Castello Bonomi – La finezza non è un luogo comune

Al margine sudorientale della Franciacorta - ai piedi del Monte Orfano - vi è Castello Bonomi: oggi, sotto l’egida della famiglia Paladin, l’azienda produce spumanti che coniugano la territorialità a una peculiare impronta stilistica. Alessandro Franceschini e due rappresentanti dell’azienda ripercorrono i segreti di una maison d’eccezione.

Florence Reydellet

Agli eno-cultori non si può che consigliare una gita a Coccaglio (BS), tappa imprescindibile a sud della denominazione Franciacorta, dove vi sono realtà spumantistiche che stanno iniziando a polarizzare l’attenzione della critica. Fra di esse, Castello Bonomi, la cui sede si trova in uno splendido château in stile Liberty progettato dal bresciano Antonio Tagliaferri a fine Ottocento. Plurimi sono stati i riconoscimenti tributati alla tenuta nel corso di una storia iniziata nel 1985 e - non a caso - nell’ultima edizione della guida Vitae, la tenuta è stata contrassegnata con i quattro pallini, il ranking più alto assegnato solamente «alle aziende storicamente e qualitativamente consolidate, che nella media hanno presentato molto frequentemente uno o più vini eccellenti».

Un motivo più che valido, dunque, per dedicare ad essa una serata al Westin Palace Hotel. Una serata, peraltro, nella forma di una narrazione a più voci: Alessandro Franceschini, responsabile della comunicazione di AIS Lombardia, fa da moderatore alla presentazione di Marcello Milo (brand manager dell’azienda) e Alessandro Perletti (uno dei suoi enologi).

Da sinistra: Alessandro Franceschini, Marcello Milo e Alessandro PerlettiIl domaine è oggi proprietà della famiglia Paladin (che dispone anche di tenute in Veneto, Friuli e Toscana) e si estende su 24 ettari per un volume di 100.000 bottiglie annue; una famiglia che si avvale di collaboratori di altissimo livello come Leonardo Valenti (uno dei maggiori consulenti enologici italiani) e lo chef de cave Luigi Bersini. La loro è una storia che parla di rispetto per la terra e per la vigna, di un approccio agronomico olistico e sostenibile che tutela gli ecosistemi e ne esalta le peculiarità. Difatti, Marcello e Alessandro ci spiegano che a Castello Bonomi la viticoltura ragionata sposa l’agricoltura biologica, ciò anche per sostenere la sfida del Consorzio a diventare il primo consorzio italiano interamente convertito a questo tipo di coltura. Quella dei Paladin, inoltre, è anche una storia di riscoperta del territorio, come testimonia il certosino recupero del Cru Perdu(letteralmente «vigneto perduto») nel 1986 e nelle cui vecchie vigne è oggi prodotto il pinot nero che dà un carattere inconfondibile ad alcuni dei loro Metodo Classico.

Alessandro Franceschini invita poi a riflettere sulle peculiarità di quell’isolotto vitato, ubicato a circa 275 metri s.l.m., sulle pendici del Monte Orfano (una delle 7 unità vocazionali per la produzione del Franciacorta). Di notevole rilevanza è la matrice - un conglomerato calcareo, gessoso, friabile e ricco di sali minerali - assolutamente favorevole allo sviluppo di una viticoltura di alta qualità. A tale caratteristica litologica occorre aggiungere un altro elemento fondamentale, ossia il peculiare microclima della zona: l’esposizione a sud in pendio e piovosità inferiore del 20% rispetto al resto della Franciacorta fanno sì che il Monte Orfano possa definirsi «mediterraneo». Ragione per cui la vendemmia è di norma anticipata rispetto alle altre zone del comprensorio e si svolge nell’arco di più giorni per consentire alle piante di ogni parcella di raggiungere la maturità tecnologica.

Le pratiche di cantina iniziano con un processo tecnologicamente avanzato di pressatura morbida del mosto fiore; proseguono con tempi di rifermentazione in bottiglia e di riposo dopo la sboccatura che superano largamente quelli previsti dal già rigido disciplinare Franciacorta; e terminano con una liqueur d’expédition che include rigorosamente solo vino della stessa annata.

