosso siciliano si limitasse a potenti marmellate di frutta in stile californiano. Originario della piana di Mascali, si è diffuso poi anche nella Sicilia occidentale dove però si privilegiano soprattutto sistemi di allevamento che ne sfruttano le alte rese produttive. La sua terra d’elezione resta quindi l’Etna, in particolare il versante nord nella fascia altimetrica dei 400-800 metri s.l.m., tra i comuni di Randazzo e Castiglione di Sicilia.

Nati ad oltre mille chilometri di distanza, pinot nero e nerello mascalese non sono certo fratelli; lo conferma anche il profilo genetico, che per il nerello rivela piuttosto analogie con il sangiovese. Le differenze tra i due vitigni sono numerose quante, sorprendentemente, le affinità gustative. Infatti, se da un lato si distinguono per la forma del grappolo (uno serrata e l’altro alata), l’epoca di maturazione (uno precoce e l’altro tardiva), il sistema migliore di allevamento (uno a spalliera e l’altro ad alberello), la vinificazione (il pinot nero rosso è vinificato in purezza, il nerello mascalese quasi sempre accompagnato da un po’ di nerello cappuccio), nel bicchiere rivelano invece analogie significative.   
Davide GilioliLa prima affinità evidente nei vini è la trasparenza del colore: effetto dovuto all’assenza di acilati, quel tipo di antociani le cui concentrazioni variano nei vitigni a bacca rossa e di cui soltanto pinot nero e nerello mascalese risultano totalmente privi. Al naso, sono entrambi caratterizzati da aromi freschi e ben definiti di piccoli frutti rossi, more ed amarene; fiori di rosa, viola e ciclamino, fino a potenzialità terziarie che vanno dal tabacco al mentolo, ad un ampio ventaglio di spezie. Chi cerca vini muscolari resta deluso: l’eleganza è il loro tratto distintivo, insieme all’equilibrio teso tra l’immancabile freschezza e la delicatezza dei tannini. Considerazioni generali che in parte cedono e in parte accrescono in tutte quelle potenziali variabili date dall’uomo e dal territorio, che possono marcarne anche significativamente le caratteristiche.  


I vini sono serviti alla cieca e la serata si anima: chi dice nerello? Chi pinot nero? Solo alla fine di un acceso dibattito, con la platea più compatta o più frammentata sulle scelte, i relatori svelano la sequenza del servizio, che ribalta facilmente le nostre labili certezze. E lo avevano ben previsto, di spiazzarci con alte quote, influenze marittime, terreni vulcanici, vigne giovani e vinificazioni. Una scelta oculata dei vini in degustazione, che ci ha fatto divertire e dimostrato sì la tesi di partenza, ma ricordato anche, ancora una volta, che il terroir è davvero parte viva dell’identità di un vino.

Vini degustati
  • FARO DOC 2102 Bonavita 
  • SICILIA IGT Pinot nero 2012 Calabretta 
  • SÜDTIROLER DOC BLAUBURGUNDER Mazzon 2012 Gottrdi 
  • COLLI PESARESI DOC Focara Pinot Nero 2012 Mancini 
  • ETNA ROSSO DOC Outis 2013 Ciro Biondi 
  • OLTREPO PAVESE DOC pinot nero 2012 Gabriele Picchi 
  • ETNA ROSSO DOC San Lorenzo 2012 Girolamo Russo

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