Villa Cafaggio: sangiovese super...star

Il racconto della serata dedicata ai vini di Villa Cafaggio organizzata dalla delegazione Ais di Mantova

Andrea Bonesi e Monica Mirandola

Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino e quest’ultimo ha l’oro in bocca…il 2008 promette veramente bene per noi della sezione Ais di Mantova, visto che è ricominciato il ciclo delle nostre consuete degustazioni e ci siamo concessi i grandi vini dalla Conca d’Oro (appunto…) di Panzano in Chianti, grazie alla collaborazione della prestigiosa, anche se poco conosciuta, Cantina Villa Cafaggio.

L’inizio dell’anno ed il picco di influenza hanno ridotto i partecipanti ad una quarantina (metà del solito), ma questo ha permesso una maggiore intimità e tranquillità nella degustazione.

Il Dr Faccin, responsabile di cantina, introduce l'azienda: 70 ha nella Conca d’Oro di cui più della metà vitati. L'85% dei vigneti è coltivato a Sangiovese, mentre il restante a Cabernet Sauvignon. Nel 1967 è la famiglia Farkas che acquista Villa Cafaggio e dà il via ad un opera di ammodernamento e ristrutturazione dell'azienda agricola; nel 2005 la proprietà passa sotto il controllo di Cantina La Vis e Valle di Cembra che avvia un programma di investimenti per un ulteriore innalzamento qualitativo dei prodotti garantendo pero la CONTINUITA' rispetto al passato ed al buon lavoro fatto negli anni.

Anche Luigi Bortolotti, il delegato Ais di Mantova, spende parole di elogio verso i prodotti del cuore della Conca d'Oro, Panzano in Chianti, zona particolarmente vocata alla produzione vinicola e roccaforte della toscanità tipica fatta dal lavoro e dall'impegno della sua gente, di quei produttori in sana competizione tra loro che tendono a isolarsi dal resto del mondo. La personalità e autenticità dei vini rispecchiano questa CULTURA autentica e gentile.

Partiamo con i Chianti (Sangiovese in purezza), i quali si presentano con un bel colore rubino intenso, setoso, quasi vellutato .
Il Chianti Classico Docg 2005 ha un grado alcolometrico in meno rispetto al 2003 sia per la vendemmia che per l’attuale tendenza nel contenerlo per favorire armonia ed equilibrio; il profumo è tipico di prugna, fiori rossi (geranio, viola, peonia) ma non particolarmente franchi, note di sottobosco elegantemente sfumate in una leggera speziatura di tabacco. In bocca è giovane con una notevole espressività ottimamente sfruttabile in abbinamento grazie alle durezze accentuate, che però lo penalizzano in degustazione (forse servito a qualche grado in più potrebbe essere migliore...). Molto intenso e di buona alcolicità, ha una Pai “argillosa” ed è un vino di pronta beva.
Passando al Chianti Classico Riserva Docg 2003 percepiamo maggior armonia ed eleganza all'olfatto non solo per qualche anno in più di invecchiamento ma anche per le diverse tecniche colturali applicate. Spicca la viola “ macerata”, in bocca escono grande morbidezza, belle acidità e tannicità e Pai molto lunga. Veramente piacevole nella sua mineralità e colpisce per la freschezza nonostante il millesimo caldo (hanno vendemmiato il 16 ottobre con un’acidità ancora molto elevata di 6.20 a vino finito contro una media di 3.5 !).
Il Dr Faccin interviene per delucidare alcune differenze tra i 2 prodotti: con il Chianti 2005 si è optato per una densità di 5000 piante/ha ( 1,5 kg di uva per pianta), allevate a cordone speronato. L' invecchiamento è di 12 mesi in botti grandi di rovere. L'azienda è stata suddivisa per zone in base alla decisione di destinare alcune uve ai vini base e altre alle riserve. Per il 2003 (Riserva) la densità va dai 5500 ai 7000 ceppi/ha con produzioni di max 1 kg per pianta, mentre l'invecchiamento avviene in barrique di 2° passaggio per 18 mesi.
L'obiettivo prioritario nell'ambito della filosofia aziendale è quello di dare ai vini caratteristiche costanti nel tempo (compatibilmente con l’andamento delle annate) che possano dare le stesse emozioni anche in momenti diversi, secondo il concetto di TIPICITA' di un vino e di un territorio. Anche Faccin, come Bortolotti, ritiene che l’equilibrio e la dolcezza dei tannini dei vini di Panzano siano chiaramente distinguibili e riconoscibili se confrontati con prodotti di altre zone limitrofe anche in degustazione cieca.

