Nicolas Feuillatte, chi ha paura delle cooperative?

La domanda è volutamente provocatoria: così Alberto Lupetti dà il via alla serata dedicata allo champagne Nicolas Feuillatte

Sara Missaglia

Il sapore è quello della novità, l’obiettivo – dichiarato – è quello di rompere il paradigma che vede cooperativa e qualità su sponde diverse, distanti dal lusso, dall’eccellenza e dall’esclusività: “Se è per molti non ha valore”; e la lezione è presto fatta.

Alberto non ci sta: non si tratta di conversione, ma di conoscenza senza pregiudizio. «Io stesso mi sono sempre avvicinato alle cooperative con diffidenza, vittima dello stereotipo che vuole la cooperativa sinonimo di bassa qualità. Non è così». Più che una sfida è la volontà di comprendere il fenomeno e individuarne le potenzialità.

Si fa presto a dire Champagne, ma i numeri sono impressionanti: 34.358 ettari vitati, 319 Cru (di cui 17 Grand Cru e 42 Premier Cru), 4.700 produttori imbottigliatori, più di 300 milioni di bottiglie prodotte ogni anno; 4,9 miliardi di fatturato nel 2017, all’incirca pari al 50% dell’intero giro d’affari di settore in Italia. Da un lato le grandi maison, i négociant-manipulant con le loro cuvée de prestige: 349 in totale, di cui 77 storiche. «Le grandi maison ci fanno sognare, ma nella realtà sono solo una porzione infinitesimale», commenta Alberto. Dall’altro i récoltant-manipulant, i vignaioli che coltivano il proprio vigneto e vinificano direttamente: 1822 cantine che fanno della dimensione artigianale il credo quotidiano. E ancora, le 72 coopérative de récoltants, che elaborano le uve conferite dai propri aderenti e successivamente vendono lo champagne con uno o più marchi di proprietà. Infine 2.456 récoltant-coopérateur, ovvero i vignerons che conferiscono le loro uve a una cantina cooperativa che procede alla vinificazione. Questi riceveranno dopo il tirage una quantità di vino pari al volume di uva consegnata: le bottiglie avranno la loro etichetta, ma le uve vinificate non saranno più quelle originarie, miscelate con quelle di altri conferitori.

Si fa presto a dire Champagne, dicevamo, ma l’universo è complicato, e la qualità è differente. Nicolas Feuillatte nasce nel 1926, rampollo di una storica famiglia di négociant e importatori di vini e liquori. Succeduto al padre, nel Dopoguerra tiene saldamente le redini dell’impresa, ma sperimenta altre vie: non solo vino ma anche caffè, sino a diventare nel 1960 il primo importatore di caffè africano negli Stati Uniti. È terribilmente francese, e si fa promotore della filosofia de “l’art de vivre à la française”: acquista negli anni ’60 dodici ettari a Bouleuse nella Petite Montagne e nel 1976 lancia sul mercato il suo champagne, con una dedica speciale: ai miei “amis américains”: la sua Réserve Particulièrfolgora personaggi del calibro di Kennedy e Onassis. Lo Champagne Feuillatte si fa largo nel jet set americano, e sulle labbra di Jackie ‘O, Shirley Mac Laine, Lauren Bacall, Sophia Loren sempre e solo Réserve Particulièr. Un successo inaspettato, rapido, entusiasmante: i dodici ettari sono ormai piccola cosa per far fronte a una domanda in costante crescita. Nicolas Feuillatte incontra la cooperativa CVC, il Centre Vinicole Chouilly fondato nel 1972 da Hernri Macquart come centro di stoccaggio: un uomo illuminato che ha gettato le basi di quello che oggi è il CIVC, il Comité Interprofessionnel du vin de Champagne, una joint venture che vede l’assemblaggio (l’espressione è decisamente azzeccata) tra lo stile e la qualità apprezzata dei vini di Feuillatte, e il fabbisogno crescente di uve.

Oggi Feuillatte conta su 4.500 tra vignerons e cooperative aderenti, con oltre 2.100 ettari di vigneti. La scala di valori qualitativi è nella fascia alta: le uve provengono da 11 dei 17 Grand Cru e da 26 dei 42 Premier. Con 10,9 milioni di bottiglie vendute e 19 milioni di bottiglie tirate nel 2017, è oggi il terzo produttore di Champagne dopo Moét e Veuve Clicquot, ed è la quarta marca di champagne più venduta negli Stati Uniti.

Un’esclusiva boutique a Parigi, in Faubourg St. Honoré, ne restituisce un’immagine decisamente glamour. Queste le parole di Guillaume Roffiaen, chef de cave di Feuillatte: «quando sento dire che la cooperativa è un grosso calderone dove si butta dentro di tutto, magari senza alcun criterio…beh, mi piange il cuore!». Il motto della cooperativa: «L’unione fa la forza». Un grande produttore: «non un pachiderma», commenta Alberto, ma un collettore di qualità, rispetto della tradizione e tecnologia avanzata.

I vini della degustazione

 Réserve Exclusive Brut: 20% chardonnay, 40% pinot noir, 40% meunier: naso scuro ma mai cupo, per una ricchezza di frutto e una bollicina carezzevole che stuzzica la degustazione.

 Réserve Exclusive Rosé: 10% chardonnay, 45% pinot noir, 45% meunier: aggraziato e sfaccettato, giocato sulla freschezza e sulla leggerezza, mai sulla banalità.

Grand Cru Blanc de Blancs 2010: 100% chardonnay. Millesimo giocato sulla densità e sulla profondità. Agrumato, floreale e minerale, è espressione della cret, la crosta calcareo-gessosa della Côte des Blanc.

Grand Cru Blanc de Noirs 2008: 100% pinot noir. Si tratta di uno champagne da invecchiamento, con una sosta sui lieviti di almeno 60 mesi.

Cuvée 225 Brut 2012: 50% chardonnay, 50% pinot noir. Annata di eccellenza, si sviluppa in freschezza e speziatura. Ricco ma non monolitico, rivela grandi potenzialità.

Palmes d'Or Brut 2006: 50% chardonnay, 50% pinot noir. È la cuvée de prestige di Feuillatte, dal naso ricco e importante, cremoso, rotondo. Sosta almeno 8 anni sui lieviti.

La lezione di Feuillatte è importante: buttarsi a capofitto nei progetti senza perderli mai di vista, sospinti dal vento leggero dell’ammirazione e dell’ambizione. Le tempeste arrivano da coloro che non conoscono e non comprendono il coraggio e la sfida: per questo hanno paura. Feuillatte ha trovato il suo posto: un posto “riservato personale”, dove l’unione è fonte di arricchimento e di confronto che amplifica eleganza e stile, e insegna rispetto.