Consorzio Friuli Colli Orientali e Ramandolo. Sorprendente per vocazione

In collaborazione con il Consorzio Friuli Colli Orientali e Ramandolo, un viaggio all’interno delle denominazioni e dei vini più rappresentativi di questo territorio attraverso un nuovo strumento di conoscenza dei vigneti.

Aurora Trasmondi

Una degustazione a dir poco inusuale messa in scena dal vulcanico Ambassador del territorio vitivinicolo friulano, Matteo Bellotto, ideatore, con il Consorzio Friuli Colli Orientali e Ramandolo, della Tasting Accademy: un luogo di incontro e formazione, pensato per raccontare il vino partendo dalla vigna. In che modo? Attraverso la raccolta ventennale di dati, inerenti al monitoraggio delle uve da un punto di vista climatico, produttivo, fenologico, con relativo tracciamento delle stesse, vendemmia dopo vendemmia: oltre 4000 quelle catalogate (dati liberamente fruibili sul sito www.colliorientali.com). Questa struttura, unica nel suo genere, attraverso l’ausilio di 35 dosatori di vino diversi, offre liberamente la possibilità di potersi avvicinare alle peculiarità di ogni singola zona dei Colli Orientali, e poterne conoscere i sentori specifici, attraverso la comparazione e la degustazione, utilizzando i vini, in questo caso, non come fine ma come veicolo per poter comprendere intimamente un territorio. Come ognuno di noi ha un accento così riconoscibile da dirci da dove proviene, così il vino, capace di leggere, assorbire e raccontare la terra dalla quale provengono le sue uve, nella quale nascono e crescono, con un’esclusiva e irriproducibile identità.

Matteo BellottoEd è da qui che partiremo per raccontarvi la serata: dall’uva, come ambasciatrice di un dato territorio. Un territorio, in questo caso, autenticamente composito e diversificato come le persone che lo abitano: «un piccolo compendio dell’Universo», come lo amava definire Ippolito Nievo.

Il Friuli, seppur rappresenti dal punto di vista vitivinicolo meno del 4% della produzione nazionale, racchiude al suo interno un mondo di straordinaria complessità: il vigneto Friuli conta 28.830 ettari, di cui il 52% piantato a pinot grigio e glera; per il restante 48% vengono coltivate 66 diverse varietà, di cui ben 23 a registro della DOC Friuli Colli Orientali. Ça va sans dire

Da sempre terra di vini, al di là delle conferme socio-economiche della realtà del suo vivere, il Friuli affonda le proprie radici nelle lontane parole di storici greci come Strabone (60 a.C. - 21 d.C.), che ricorda il fragore del suono dei carri carichi di vino destinato oltralpe, o di Erodiano (170 - 240 d.C.), che racconta come i coloni latini contornassero la campagna friulana con nutriti tralci di vite: «accoppiate sono le loro viti, formando un quadro giulivo, tanto da sembrare, quelle terre, adorne di corone frondeggianti». Già allora, Cividale del Friuli, il capoluogo storico del territorio, la ex-Forum Julii, che diede in seguito origine al nome stesso dell’intera regione, costituiva uno dei municipium romani più importanti della zona, l’allora Regio X Venetia et Histria.

La denominazione in questione si estende nella fascia collinare centro orientale della provincia di Udine, in prossimità del confine sloveno, dalle pendici del Monte Bernadia a nord, fino a Judrio, che segna il confine tra le province di Udine e Gorizia, ovvero tra i Colli Orientali e il Collio: zone ben distinte e separate dal punto di vista vitivinicolo e non solo.

I Colli Orientali sono un vero e proprio mosaico e comprendono al loro interno ben tre delle quattro DOCG della regione: Friuli Colli Orientali Picolit, a est di Udine, da Tarcento a San Giovanni al Natisone, Rosazzo e Ramandolo, anch’esse comprese nella provincia del capoluogo, l’una a nord tra Corno di Rosazzo e San Giovanni al Natisone, l’altra a sud tra Nimis e Tarcento. Ben cinque le sottozone: Cialla e Schioppettino di Prepotto che condividono il comune citato, Pignolo e Ribolla Gialla di Rosazzo, a cavallo tra San Giovanni al Natisone e Corno di Rosazzo, e Refosco di Faedis che comprende il comune omonimo, estendendosi da Tarcento a Povoletto.

