L’Etna verace di Massimiliano Calabretta

Racconti dalle delegazioni
21 febbraio 2019

L’Etna verace di Massimiliano Calabretta

Un genovese trapiantato in Sicilia (o viceversa?) presentato da un giovane valdostano. Massimiliano Calabretta - con alcuni dei suoi vini - e Altai Garin, giovane degustatore di AIS Milano, hanno dato vita a un appassionato dibattito sull’espressività del nerello mascalese e sul futuro del “fenomeno” Etna che negli ultimi anni ha conquistato molti consumatori, non solo italiani.

Davide Gilioli

«Se vuoi essere unico, devi essere differente»: questo è il motto che campeggia sul sito internet dell’Azienda Agricola Calabretta, proiettato sul maxi schermo della sala del Westin Palace Hotel allestita con un piccolo palco che ospiterà i due protagonisti della serata: il produttore e il degustatore/intervistatore.

Massimiliano rappresenta la quarta generazione della famiglia Calabretta, che già dagli inizi del Novecento coltivava vigne a Randazzo (CT), versante nord dell’Etna. Nel mezzo, la gestione di attività commerciali in Liguria che lo vede crescere a Genova (dove attualmente vive, come tradisce il suo accento tutt’altro che siculo), ma con una passione nel cuore per la terra e per la vigna che lo lega a doppio filo con i nonni paterni, Salvatore e Concetta, e il padre Massimo, spingendolo a continui viaggi di ritorno verso i vigneti di famiglia.
Il relatore

La prima domanda che Altai Garin gli rivolge è proprio questa: «Quali sono le peculiarità del nerello mascalese - vitigno principe del vulcano - e cosa è necessario fare per sfruttare appieno l’interesse crescente del mondo enoico verso questa zona produttiva, evitando l’errore di cadere preda di “mode passeggere”?» La filosofia produttiva di Massimiliano e di suo padre è sempre stata - da quando a metà anni Novanta hanno ripreso in mano le vigne per farne l’attività principale di famiglia -, quella di produrre intervenendo il meno possibile in cantina e lasciando esprimere al territorio tutte le proprie potenzialità. Una risposta solo a metà che si completa lasciando ampio spazio alla degustazione dei vini, individuando per ognuno due elementi descrittivi predominanti, uno per l’esame olfattivo e l’altro per quello gusto-olfattivo.

Vigne Vecchie 2017 (C.da Calderara, Randazzo, vigne di filari ad alberello): campione da botte di un vino che necessita di lunghi affinamenti in botte grande da 75 hl (la messa in commercio è prevista nel 2025). Sottile veste rubino trasparente, riempie il naso di amarene e more di gelso fresche; subentrano poi note più affumicate e balsamiche, di braci spente, incenso ed eucalipto. L'assaggio esibisce fendenti di acidità e tannini ancora ruggenti, contornati da ciliegie sotto spirito e un lungo finale di caramella al rabarbaro e sale, leggermente amaro. CENERE e SALE.

Nonna Concetta 2017 (C.da Feudo di Mezzo, Passopisciaro, alberelli sparsi): altro campione da botte (barriques esauste), destinato all’imbottigliamento ad aprile 2019. Il colore è granato pieno, confermato da un naso più scuro e profondo, di mirtilli in confettura, legni orientali e note terrose di sottobosco. Bocca pungente di spezie nere e sale, mostra un’acidità più integrata e un lungo finale di prugna in confettura. HUMUS e PEPE.

Contrada dei Centenari 2017 (C.da Montedolce, Solicchiata): vino appena imbottigliato dopo circa un anno di barriques esauste. Il colore è granato fitto, con un naso pungente e affumicato, di polvere da sparo, su un fondo di ciliegia rossa frammista a cannella e liquirizia. Bocca scarna ed essenziale nella sua vena fresco-sapida, inizia in sordina su toni speziati che tendono a nascondere il frutto rosso, per poi schiudersi su un lunghissimo ed elegante finale di liquirizia nera e radici. POLVERE DA SPARO e LIQUIRIZIA.

Nerello Cappuccio 2017: da vigne di 7/10 anni. Veste di un rubino cupo, screziata di riflessi purpurei. All’olfatto si presenta vinoso, scuro, con note che mescolano il floreale e l’erbaceo. Tra viola, geranio ed erba appena falciata, pulsano sussulti di china e grafite. Il sorso stupisce per la pulizia e la golosa semplicità: frutto nero maturo e succoso. INCHIOSTRO e MIRTILLI.

Pinot Nero 2017 (C.da Battisti, Zocconero): da vigne di 7/10 anni poste a 900 m s.l.m., in posizione soggetta a forte ventilazione, dove il nerello mascalese non maturerebbe. Rubino trasparente, si presenta con note di more di rovo e macchia mediterranea, pepe nero con un lieve fondo affumicato di incensi. Ottima la corrispondenza naso-bocca, dove un’inaspettata nota tannica fa capolino unendosi a una spina dorsale di vibrante freschezza, prima di guidare a un lungo finale fruttato che tende al rosso. MIRTO e CILIEGIE.

Vigne Vecchie 2014: rosso granato trasparente, rimanda immediatamente a sensazioni di confettura di amarene, cui seguono decisi richiami speziati che oscillano tra noce moscata, chiodi di garofano, liquirizia e cannella. Il sorso appare più seduto e concentrato, forse ancora un po’ chiuso a livello espressivo. Emerge una maggiore potenza alcolica, rinfrescata sul finale da una scia agrumata scura. CANNELLA e TAMARINDO.

Vigne Vecchie 2010: granato scarico con riflessi che virano verso il mattone. Naso etereo, che sussurra delicatamente di viola e rosa appassite, una punta di ciliegia sotto spirito, prima di liberare i terziari: tabacco in foglie ma soprattutto una decisa suggestione di pellame nuovo. Bocca viva e pungente di acidità, che facilita una beva scorrevole e compulsiva, supportata da un dissetante finale di scorza di agrumi. CUOIO e ARANCIA ROSSA.

Tra un vino e l’altro, il dibattito prosegue, incalzato anche dalle domande e dagli interventi dei presenti in sala. Massimiliano Calabretta e Altai Garin ci congedano con tanti dubbi su quali sia la cifra stilistica del nerello mascalese sull’Etna, ma donandoci al contempo una solida certezza: le condizioni pedoclimatiche e la composizione dei terreni sono talmente variegate che forse non vale la pena di cercare di categorizzare zone e annate. Basta chiudere gli occhi e lasciarsi andare tra le braccia de “A’ Muntagna”: il risultato sarà sempre in grado di stupirci - in positivo - a ogni calice.