Atomi di vino: l’ossidazione

Lorena Oddone e Adriana Licciardello ci svelano segreti e peculiarità dei vini ossidativi attraverso un viaggio a tappe nel Mediterraneo.

Giulia Cacopardo

Il colore di un vino non è solo cromaticità, intensità e sfumature. Sono le molecole, gli atomi e gli elettroni che lo determinano e, partendo dalla chimica, possiamo comprendere il processo ossidativo dei vini che si traduce, in generale, in un imbrunimento.

Ma cosa si intende per ossidazione? È sempre da considerare negativa oppure preannuncia, in alcuni casi, l’utilizzo di uno specifico metodo produttivo? Come ci aiuta il colore a orientarci? Lorena Oddone e Adriana Licciardello, sommelier e degustatrici AIS, hanno risposto, con dovizia di particolari, a queste e a tante altre domande, ma non hanno tralasciato neppure la parte pratica, portandoci a degustare vini non usuali.

L’ossidazione è una reazione in grado di alterare le caratteristiche del vino. «Qualunque sostanza perda elettroni, si ossida. L’ossigeno è un atomo che in natura trattiene su di sé elettroni. Nel momento in cui acquisisce elettroni “strappandoli” da altri elementi, si riduce. La parola ossidazione deriva dalla capacità dell’ossigeno di compiere questo processo», spiega Lorena.

L’ossidazione è da ritenersi un difetto quando i profumi di freschezza e croccantezza del frutto, che ci si aspetta di trovare in un vino, si sono evoluti inaspettatamente in sentori di mela cotta, ammaccata, miele e noce. Ciò che invece consideriamo riduzione, come difetto, è riconducibile allo zolfo, che “strappa via” elettroni ad altre sostanze e si riduce, conferendo al vino odore di uovo marcio.


Il relatoreQuali sono gli elementi che si possono ossidare in un vino? I composti fenolici (antociani, flavanoli, tannini), l’etanolo e, quando l’ossidazione si fa importante, gli aromi e altri composti organici. L’ossidazione è detta enzimatica se è indotta da proteine capaci di velocizzare le reazioni biochimiche, come, ad esempio, le tirosinasi che mutano i flavonoli - i pigmenti dei vini bianchi -, in composti bruni; l’alcol deidrogenasi - contenuta nei lieviti – che muta l’etanolo in acetaldeide; la laccasi che, in presenza di botrytis cinerea, trasforma le componenti aromatiche.

L’ossidazione chimica, invece, è attivata da catalizzatori, come gli ioni di ferro e di rame contenuti nell’uva, che creano composti bruni deteriorando il colore. Se l’ossidazione si fa più intensa e l’ossigeno attacca i composti fenolici, si vengono a produrre anche radicali liberi e acqua ossigenata, ossidanti molto potenti in grado di evolvere l’acido tartarico in composti bruni, gli aromi fruttati in note di solvente, burro e mandorla e, ancora, l’etanolo in acetaldeide.

Nelle giuste quantità, la presenza di acetaldeide porta dei benefici ai vini rossi da affinamento, poiché fa da ponte tra tannini e antociani creando delle molecole più grandi che rendono “setosi” i tannini e più stabile il colore conferito dagli antociani. Se, al contrario, è eccessivamente presente, produce una ampia varietà di aromi che indicano ossidazione, come il sotolone (con i suoi aromi di miele, cera d’api, noce, fieno, carruba, curry) e il solerone (che prende il nome dal metodo Soleras).

Anche il calore può velocizzare la reazione dell’ossigeno. È ciò che avviene, ad esempio, durante la produzione del vino liquoroso Madeira. Nella reazione di caramellizzazione, gli zuccheri si ossidano alle alte temperature conferendo al vino pigmenti gialli e aranciati e aromi di caramello e tostato. Similmente, con la reazione di Maillard, sempre grazie al calore, proteine e zuccheri interagiscono trasformandosi in composti bruni ed evolvendo gli aromi in profumi di frutta secca, nocciola e sentori di affumicato e legno.

In alcune tipologie di vini, l’ossidazione è voluta dal produttore come, ad esempio, per la formazione del velo de flor, ossidazione enzimatica causata dal saccharomyces cervisiae che, una volta esauriti gli zuccheri nel vino, in presenza di alcol che per il lievito è tossico, produce acidi grassi e tende ad andare verso l’alto. Raggiunta la superficie del vino, le cellule di saccharomyces cervisiae si legano le une alle altre creando una spessa coltre, chiamata appunto velo de flor.  In questo caso i lieviti modificano il loro metabolismo utilizzando l’ossigeno per trasformare l’etanolo in acetaldeide e ricavando così l’energia di cui necessitano per sopravvivere.