Ma entriamo nel dettaglio di questi territori lasciando parlare l’uva, depositaria di verità oggettive: porgiamo l’orecchio al suo racconto con attenzione, alla sua storia, sempre diversa, vendemmia dopo vendemmia… in silenzio.

La degustazione

Friuli Colli Orientali DOC Friulano Nexus 2020 - Valchiarò
100% friulano - Sistema di allevamento: Guyot - Affinamento in acciaio inox
Il friulano, o meglio il tocai, soprassedendo sullo “psicodramma” vissuto in regione, e a ragione, dal cambio di nome dovuto alla discussa origine dello stesso, è senza dubbio il vitigno più amato e identitario del Friuli. «Cul Tocai a sparssinduc’i mai», si usa dire da quelle parti.
Siamo a Pradis, in un fondovalle, e seppur in una conca, è ventilato e con escursioni termiche tali da garantire la nascita di precursori aromatici importanti. Terra di acacia e sambuco. A differenza della strepitosa annata 2021, la 2020 in alcune zone è stata particolarmente complessa a causa della copiosa e intermittente piovosità di fine agosto, che in molti casi ha costretto alcuni produttori a raccogliere l’uva prematuramente per neutralizzare il profilarsi di marcescenze in pianta. È un friulano che racconta schiettamente la sua terra, soprattutto nel lungo finale e nella sapidità che favorisce la salivazione e invoglia alla beva. Ma da dove proviene questa sapidità? La concentrazione dei sali minerali arriva dal Paleogene, 56 milioni di anni or sono, quando il Friuli era sotto il livello del mare: nel tempo, frane sottomarine e conseguenti correnti di torbida, hanno dato vita a un’alternanza stratificata di marna e arenaria, il cosiddetto flysch, ovvero la ponca in friulano. Non a caso, il nome scelto per il vino, dal latino Nexus, significa appunto intreccio, in questo caso di sottosuoli e microclimi diversi. La terra, in queste zone, è fragile e ricca di carbonato di calcio, facilmente erodibile, drena l’acqua e si sgretola frammentandosi in scaglie sempre più piccole; e la vite cosa fa? Scava, tanto più che parliamo di piante che hanno dai 35 ai 60 anni di età, con una resa molto bassa.
Paglierino quasi scintillante, nel calice è dritto, con un’alta acidità e un pH basso, sapido con effluvi di agrumi e frutta tropicale, fiori d’arancio, mughetto e una nota spiccatamente amara in chiusura con il suo tipico sentore di mandorla.

Friuli Colli Orientali DOC Sauvignon Blanc Genesis 2019 – Valentino Butussi
100% sauvignon blanc - Sistema di allevamento: Cappuccina - Affinamento per il 15% in botti di rovere, 12 mesi in bottiglia
Il sauvignon ha una storia importantissima in Friuli, soprattutto nella zona dei Colli Orientali e del Collio. Siamo intorno al 1862, e come vi sia giunto lo si deve alla sagacia di un conte esperto viticoltore, Theodor de La Tour, promesso sposo della contessa goriziana Zàhony di Aquileia che, avendo ricevuto in dote una villa con terreno annesso a Capriva del Friuli (l’attuale Villa Russiz), decise di importare delle barbatelle di vari vitigni francesi come il sauvignon appunto, merlot e pinot grigio tra gli altri, nascondendoli in grandi mazzi di fiori destinati alla futura moglie, riuscendo così a eludere i severi divieti dell’epoca. Il vitigno francese trova qui un’autentica nuova casa, e proprio a Rauscedo nasce il clone che rivela la specificità di questa varietà in rapporto al territorio: l’R3, un mix di pirazine che conferiscono profumi erbacei molto persistenti di peperone e foglia di pomodoro su tutti, e tioli, che invece virano su sentori di frutta tropicale, pompelmo, bosso.
Siamo a Prà di Corte, Corno di Rosazzo, annata 2019: da un punto di vista climatico, perfetta. Le uve provengono da una singola particella di vigneto (in friulano peĉăl) con un’età di circa 40 anni, e cresce in una conca circondata da boschi, tra due colline rialzate, una sorta d’imbuto dove si incanalano le correnti fredde discendenti dalle Alpi, favorendo un’escursione termica tra il giorno e la notte di circa 20 °C, tra le più alte di tutti i Colli Orientali. Da qui precursori aromatici potenti, anche se modulati dall’uso del legno; su tutti spiccano le note balsamiche, salvia e rosmarino.
Giallo paglierino con riflessi lievemente verdognoli, segue al naso un nitido fiore di sambuco, bosso, sandalo, e dolci note fruttate esotiche di litchi e pesca bianca. Freschezza e vena minerale importante, che si accende e progredisce in bocca, fino a raggiungere un finale lungo e persistente che suggerisce un potenziale evolutivo non indifferente.