Il dialogo prosegue con la degustazione di sei Metodo Classico che dimostrano quanto il Monte Orfano abbia una sfolgorante potenzialità e un radioso futuro dinanzi a sé.

I vini in degustazione

Franciacorta DOCG Brut Cuvée 22
Una delle ultime etichette lanciate sul mercato; nasce da una selezione di uve chardonnay proveniente da 22 cru e affina per 24 mesi sui lieviti.
Paglierino luminoso con perlage fitto e continuo. Attraente già alla prima olfazione: l’esordio è di elicriso, mela grattugiata e un mazzetto di erbe aromatiche; seguono poi, in lenta progressione, pesca nettarina e pasticceria. Al sorso espone già un apprezzabile equilibrio, plasmato da vivida freschezza e calibrata sapidità. Perfettamente eseguito.

Franciacorta DOCG Brut Cru Perdu 2014
Da uve chardonnay (70%) e pinot nero (30%), è un millesimato che affina per più di 60 mesi. E qui, è il caso di ricordare che Castello Bonomi è stata tra le prime aziende franciacortine a cimentarsi nella valorizzazione del pinot nero.
Livrea paglierina accesa da catenelle di bollicine finissime. Bellissimo il bouquet: prologo fruttato di pesca bianca e briciole di pane, che digrada verso malto e anice stellato, chiudendo su echi balsamici. La gustativa ha ritmo e sfoggia il suo sapore con freschezza; si allunga proponendo il pan speziato. Un Franciacorta elegante, di nobile portamento.

I viniFranciacorta DOCG Brut Cru Perdu Grande Annata 2011
Da uve chardonnay (70%) e pinot nero (30%) della stessa annata; almeno 48 mesi sui lieviti.
Manto paglierino dai riflessi dorati screziato da catenelle durature. Il profilo olfattivo è stratificato ed evoluto con sensazione di nocciole tostate, zafferano, vaniglia e burro. L’ingresso in bocca è poderoso, contrassegnato da un movimento gustativo in pieno controllo, mentre gradevoli nuanceminerali accompagnano il finale. Un’onda di forza e di luce; c’è di che esserne ammirati.

Franciacorta DOCG Dosage Zéro 2013
Da uve chardonnay (50%) e pinot nero (50%); matura per oltre 50 mesi prima della sboccatura.
Perlage minutissimo che non dà tregua, in abito paglierino. Un’elegante mineralità precede intense note di fiori di ginestra, vaniglia e frutta a pasta bianca. Sono poi le erbe aromatiche (rosmarino, timo), il lentisco e gli sbuffi agrumati a testimoniare l’indole mediterranea del territorio. Progressione gustativa segnata dalla freschezza con una chiusura che si tinge di rimandi minerali. Bellissima traduzione del matrimonio paritario tra chardonnay e pinot nero.

Franciacorta DOCG Riserva Lucrezia Etichetta Bianca 2009
Da uve pinot nero (70%) e chardonnay (30%); affina per 120 mesi sui lieviti.
Luminosa veste dorata con perlage raffinato. Naso composito e di carattere: da subito affiorano i fiori bianchi, poi accenni di vaniglia, mela e fragranze di pane. L’assaggio è dovizioso, dalla struttura solida, fresca e avvolgente, dotato di una persistenza che accompagna un finale speziato.

VSQ Cuvée 1564 2015
Da uve erbamat (40%) - autoctono entrato dopo lunga sperimentazione nella DOCG Franciacorta per incrementare la freschezza -; chardonnay (30%) e pinot nero (30%). Affina in bottiglia per almeno 48 mesi.
Giallo paglierino dai riflessi dorati, solcato da vivace perlage. I profumi spaziano dagli agrumi alle erbe essiccate; evolve poi con pan brioche e vaniglia. Profilo gustativo accarezzato da una carbonica sottile, integrata a meraviglia, mentre la freschezza trova compiuta espressione. Insomma, plasma forme perfette e compiute.