Riflessi granati e trama fittissima nel bicchiere per uno dei Super Tuscans della cantina, il Cortaccio 2003 (cru di cabernet sauvignon): naso espressivo da cui si percepisce la dolcezza dei tannini ed il frutto quasi balsamico. Al palato spiccano l’immediatezza e l’alcolicità ben bilanciata dalle durezze che sono, tuttavia, ancora leggermente prevaricanti; tra 4/5 anni potrebbe esprimersi ancora meglio. Un vino energico pensato per il gusto americano ( e non a caso Wine Spectator lo ha valutato tra i 97 e i 99 punti negli ultimi anni….) .
Vengono servite le “Mezze maniche con ragù stufato di carne” che si abbinano meravigliosamente ai Rossi serviti (soprattutto al Chianti “base”).

Il “vino del cuore” di Faccin (e poi anche nostro!) è il S. Martino . Da una sola vigna di Sangiovese derivano 8-10 mila bottiglie solo nelle annate ritenute all'altezza. Le piante, allevate a cordone speronato, producono 400 (!) gr di uva (un grappolo a tralcio che viene coccolato durante tutta la maturazione con grosso impegno sia in campagna che in cantina). L' affinamento previsto è di 18 mesi di barrique nuove stratostate, ma la personalità del vino è tale da non permettere alle note terziarie di sopravanzarlo, ……da far scappare i cugini transalpini con la coda tra le gambe e da far ricredere gli americani sul concetto di Super Tuscans! Basta con i vini-Geppetto tanto in voga negli ultimi tempi…Finalmente in Toscana si sta ritornando a spiantare vitigni internazionali in favore del Sangiovese da cui derivano prodotti che in modo autentico rispecchiano la zona, il terroir, irripetibili in altre parti del mondo. Procediamo con la verticale:

S. Martino Igt Toscana 2003: rubino con riflessi granati, olfatto ancora chiuso, poi mano a mano si apre con sentori eleganti di note terziarie di liquirizia e cioccolato molto fine. In bocca è giovane, il tannino è maschio e ancora spigoloso e non perfettamente amalgamato con le morbidezze. Ruspante ed ottimo in abbinamento con il secondo piatto servito: Punta di vitello al forno.
S. Martino 2001: stesso colore del 2003 ma al naso è incredibilmente complesso, equilibrato ed ampio; qui dominano il frutto ed il fiore (viola su tutti), il sottobosco e la speziatura con note di sigaro e cioccolato. Ottimo al palato, elegante e nobile il tannino, qui esaltato dal lungo riposo in barrique. Vino pronto che potrebbe ancora leggermente migliorare tra qualche anno ma che comunque già ora supera brillantemente i 90 punti . Un grandissimo prodotto.
S. Martino 2000: bel colore granato ma l’olfatto è subito chiuso e si avvertono sgradevoli puzzette che poi scompaiono dopo qualche minuto grazie all’ossigenazione. In bocca emergono l’alcolicità, l’ottima mineralità e i sentori di marmellata di frutta matura. Ritornano nella Pai lunghissima i sentori terziari di tabacco e cioccolato per questo vino di grande corpo che ci è sembrato al massimo della potenzialità (attorno ai 91/92 punti).
S. Martino 1997: impressiona tutti già solo all’olfatto ricordando i grandi Brunelli…con il tannino percepibile anche al naso in un contesto di eccezionale pulizia ed eleganza dove la viola la fa ancora da padrona. Bocca carnosa, tannini setosi ma di grande personalità, grande corpo ed alcolicità, ma ciò che ci rapisce è questa grande morbidezza mitigata dalla grande espressività del Sangiovese. La Pai è praticamente infinita e ritornano note sempre diverse e piacevoli (c’è chi non vorrebbe più lavarsi i denti per non cancellare il ricordo di questo capolavoro…). Ci pensa Il Dr. Faccin a rendere il momento ancora più prezioso avvertendoci che in cantina ne sono rimaste solamente 48 bottiglie gelosamente custodite….
Vino eccezionale che supera i 95 punti e, più di sterili punteggi, inorgoglisce per la sua cocciuta toscanità che ci fa ricordare una volta di più la fortuna che abbiamo noi italiani di vivere in un paese straordinariamente ricco di vitigni autoctoni.

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