I viniFriuli Colli Orientali DOC Bianco Identità 2020 – Specogna
70% friulano, 15% malvasia istriana, 15% ribolla – Sistema di allevamento: Cappuccina e Guyot - Affinamento: 12 mesi sui lieviti e in bottiglia
Siamo sui pendii della Rocca Bernarda, nella parte meridionale dei Colli Orientali, in una sorta di anfiteatro, con esposizioni e microclimi ideali e diversi tra loro. Molto basse le rese. Per averne un’idea: il disciplinare qui consente una resa di 110 q/ha, ma nella zona è mediamente di 73 q/ha, e in questo caso specifico è inferiore ai 60 q/ha. Blend di tre grandi autoctoni, identitari come il nome scelto per il vino. Ma perché proprio questi tre vitigni? Il tocai friulano ha corpo ma poca acidità; entra quindi in gioco la freschezza della ribolla e la pulizia in bocca che ne consegue e, in ultimo, la semi-aromaticità della malvasia istriana che, a differenza delle sue consorelle italiche, in questa zona è più sapida, ricca, concentrata, salina. Dove non arriva uno, arriva l’altro a sostenerlo, dando vita a un’armonica e unione.
Rispetto al Sauvignon, nell’ampiezza e nella profondità, si avverte la spinta della maggiore altitudine dei vigneti. Giallo intenso con riflessi verdognoli, si apre con spiccate note speziate, su tutte un pungente pepe bianco che torna instancabilmente alternandosi alla dolcezza del frutto esotico e della polpa bianca. Lievemente agrumato, mallo di noce, salvia, e un retrogusto ammandorlato persistente. Caldo, di grande struttura e armonica complessità.

Friuli Colli Orientali DOC Schioppettino di Prepotto 2018 – Grillo Iole
100% schioppettino – Sistema di allevamento: Guyot – Affinamento: acciaio, 18 mesi tonneau
Territorio notoriamente “bianchista” per condizioni climatiche, ad oggi in Friuli vengono prodotti vini bianchi per l’85% e rossi per il 15%, proporzioni mantenute anche nei Colli Orientali. Ci spostiamo nel cuore della denominazione, ad Albana, vicino al confine sloveno, nella zona di Prepotto, l’indiscusso regno dello schioppettino, o ribolla nera che dir si voglia. È una piccola area, una sottozona dal terroir unico, caratterizzato dalla famosa ponca, che conferisce a questo vitigno un’eccezionale intensità aromatica, una marcata nota minerale e una pronunciata sapidità gustativa: «un solitario senza macchia», come lo definì Mario Soldati nel suo Vino al vino.
L’annata 2018 è stata tendenzialmente calda, ma quel territorio è ben ventilato, fresco, e ha permesso una raccolta particolarmente generosa anche se le rese sono state comunque inferiori ai 70 q/ha, massima resa consentita da disciplinare. Lo schioppettino è un vitigno ricco di rotundone, la principale molecola responsabile dell’aroma di pepe nero, che gli conferisce una precisa nota identitaria speziata, che si completa in modo avvolgente, con sentori di chiodi di garofano, anice stellato e cannella.
Rubino intenso, complesso al naso: alterna i rotondi aromi speziati di cui sopra, a energiche note fruttate di marasca, lasciando spazio, senza prevaricarla, a una dolce e delicata violetta, per poi tornare su toni speziati in chiusura: è stratificato come il terreno in cui cresce. Elegante, fresco e versatile. Non a caso alcuni produttori si avventurano e ambiscono a farne il Pinot Nero del Friuli, puntando su un potenziale, forse, sinora non del tutto espresso.