I vini prodotti con velo de flor non hanno una colorazione bruna, poiché sotto la coltre non entrano in contatto diretto con l’ossigeno. È il caso, ad esempio, dei vin jeaune. La denominazione AOC Château Chalon, una produzione di nicchia della piccola regione vinicola Jura nella Francia orientale, prevede che il vin jeaune sia prodotto solo in 4 comuni (50 ha) da uve savagnin. «L’uva viene raccolta tardivamente e il vino affinato in botti scolme di rovere da 228 L per 6 anni e 3 mesi sotto la flor, senza travasi né colmature. Alla fine del periodo di affinamento, è imbottigliato in clavelin da 62 cl, unica tipologia di bottiglia prevista dal disciplinare» spiega Adriana Licciardello.

Côtes du Jura AOC Château Chalon 2012 - Domaine Frédéric Lambert
Colore giallo dorato; all’olfatto rivela profumi di acetone, smalto, mandorla, noce e buccia di agrume; in bocca riprende i sentori aromatici percepiti all’esame olfattivo, buona sapidità e freschezza, quasi salato.


I viniCi spostiamo in Sicilia, in provincia di Trapani, nella zona di produzione del Marsala. Con l’antico metodo perpetuum, quasi del tutto scomparso poiché utilizzato solo da due aziende (Marco De Bartoli e Nino Barraco), si produce un vino ossidativo “cugino” del Marsala. Il perpetuum non rientra nel disciplinare di produzione del Marsala e consiste nel ringiovanire annualmente con vino nuovo basi di vino vecchio, un po’ come avviene con il metodo Soleras per la produzione di Sherry, ma con la differenza che il vino nuovo è prelevato da più botti o da un’unica botte senza riferimento a un’annata specifica. L’annata del vino non è conseguentemente riportata in etichetta.

Vecchio Samperi - De Bartoli
Color ambra; all’esame olfattivo sprigiona profumi di uva passa, noce, acetone e vernice; all’assaggio, sensazione di crosta di pane, noce, una nota tostata e grande sapidità.

I vitigni malvasia di Sardegna e vernaccia di Oristano danno il nome a due storiche DOC del versante occidentale della Sardegna, Malvasia di Bosa e Vernaccia di Oristano. Entrambi i disciplinari prevedono l’affinamento in botti scolme con lieviti flor. La Malvasia di Bosa, vino dell’ospitalità, può essere vinificato in versione dolce, ma in genere prevale lo stile ossidativo della tradizione. I 30 ettari di terreni calcarei di Bosa, gestiti da solo 6 produttori, beneficiano dell’influsso del mare, del Maestrale e della vicinanza del fiume Temu. I terreni di produzione (400 ha) della Vernaccia di Oristano sono invece o sabbiosi e poco fertili (“Gregori”) o profondi, freschi e di buona fertilità, dovuti alla vicinanza del fiume Tirso (“Bennaxi”). La Vernaccia di Oristano è raccolta tardivamente e può essere affinata sia con lieviti flor sia con metodo Soleras.

Malvasia di Bosa DOC Riserva 2014 - Columbu
Giallo paglierino con riflessi dorati; emana note di nocciola, elicriso, zagara, miele, eucalipto ed eteree; in bocca spiccano la freschezza gustativa e l’importante presenza glicerica; il finale è sapido.

Vernaccia di Oristano Antico Gregori 1976 - Contini
Color ambra carico; profumi di smalto, solvente, mallo di noce, mela cotta, miele di castagno, fiori secchi, paglia, tamarindo e sentori balsamici. In bocca rotondo, con una corrispondenza gusto-olfattiva perfetta: la parte glicerica è bilanciata da freschezza e sapidità.

Il metodo Soleras prevede che il primo vino prodotto sia affinato nella solera, cioè nella fila di botti a contatto con il pavimento. Il vino delle annate successive è riposto nella prima e nella seconda criadera, botti accatastate subito sopra la solera. Ogni anno viene prelevato dalla solera una quota parte di vino per essere imbottigliato e il vino mancante viene sostituito da quello più giovane della prima criadera, che a sua volta sarà ricolmata con il vino della seconda criadera. Con questo metodo, si affina lo Sherry, vino liquoroso della zona di Jerez de la Frontera in Andalusia.

Sherry Old Harvest - Ximénez-Spínola
100% pedro ximènez. Color ambra; profumi di carruba, mallo di noce, miele di castagno; al gusto l’alcol risulta perfettamente integrato; vino complesso ed equilibrato.

Il nostro viaggio nel Mediterraneo, condotto da Adriana, si conclude con un altro famoso vino liquoroso dell’arcipelago portoghese di Madeira, da cui prende il nome. Malvasia, sercial, bual e verdelho, coltivati su terreni di origine vulcanica, sono utilizzati per la produzione di Madeira. Il vino subisce un processo di ossidazione attraverso l’uso del calore: è portato alle temperature di 40-50° C all’interno delle estufas, botti in ambienti riscaldati o contenitori in acciaio, per un periodo di circa tre mesi.

Madeira 10 anni Malmsey - Henriques & Henriques
100% malvasia. Color ambra scuro; profumi terziari di acetone, smalto, note di fichi secchi, funghi, uva passa e datteri; in bocca la dolcezza e l’apporto alcolico sono bilanciati da una buona acidità.