Vini da scoprire. Rizzari, Castagno e Gravina

«Grazie per averci definiti i migliori scrittori d'Italia, anche se mi sembra un po' limitativo questo. Io direi forse d'Europa, o anche dell'emisfero boreale». L'irresistibile apertura di Fabio Rizzari fa subito capire al pubblico che non potrà trattarsi di una serata qualunque.

Marco Agnelli

Vini da scoprire La presentazione del libro "Vini da Scoprire", il caso dell'anno della letteratura enoica italiana, è una successione di gag, battute, aneddoti, tutti all'insegna della giocosità e del buonumore, da parte dei tre moschettieri, gli splendidi autori di questa opera a sei mani.

Armando Castagno, Gianpaolo Gravina, Fabio Rizzari. Tre firme storiche della divulgazione vinicola di casa nostra. Tre amici che, percorrendo traiettorie indipendenti l'uno dall'altro, mettono sul tavolo centoventi schede di vini, centoventi "soffiate" bisbigliate all'orecchio del lettore.


Fabio Rizzari, Armando Castagno e Gianpaolo GravinaChe cos'è dunque "Vini da scoprire"? Si fa forse prima a dire che cosa non è. 
Non è una guida di vini, e non è un libro di narrativa, anche se vi sono elementi in qualche modo riconducibili ad entrambi. 
"Vini da scoprire" è piuttosto il desiderio di colmare un vuoto divulgativo, il desiderio di immergere il vino in altro, che abbia una matrice di tipo culturale. Il tutto con l'intento di essere seri senza prendersi troppo sul serio. E' un libro che, come dice Castagno, mostra squarci di «sano e calibrato cazzeggio».

Ma entriamo nel vivo con sei esempi di storie e di altrettanti vini da scoprire, due per autore.
Armando Castagno racconta di un vino nel quale si è imbattuto andando alla ricerca delle proprie origini familiari. Blanc de Lissart 2015, Le Marie, 100% malvasia moscata. 
«A poche decine di chilometri da questa vigna si sale alle solitudini di Pian del Re, dove nasce il Po, e poi, più su ancora al Monviso». Il calore dell'annata 2015 non ha conferito tensione nervosa. Equilibro esemplare in bocca. Un bel vino di luce, con un'ampiezza aromatica piacevolissima.

La parola passa a Fabio Rizzari per il primo rosso della serata. Bardolino DOC 2015, Poggio delle Grazie, 70% corvina, 30% rondinella. «Lieviti autoctoni, che parlano solo in dialetto veneto, nessuna forzatura nell'estrazione e nessuna filtrazione finale».
Un vino declinato sulla semplicità, con un corredo fruttato ben presente ed un'assenza totale di note amare nel finale. Equilibrio straordinario, ancora caratterizzato da note giovanili, ma con una splendida grazia e una scorrevolezza prodiga di dettagli e succosità.

Alcuni viniCon Giampaolo Gravina rimaniamo in Veneto. Fralibri 2015, Valpolicella DOC Classico, Società Agricola Eleva, 40% corvina veronese, 20% corvinone, 25% rondinella, il restante 15 % saldo di croatina, teroldego, merlot, molinara, oseleta. «Raffaella Veroli e Davide Gaeta presidiano la tipologia classica con una versione 2015 semplicemente meravigliosa». Il vino che abbiamo nel bicchiere ha garbo, delicatezza nel tocco che fa risuonare il gusto del dettaglio. Ciliegia, frutta fresca, alcolicità perfettamente equilibrata.

Tocca ancora a Gravina raccontare il vino successivo. Strija 2014, Barbera d'Asti DOCG, Montestregone. 100% barbera. “Strja” come “strega”, in omaggio «al vivace repertorio di storie e leggende popolate da streghe, sortilegio e magie assortite». Vino di un enologo piemontese, Alessandro Gallo, che dopo anni in Toscana torna ad operare di nel suo luogo dì origine. Annata non facile, il 2014. Ma quello che abbiamo nel bicchiere non sembra per nulla raccontarci tribolazione. Il vino, al contrario, è tutt'altro che magro e spigoloso. Naso accogliente e bocca creativa, dinamica, con una bella scodata sapida nel finale.

Rizzari con il quinto vino ci conduce in Puglia. Don Franco 2013, Negroamaro Salento IGP, Tenuta Macchiarola, 100% negroamaro. Negroamaro atipico, che non si esprime su toni saturati, alcolici e surmaturi. «Lo ispira un principio forse ovvio, ma poco praticato e molto benvenuto: meglio non cercare a tutti i costi la maturazione fenolica e una notevole concentrazione estrattiva». Naso di erbe officinali e sentori ferrosi quasi ematici. L'elemento qualificante di questo vino è la grande finezza della sua parte marina e salmastra.

La salaE per chiudere la serata, di nuovo la parola a Castagno che l'aveva aperta.
"Heritage" Marsala DOC Vergine Riserva 1980, Francesco Intorcia, 100% grillo. Vino di «esclamativa bellezza», affinato per trentacinque anni in enormi botte annerite dal tempo. C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico nel modo di fare Marsala di Francesco Intorcia. Una gemma di purezza e rarefazione. Alga, impressioni salmastre, ostrica, mollusco. Splendide note agrumate, frutta secca, mandorle tostate, lunghissima persistenza gustativa. «La più bella notizia arrivata da Marsala negli ultimi vent'anni», dice Armando con entusiasmo.

Si chiude la serata con le domande agli autori. Da dettagli relativi a come è nata l’opera a curiosità legate alle schede (ebbene sì, senza saperlo Castagno e Gravina avevano scelto un vino in comune!!!). E infine, e non poteva essere altrimenti, la domanda più attesa: "Ci sarà un seguito?", al momento ancora non è dato saperlo. Noi ci contiamo ed incrociamo le dita trepidanti!

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