Champagne e piccoli produttori, alla scoperta di tre brillanti Récoltant Manipulant

Champagne, un’icona di stile assoluto. Ma è ancora possibile, oggi, parlare di champagne di piccoli produttori?

Marco Agnelli

Ci confrontiamo su questo tema con Alberto Lupetti, giornalista professionista, anima e mente della guida «Grandi Champagne» nonchè Chambellan dell’Ordre des Coteaux de Champagne. Lupetti ci invita a ragionare con qualche numero alla mano. Nel XIX secolo la Champagne era fortemente segmentata con una serie di piccoli vigneron che vendevano le uve ai Negociant o alle maison. Attualmente i vigneron detengono il 90% della superficie vitata, mentre le maison hanno in mano il 70% dei volumi di vino prodotto e commercializzato. Questo ha portato ad avere una classica suddivisione del prodotto in base alla filosofia produttiva: Champagne de cuvée, influenzato dall’assemblaggio e tipica espressione delle maison, e Champagne de terroir, influenzato dalla locale espressività della varietà e dunque tipicamente espressione dei piccoli vigneron. Ma oggi ha ancora senso questo tipo di distinzione? «Un po’ meno», afferma Lupetti. Perché oggi alcuni piccoli produttori hanno iniziato ad acquistare vigneti in altre zone, realizzando a loro volta assemblaggi e le maison hanno iniziato a produrre champagne territoriali. Dunque, le differenze si vanno assottigliando.

Protagonisti della serata sono gli Champagne di tre Récoltant Manipulant importati in Italia da Alberto Massucco, imprenditore e appassionato conoscitore di Champagne. Il primo di cui andiamo a fare la conoscenza è Trousset-Guillemart, che si fregia anche del titolo di vigneron indépendant, essendo in grado di eseguire tutto l’intero processo in modo autonomo, pressatura compresa. Ci troviamo nella Petite Montagne, a ovest della città di Reims, zona storica per la produzione di Champagne. Possiede 7,67 ettari totali, dislocati tra Les Mesneux, Sacy, Villedomange, Ecueil e Gueux. Famiglia di storici vigneron di Champagne già dalla fine del 1600, hanno sempre conferito uve alla cooperativa locale di Sacy fino all’arrivo dell’attuale generazione con Jean-Philippe, che ha deciso di dare vita a un progetto proprio, staccandosi dalla cooperativa. Di questo produttore assaggiamo ben 6 espressioni.

Crème Brut

50% pinot noir, 19% chardonnay, 31% meunier

Il brut senza annata è il vino più importante per ciascun produttore, poiché ne rappresenta il biglietto da visita. Frutto della vendemmia 2016 per il 55% e delle vendemmie 2015 e 2014 per l’altro 45%, dotato di buona ricchezza, ha un naso “materico” anche se non dà la sensazione di un prodotto concentrato o molto maturo. Naso scuro ma non cupo, la freschezza in bocca si esalta e diventa pulizia. Dopo la deglutizione rimane un ricordo di frutto rosso e una bella persistenza. 

Brut Nature

50% pinot noir, 19% chardonnay, 31% meunier

Uguale al precedente, ma senza dosaggio. Interessante sottolineare che solitamente, in Champagne, i non dosati sono ottenuti da uve di vigne specifiche in cui la maturità è tale da poter ottenere questa tipologia naturalmente e non dalla scelta di non dosare il vino. Naso meno scuro, che dà l’idea di maggior pulizia e di maggiore tensione del precedente. In bocca questa sensazione si amplifica, anche a costo di sembrare meno articolato. Molto equilibrato.

Rosé

50% pinot noir (di cui 8,5% vinificato in rosso), 35% chardonnay, 15% meunier

45% di vins de réserve delle due annate precedenti la vendemmia base (2016). Naso tipico da rosé, con piccoli frutti rossi di bosco e agrumi. C’è una leggerezza piacevole che sorprende, speziatura sottile, bouquet giocato sulla freschezza e sulla pulizia, firma stilistica del produttore. In bocca ritorna la componente di piccoli frutti rossi e agrumi, con una leggerissima tannicità sul finale che ne suggerisce l’impiego a tavola.

Millésime 2013

50% pinot noir, 50% chardonnay

All’apertura olfattiva note fumée e di tostatura. Si trovano sia le caratteristiche più scure e fruttate del pinot noir, sia quelle fresche, minerali, floreali e agrumate dello chardonnay, perfettamente fuse. All’assaggio si esaltano pulizia e tensione per un vino che ha la malolattica non svolta. Un impatto quasi astringente che vira verso la sapidità. Rispetto ai precedenti è ancora in fase di pieno sviluppo, più indietro nel percorso evolutivo.

Blanc de Noirs

100% pinot noir

Non millesimato realizzato con metodo della réserve pérpetuelle. Selezione dalle parcelle più vecchie delle storiche vigne di famiglia a Sacy. Anche in questo caso malolattica parziale. Componente fruttata presente ma non prorompente, accompagnata da una sottile e intrigante spaziatura. Percepibile anche un tocco vinoso, tipico del vitigno. All’esame gusto-olfattivo apertura fruttata e poi spinta acida. Chiusura con una perfetta pulizia.

Blanc Pur Chardonnay Anna T.

100% chardonnay

Un blanc de blancs in terra di pinot noir! Anche in questo caso réserve pérpetuelle, con annata base 2014 e malolattica svolta. Non dosato. Grassezza, vinosità; non ha il carattere dello chardonnay della Côte des Blancs. Legno avvertibile su sottili tostature e speziature dolci. Il frutto strizza l’occhio a suggestioni tropicali. All’assaggio attacco opulento e, nella parte centrale della beva, uno slancio rinfrescante quasi balsamico.

La seconda realtà che incontriamo è Rochet Bocart, oggi rappresentata da Mathilde Bonnevie. Ci troviamo a Vaudemange, uno dei quattro villaggi della Perle Blanche, la zona della Montagne de Reims esposta a est in cui si coltiva chardonnay. Quattro ettari a Vaudemange piantati a chardonnay e un ettaro a Verzy piantato a pinot noir. La famiglia produce Champagne dagli anni ’50. 

Blanc de Noirs

100% pinot noir

Malolattica bloccata, fermentato totalmente in acciaio. Vino della sola raccolta 2015, ma essendo rimasto meno di tre anni sui lieviti, non può rivendicare il millesimo. Sottile all’apertura olfattiva, più sugli agrumi scuri che sul frutto. L’assaggio trasmette energia e pienezza. La materia si nasconde dietro la freschezza. C’è un’importante sensazione minerale, che nei precedenti non era presente. Finezza e tensione.

Con l’ultimo vigneron, la serata volge al termine. Ancora più piccolo, Guillaume Gallois, giovane enologo che nel 2012 va a fare uno stage da Bollinger, per poi rimanervi entrando a far parte del Collége des Œnologues e diventando responsabile della linea del dégorgement, nel 2013 decide di produrre, come récoltant-manipulant, un suo Champagne da due parcelle della tenuta di famiglia. Ci spostiamo decisamente più a sud, nella Côte des Blancs, esattamente a Vertus.

Fût de Chêne 2013

34% pinot noir, 66% chardonnay

Uve raccolte a perfetta maturazione, non dosato e con malolattica parziale. Complessità, maturità e profondità: è un vino con diverse sfaccettature. L’impatto olfattivo richiama opulenza; si avverte anche un agrume quasi candito. La beva rivela una bella tensione e una freschezza quasi inaspettata. Bollicina sottilissima e chiusura sapida.