Futurismo e vino: il domani è adesso – Parte Seconda

Racconti dalle delegazioni
12 dicembre 2019

Futurismo e vino: il domani è adesso – Parte Seconda

Non solo poesia o letteratura. Come il vino, il Futurismo è inclusione: allagare e dilagare, tra pensieri e il quotidiano. Filosofie che sono al tempo stesso credo e comportamenti agiti. Futurismo State of Mind and Life.

Sara Missaglia

I dipinti di Balla che scorrono alle spalle di Armando sono quanto di più lontano ci sia dalla retorica pittorica dell’800, in una dimensione psicologica e fisica sospesa tra dinamismo e velocità. Dinamismo di un cane al guinzaglio, La ragazza che corre sul balcone, Futurballa, Espansione dinamica + velocità sono solo alcune delle opere che, letteralmente, ci portano via. A nostra volta siamo e diventiamo vettori di movimento: la sinestesia tra ieri e oggi, statica e dinamica, monocromo ed esplosione di colori, linee curve e forme geometriche, amplificano l’instancabilità del movimento.

I funerali dell’anarchico Galli del 1911, l’Omaggio a Bètuda futurista del 1915, le sperimentazioni con la tecnica del collage di Carrà sono decisive e seminali di tanta riflessione per l’intero Novecento. Come i dipinti di Severini dedicati ai treni, alle espansioni sferiche, alle zone di guerra, che altro non sono che espressioni di una vita che è modernità e movimento. O ancora le sculture futuriste di Boccioni come Forme uniche della continuità nello spazio del 1913, dove la figura stessa corre nello spazio e lo modifica: il soggetto ne diventa parte e carne, totalmente integrato nell’immagine sino a perdere identità e riconoscibilità, ad annullarsi, a vaporizzarsi.

Mentre l’opera cubista è statica anche se multifocale, identificando il soggetto e contemplandolo, con uno sguardo tuttavia fermo all’800, l’opera futurista è invece azione, possesso, mai nostalgia, ma qualcosa che si esperisce in tempo reale. Il punto di vista che giustifica il movimento è lo spettatore stesso, parte integrante dell’opera: la soggettività dello spettatore dà il senso stesso a ciò che l’artista fa.

La poesia futurista inventa la rivoluzione tipografica; la poesia diventa suono, musica, verso: onomatopee, allitterazioni, parole nuove prive di significato. Il diktat è dimenticare il passato, per parlare di innovazione, velocità, bombe e guerra. Il poeta Omero Vecchi aderisce con entusiasmo al futurismo, sceglie come pseudonimo Luciano Folgore e pubblica libri di poesia come «Fiammeggiando l'aurora» o «Il canto dei motori» aderendo ai temi tipici trattati dal gruppo. Marinetti dà alle stampe «Uccidiamo il chiaro di luna!» in cui si legge: «Turbini di polvere aggressiva; accecante fusione di zolfo, di potassa e di silicati per le vetrate dell'Ideale!... Fusione d'un nuovo globo solare che presto vedremo risplendere». E quando d’Annunzio conia per lui l’insulto personalizzato di “Cretino Fluorescente”, l’ispiratore ne fa un vanto: spregiudicato e provocatorio.

Esiste il cinema futurista dei fratelli Bragaglia, esiste un design futurista applicabile agli oggetti di tutti i giorni se prodotti in serie. Fortunato Depero fonda la casa d’arte futurista dove paralumi, paraventi, giocattoli per bambini, presine, indumenti prendono vita e forma. La potenza del design di Depero, precursore pubblicitario per le innumerevoli collaborazioni con la Campari, influenzerà il progetto iniziale del Chrysler Building, il grattacielo in stile art déco di New York. William Van Alen, incaricato del progetto di quello che sarebbe stato l’edificio più alto della città, modificherà la cupola, inizialmente bizantineggiante, in un inno alla verticalizzazione e alle linee di Depero, dopo aver visto la sua mostra nella Grande Mela.

