Futurismo e vino: il domani è adesso – Parte Prima

Racconti dalle delegazioni
11 dicembre 2019

Futurismo e vino: il domani è adesso – Parte Prima

Una serata fra le più belle della stagione di AIS Milano, con la guida di Armando Castagno nella duplice veste di storico dell’Arte e relatore AIS, ha visto il vino giocare da comprimario accompagnando le molteplici e sorprendenti declinazioni del Futurismo.

Sara Missaglia

Questo è un articolo futurista: iniziamo pertanto dai saluti finali, dagli applausi a uno straordinario Armando Castagno, dagli occhi lucidi ed emozionati dei partecipanti, dalla poca voglia di tornare a casa al termine della serata. Scardinare gli schemi, vivere momenti dove i punti di vista sono diversi, essere dentro l’evento e sentirsi parte del movimento, della scena. Il credo futurista permea le nostre anime sin dall’inizio del racconto di Armando. La sua sostanziale imprevedibilità, la sua visione profetica e il ritmo dinamico ci rendono ostaggi privilegiati della velocità di un pensiero lontano da qualunque forma di svenevolezza, di nostalgia e di romanticismo.

Il Futurismo è il primo movimento di “vera” avanguardia in Europa: è la letteratura a far girare la chiave per la partenza di questa corrente di rottura, che via via spazierà verso tutti gli ambiti della vita. Il mantra è sfondare le porte dell’impossibile e, attraverso i Manifesti, poeti, pittori, architetti, musicisti, politici e cuochi enunciano i punti programmatici di un pensiero che diventa subito “fare”. Nulla e nessuno sono esclusi dal kaos della vita, che è rissa, gioco, provocazione, mentre il movimento artistico si dilata e dilaga nella vita quotidiana. Se il Cubismo celebra il passato e il presente, il Futurismo guarda all’oggi e al futuro. Si supera il Divisionismo e inizia una nuova stagione dell’arte: Segantini, Previati, Pelizza da Volpedo sono - e restano - i padri artistici, ma vengono messi in soffitta e, con loro, quella tendenza retorica e a tratti nostalgica che caratterizza le loro opere.

L’uomo moderno vive nella dimensione della velocità, all’interno di un ambiente urbano che dà vita a un nuovo modo di viaggiare e di comunicare: treni, auto e aerei tra abitazioni verticalizzate, ciminiere industriali, primordiali grattacieli; musica e parole attraverso radio e telegrafo.

Antonio Sant’Elia, straordinario architetto del movimento futurista che morirà giovanissimo durante la Prima Guerra Mondiale, ci ha lasciato disegni di una città moderna che è ben oltre l’immaginazione. La fantascienza di Blade Runner sembra nulla al confronto: cambia la società e cambiano i luoghi dove abitare. Palazzi, ponti sospesi, vetrate e tetti che sfiorano il cielo, in una nuova densità abitativa che è mescolanza e vicinanza. Sant’Elia progettava città ideali, città del futuro che hanno una coerenza stilistica impressionante e prefigurano il domani: sono progetti innovativi, che prevedono al di sotto degli edifici multipiano la presenza di treni e tram, collegati agli aeroporti. Velocità, connessione, onde, moto, dinamica: vettori di energia e di anime.

Filippo Tommaso Marinetti: una laurea in giurisprudenza archiviata (conseguita a Genova nel 1899), per dedicarsi alla poesia; Balla, il decano dei pittori futuristi (nacque a Torino nel 1871) che avrà la straordinaria opportunità di coagulare intorno a sé capacità artistiche uniche e irripetibili. Con loro Boccioni, Russolo, Severini, Carrà, che firmeranno il Manifesto del Futurismopubblicato nel 1909 su Le Figaro, declinato in 11 punti programmatici (numero considerato portafortuna ma anche indice di rivelazione, ribellione, rinnovamento). Fu scritto di getto, probabilmente dallo stesso Marinetti, il giorno successivo a un incidente stradale da cui uscì illeso: toccare con mano la morte lo rese capace di una chiamata alle armi dei propri compagni di viaggio per la creazione di una nuova corrente, in piena discontinuità con il passato accademico.

«Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia»

Il movimento è febbrile, eccitante e incendiario. Inizialmente ignorato in patria, diventò virale soprattutto in Francia e divenne contagioso per ogni aspetto non solo dell’arte ma della stessa vita. In seguito si avranno diversi Manifesti: della poesia, della pittura, della moda, della cucina, del cinema.


Esiste anche un Manifesto della Politica che venne pubblicato solo dopo il 1918: Marinetti prometterà la fondazione in un partito futurista che, tuttavia, non venne mai costituito. Armando chiarisce che non fu il Futurismo a essere fascista, bensì il contrario. Il Futurismo, come movimento artistico, anticipa infatti di molti anni l’avvento del fascismo, e molte delle idee di cui è portavoce ne sottolineano ampiamente le distanze. Nel Manifesto politico si parla di divorzio, di libertà di sciopero, stampa e riunione, di abolizione della polizia politica, di esercito di professionisti, di parificazione tra uomini e donne sul lavoro, di tutela dei lavoratori con il limite delle 8 ore di lavoro al giorno, di pensioni operaie e di riforma della burocrazia con l’abolizione dell’anzianità di servizio nella pubblica amministrazione.

Anche i rapporti del Futurismo con la guerra sono stati spesso interpretati non correttamente: l’idea che i futuristi avevano della guerra, definita “sola igiene del mondo” si riferiva in realtà alla lotta per l’indipendenza dei popoli. I futuristi non avevano ancora conosciuto e mai avrebbero immaginato gli orrori della Prima e della Seconda Guerra Mondiale: né guerra di trincea, né campi di concentramento. La guerra che i futuristi hanno in mente è intrisa di azioni cavalleresche assimilabili al duello, ricordo ottocentesco.