Verticale al buio

Il resoconto della verticale al buio, tenutasi presso l'Osteria dello Strecciolo, condotta da Guido Invernizzi il 5 ottobre, organizzata da Ais Lecco

Valerio Mondini

Verticale al Buio - Ais LeccoNelle occasioni in cui siamo chiamati a esprimere dei giudizi basati esclusivamente sulle nostre sensazioni del momento, senza avere altre informazioni, si corre il rischio di essere troppo prudenti per non sbilanciarsi troppo ed essere poi smentiti dalla realtà. In una verticale al buio, cioè una degustazione di diverse annate dello stesso vino e produttore che sono però ignoti, il bello sta nel tentare di comparare le diverse sensazioni che ciascun campione offre, per trovare il denominatore comune che ci aiuti a riconoscere vitigno e zona di produzione. Merito del relatore è stato quello di aver trasformato in un gioco scherzoso la degustazione mettendo in competizione la numerosa platea, dopo aver seminato qua e là alcuni indizi che potevano condurre alla soluzione. Si parte quindi con il primo vino, che alla vista si presenta limpido e di colore rosso rubino intenso con qualche riflesso porpora. Al naso spiccano delle note floreali e fruttate, abbastanza persistenti e abbastanza fini di ciliegia e violetta. Al gusto conserva la freschezza proposta al naso e presenta un tannino non invadente ma che ha bisogno ancora di tempo per maturare. E’ decisamente troppo presto per lanciarsi in qualche ipotesi, anche se i commenti sono più orientati verso l’esclusione di vitigni dai caratteri spiccati che non si ritrovano nel bicchiere in esame. Il secondo vino conferma le impressioni precedenti: il colore è decisamente rubino e all’olfatto rivela qualche ulteriore sentore fruttato di lampone, fragola e ribes. Il gusto conserva la freschezza, il tannino è leggermente più maturo e si avverte qualche nota minerale. I due vini sono espressioni chiare di una continuità evolutiva e comincia a farsi strada qualche ipotesi più o meno azzeccata sulla natura del vitigno. Il terzo vino spiazza un po’ tutti perché si dimostra più evoluto dei precedenti ma costringe i degustatori a rivedere alcune delle conclusioni che erano state fatte dopo i primi assaggi. Tra i sentori fruttati e floreali più maturi dei precedenti si fanno largo delle note speziate. In bocca spiccano sapidità e mineralità, un tannino più morbido ed evoluto, una buona persistenza e un buon equilibrio. E’ un vino secco, fresco, sapido, abbastanza caldo, giustamente tannico, di buona struttura e persistenza. Le caratteristiche riscontrate fanno pensare a un vino che sia in grado di reggere nel tempo e che sia in grado di sfruttare a proprio favore l’invecchiamento. E se l’ipotesi Timorasso lanciata da un intrepido corsista viene accolta da Invernizzi al grido “Dimmi come vuoi morire? Il Timorasso è un vino bianco!”, qualcuno comincia a individuare quanto meno la possibile zona di provenienza. Il colore del quarto vino, più spento dei precedenti, è sintomo certo di un lungo invecchiamento, così come i sentori di frutta matura e di conserva, in mezzo ai quali spiccano lunghe serie di spezie pepate e sapide. In bocca si rilevano alcune note balsamiche, una acidità moderata, un tannino evoluto mai eccessivo e imponente con una discreta morbidezza, lunga persistenza e buona armonia. L’ultimo vino è ancora più evoluto del precedente e lo si arguisce sia dal colore, che dalle note olfattive di frutta matura, marasca, prugna e dalle note speziate di pepe, vaniglia e di tostatura. In bocca rivela una grande maturità, con un tannino ben equilibrato, così Verticale al Buio - Ais Leccocome risulta equilibrato l’apporto dell’alcol che aiuta a percepire i sapori caratteristici della frutta matura inframezzati da una spiccata sapidità e da una mineralità significativa. Buona la persistenza e l’armonia finale. Anche se qualcuno aveva quasi individuato vitigno e zona di provenienza, si registra un moto di stupore in una buona parte dei presenti quando alla fine vengono svelati vitigno, vino, annate e produttore, che per altro è in sala e ha assistito con divertimento alle varie ipotesi che venivano fatte sui suoi vini. Il vitigno è il dolcetto, il vino è un Dolcetto D’Ovada Superiore DOCG e DOC Vigneto Ninan, annate 1991, 1998, 2003, 2007 e 2008, il produttore è Rossi Contini di S. Lorenzo d’Ovada. Dolcetto dunque, vino che viene comunemente associato alla grande freschezza e di immediata bevibilità che qui trova invece il modo di esprimere e sviluppare le sue caratteristiche peculiari legate ai lunghi invecchiamenti che danno modo al tannino di fondersi gradevolmente, anche grazie alle marne su cui è cresciuto il piccolo vigneto Ninan (0,85 ettari) che trasmettono al vino le particolari note minerali e sapide. Bottiglie eleganti e da una grafica immutata negli ultimi venti anni ma che appare ancora attuale, con l’unica distinzione della denominazione DOCG raggiunta con l’ultima annata in degustazione. Dopo alcune parole di ringraziamento della titolare Annalisa Rossi Contini, si passa alla cena che lo chef Stefano ha preparato e che viene accompagnata dagli stessi vini che abbiamo degustato in precedenza, dandoci modo di apprezzarne ulteriormente la qualità e di completare il giudizio valutandoli in abbinamento alle diverse portate: ravioli ripieni di arrosti, burro alle nocciole e scaglie di casera e pollo di fattoria alle tre cotture con crema di castagne e cipollotti. Appuntamento a tutti al 21 novembre per la serata dedicata agli oli del Lario. Mario Soldati «Il vino, specialmente in Italia, è la poesia della terra».

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