Esiste anche una moda futurista che esprime geometrie e continuità tra tessuto e dinamismo: abiti da uomo, bozzetti per foulard, persino l’invenzione nel 1920 – ad opera di Ernesto Michaelles - della tuta (che in origine si chiamava tutta), un indumento nuovo e moderno ottenuto da un unico pezzo di stoffa. E prende piede anche una musica futurista, che trova in Luigi Russolo il suo cerimoniere che inventa lo scoppiatore e l’Intonarumori, perché la musica fa rumore e il suono è fatto dall’insieme di tanti rumori e il suo ripetersi rapido può dare una sensazione di continuità pari a quella del suono, in una applicazione costante della dissonanza. Il rumore è dunque elemento integrante della musica: il futurismo esalta il fragore notturno degli arsenali, dell’industria. Il rombo assordante è un elemento fondamentale della civiltà moderna, la vera colonna sonora di una vita nuova intrisa di innovazione tecnologica.

Infine la cucina futurista che si scaglia contro la pasta ed elabora ricette e protocolli per le tavole degli artisti e dell’uomo moderno. Il cardine psicologico e filosofico è la sinestesia, con la messa in campo di tutti i sensi: tatto, udito, olfatto, vista e gusto. Santopalato a Torino fu il ristorante che fece la storia, e Fillia (pseudonimo di Luigi Colombo) il padre della cucina futurista: promossero l’esperienza del mangiare a tutto tondo, dalla composizione dei piatti alla musica di sottofondo rappresentata dall’assordante rombo del motore di un aeroplano. Invertito è l’ordine delle portate: si inizia con il caffè mentre l’aperitivo è alla fine. Il cibo e l’impiattamento sono multi-stimolo, così come il naming scardina il comune rapporto le pietanze: uova divorziate, Aerovivanda, Pollofiat (al cui interno ci sono parti in metallo), Svegliastomaco, Porco eccitato (salame e caffè mescolato con acqua di colonia), per citarne solo alcuni.

I vini in degustazione, scelti personalmente da Armando, sono figli di un modo diverso di vivere vigna e cantina: sono saette sferzanti, per freschezza, acidità, verticalità. 

L’Albana di Stefano Gabellini (Albana di Romagna DOCG Frangipane 2019 - Tenuta La Viola) ottenuto da vigne di 16 anni, fermenta in acciaio ed è un vino dinamico dall’impatto quasi travolgente che ricorda un sorbetto all’arancia. Vibrazioni agrumate molto veloci, rapidissime, verticali e a tratti metalliche. Sensazioni al palato sono quasi glaciali, dal “colore” verdeacqua.


I vini della serata

Il secondo vino è il Rossese di Dolceacqua Brae 2018 - Maccario: il calore leggero e trasparente della vigna Brae, che si trova a un’altitudine di 500 metri s.l.m., incontra il cristallo puro di ghiaccio. Sinestesia enologica di solo acciaio profumata e delicata, facile da bere, sottile.

Il vino che segue è un Refosco della Slovenia: Krasko Rdece 2013 - Darko Derenda. Presenta una gradazione alcolica contenuta (10,98%), ma è fortemente acido (acidità 8,48 g/L con un pH pari a 2,90): è minerale, spigoloso, acuto. È sibilo e tensione, elettricità e vibrazione: scintilla sul fondo del palato, vigoria sferzante, sveglia dell’anima.

Il quarto vino è un campione da vasca che merita un applauso convinto: Ottobre Rosso 2018 di Tenuta Fauri, opera d’arte dei figli di Luigi Di Camillo: una bellissima ipotesi dinamica del Montepulciano d’Abruzzo. In genere i vini di questo areale sono più statici, più materici: il nostro calice è invece saettante, dal colore intenso e vivo. Non fa legno ma solo cemento ed è un’autentica espressione futurista.

Come in un moderno quadro di aeropittura futurista, Armando Castagno questa sera ci ha fatto volare. Vedere ciò che ci circonda dall’alto non solo cambia la prospettiva, ma modifica il nostro mindset: la sala dell’Hotel Westin Palace è un moderno aeroporto e gli appalusi, che sembrano non cessare mai, sono un inno alla cultura vera e vissuta, non solo del vino.

Turbine e saetta e battaglia: i vincitori siamo noi! Grazie Armando.