Lo schioppettino, oggi, è un vanto della viticoltura friulana, e pensare che poco meno di cinquant’anni fa ha rischiato concretamente l’estinzione. Messo al bando da una delibera della Comunità Europea del 1976 che ne vietava l’impianto, poiché non riconosciuto dai disciplinari della DOC, la coltivazione ne era di fatto diventata fuorilegge. Fu solo grazie all’unione di intenti, forze, e genio altresì, che si riuscì a salvarlo. Per poter tentare di ottenerne il riconoscimento ufficiale era necessario accendere i riflettori sull’annosa questione, a livello istituzionale. Ecco che la nota famiglia Nonino, con il prezioso sostegno di Luigi Veronelli nonché dell’enologo Walter Filiputti, istituirono il premio in denaro, Risit d’Aur, ovvero “barbatella d’oro” che portò non solo a raggiungere l’intento, ma aprì le porte anche a uno stile rivoluzionario sia nella vinificazione che nell’affinamento, con il primo tentativo dell’uso della barrique in Friuli. Storia che trova il suo più che meritato lieto fine nel 2008, con il riconoscimento della sottozona Schioppettino di Prepotto.

Friuli Colli Orientali DOC Refosco di Faedis Riserva 2016 – Ronc dai Luchis
100% refosco nostrano - Sistema di allevamento: Cordone Speronato – Affinamento: 24 mesi tonneau, 12 mesi in bottiglia
Altra piccola sottozona, Faedis, a nord di Cividale: siamo nell’ultima parte di collina, con boschi da un lato e un’esposizione perfetta con il sole che vi completa il giro a 360°. E altro vitigno, il refosco nostrano, che qui è stato reimpiantato utilizzando i tralci di alcune vigne centenarie ancora in vita. In particolare, il Refosco in degustazione è stato ottenuto da un assemblaggio di uve provenienti da vigne di circa ottant’anni e le restanti di almeno trenta, insolitamente coltivate a cordone speronato e con una resa bassissima che non supera i 40 q/ha. Una denominazione, per una sola tipologia di vino, interpretata da una giovane associazione di 16 produttori che imbottigliano facendo fronte comune, ovvero utilizzando la medesima etichetta anteriore: un’aquila dorata in volo, antico simbolo dell’identità friulana. Un’etichetta, un territorio. 2016. Annata caldissima, la più calda dopo la 2003, simile alla 2015, ma più equilibrata e certamente fantastica per i rossi.
Violaceo intenso, con un profilo olfattivo schietto, si apre dapprima con note floreali di violetta e rosa canina, pot-pourri, per poi arricchirsi di frutti di bosco scuri e maturi in pianta, sottobosco, terra bagnata, caffè. In bocca è asciutto, con una trama tannica evidente, pieno, caldo e di buona consistenza, con una chiusura sapida e una spalla acida che dichiara, più che suggerisce, un notevole potenziale evolutivo.

Ramandolo DOCG Il Roncat 2017 – Dri
100% verduzzo friulano – Sistema di allevamento Guyot – Affinamento: 12 mesi in barrique
Siamo sulla ripida collina del Roncat, alle spalle il Monte Bernadia in località Ramandolo, una culla per la coltivazione del verduzzo, dove qui incarna una vera e propria eccellenza, dando vita a un vino da dessert tra i più interessanti d’Italia. Certamente, insieme alla ribolla e al refosco, il vitigno più rappresentativo del Friuli.
Annata 2017: fruttuosa ma difficilissima a causa del persistere della piovosità che, da fine agosto a settembre inoltrato, ha imperversato su quel territorio. Una vendemmia in cui è il produttore a fare la differenza, calibrando il colpo su colpo. Essendo stata, però, un’annata calda, in una zona poco ventosa, si è creato il microclima perfetto per la formazione della muffa nobile. Nel caso specifico, l’uva non è stata fatta appassire, ma solo surmaturare in pianta, per poi affinarla in barrique così da mantenere l’acidità e, soprattutto, mantenere vivo il tannino che riempie la bocca e la pulisce a ogni sorso.
Giallo oro intenso, scorza di agrumi canditi immediatamente percettibile, cedro e arancia su tutti, frutta secca, caramello e vaniglia. L’entrata in bocca è avvolgente, piena. Vellutato e sapido, equilibrato, che non stanca, ma, anzi, rinvita alla beva.
L’eclettico relatore della serata, Matteo Bellotto, consiglia di provarlo con una gricia o una carbonara. Una provocazione? Abbinamento improbabile? Ne siete davvero sicuri? Pensateci… Potreste sorprendervi!