Tesori nascosti della Borgogna classica

Una grande serata dedicata alla riscoperta di un territorio leggendario per ogni appassionato ma sempre in grado di regalare nuove e straordinarie emozioni, a patto di avere una guida autorevole come Armando Castagno, fra i più conosciuti e rinomati esperti della Borgogna e dei suoi vini, che il 25 settembre ci ha condotto nella degustazione di otto “tesori nascosti” di questa splendida regione.    

Stefano Vanzù

Borgogna significa ormai da tempo vini di prestigio prodotti volutamente in basse quantità e destinati sempre più a ricchi mercati extra-europei, che possono permettersi di pagare cifre importanti sia per etichette prestigiose e conosciutissime sia per bottiglie meno famose ma comunque di elevata qualità.

Qualità che in Borgogna si realizza curando le viti in maniera quasi maniacale, ottenendo così dei grappoli dove la maturità del frutto viene accuratamente controllata per arrivare ad un prodotto, ci riferiamo in particolare a vini rossi, di straordinario equilibrio pur avendo pochissimo estratto e tannini delicati.

Armando Castagno definisce il rosso di Borgogna un vino fragile, “una voce flebile nel concerto del vino nel mondo” e proprio per questo motivo la nostra degustazione inizierà dai vini rossi per passare successivamente ai bianchi, più aggressivi e decisi dei rossi.

La Borgogna è famosa nel mondo per i suoi vini bianchi da uve chardonnay e rossi da pinot nero, vitigni autoctoni di questa regione, vini che sono da sempre considerati come modelli di riferimento per le altre regioni in cui si fanno vini con le stesse uve.

La geografia ci dice che la Borgogna si trova nella parte centro-orientale della Francia ed è uno dei luoghi più a nord del mondo in cui si producono vini rossi. Sia lo chardonnay che il pinot nero danno i migliori risultati in climi freschi come quello della Borgogna, anche se oggi si inizia a risentire dell’influenza del riscaldamento globale, tant’è vero che vini un tempo ritenuti poco pregiati come i Saint-Romain della Côte de Beaune (dove vi sono zone un tempo molto fredde nelle quali l’uva maturava tardi) sono stati rivalutati poiché le temperature medie più alte hanno portato alla produzione di vini più equilibrati che in passato.

Partendo da Digione, capoluogo della regione, incontriamo a sud la zona più famosa di questo territorio, la Côte d’Or (“dorsale d’oro”), una striscia lunga circa 52 km e larga fra i 2,5 ed i 5 km con le vigne esposte ad est: protette in questo modo dai venti freddi provenienti dall’ovest, le viti crescono su terreni alcalini composti da marne del Giurassico (risalenti a circa 150 milioni di anni fa) e la densità di impianto è molto fitta, pari a circa 12.000 ceppi per ettaro.

La Côte de Nuits è l’area settentrionale della Côte d’Or, famosa per i vini rossi da pinot nero, che qui e in Borgogna era tutelato già dal 1395 quando un editto del Duca di Borgogna Filippo II° l’Ardito impose di piantare nelle vigne più importanti solo pinot nero vietando le uve da lavoro quali il gamay, al tempo molto diffuso in quanto più facile da coltivare e più produttivo del pinot nero.
La zona meridionale della Côte d’Or è la Côte de Beaune: dalle sue vigne esposte a sud-est si ottengono vini bianchi da uve chardonnay, fra i migliori al mondo, e rossi da pinot nero in genere un po’ più robusti dei loro “fratelli” della Côte de Nuits.

Una nota curiosa: i vigneti più prestigiosi della Borgogna, quando (molto raramente), vengono messi in vendita spuntano cifre da capogiro: recentemente 7,32 ettari di vigna sono stati pagati la bellezza di 150 milioni di euro!

Vi sono alcune date importanti nella storia del vino in Borgogna:

  • Nel VI° sec. d.C. il vino di Borgogna era già conosciuto nelle comunità religiose
  • Nel XII° secolo Il lavoro dei monaci di Cluny nell’area del Maconnais e Chalonnais, di quelli di Citeaux nell’area della Cote d’Or, lo Chalonnais e Chablis, creò le basi dell'attuale classificazione delle aree più vocate; i Cistercensi non si limitarono a piantare nuove vigne in terre incolte, ma furono anche all’origine anche della propagazione della viticoltura borgognona nell’Europa medievale, in particolare in Germania (Mosella e Reno).
  • Nel 1253 vengono censiti i vigneti nella Côte d’Or
  • È del 1772 il primo libro-guida sui vigneti borgognoni, sotto forma di un diario di viaggio scritto da un Abate nel corso di un suo viaggio in Francia.
  • Nel 1855 viene pubblicato un libro basilare, opera di Jul Lavalle, nel quale vengono inquadrati e classificati tutti i vigneti storici borgognoni.
  • Nel 1935 nasce l’INAO (Institut National de l’Origine et de la Qualité) e nel 1936 viene riconosciuta la prima denominazione di Borgogna, il Morey-Saint-Denis.

Interessante notare che sino al 1906 non esisteva una bottiglia prodotta interamente da un vignaiolo, in quanto l’imbottigliamento, la distribuzione e la commercializzazione dei vini di Borgogna erano in mano ai negociants sin dal lontano 1720: è appunto nel 1906 che nel Domaine Marquis d’Angerville di Volnay vede la luce la prima bottiglia di pinot noir “autoprodotta”.

Come evidenzia Armando Castagno, in Borgogna non conta tanto il vitigno quanto la denominazione ossia il luogo di produzione, che è enormemente tutelato, prova ne sia che l’INAO, dovendo valutare un vigneto (ad esempio per il passaggio in una categoria superiore), indaga - per anni e con estrema “pignoleria” - sulle potenzialità di quel vigneto e non sulle capacità del produttore che lo lavora.
Il sistema di classificazione dei vini della Borgogna è diverso da quelli utilizzati in altre regioni della Francia. Nella Côte d’Or sono previste quattro categorie distinte e dalla base piramidale all'eccellenza assoluta abbiamo:
Vini Borgogna a Denominazione Regionale, o Appellation Regionale che rappresenta il livello base dei vino Borgogna e riporta sull'etichetta la denominazione semplice Bourgogne Rouge per il vino Borgogna rosso e Bourgogne Blanc per il vino bianco della Borgogna. In etichetta si può indicare il vitigno (pinot noir, chardonnay…)
Vini Borgogna a Denominazione Comunale (Appellation Communale) o Villages, il cui nome del vino è tratto dal villaggio di provenienza delle uve e che, per rispettare la denominazione, deve essere prodotto in purezza. In etichetta è vietato indicare il vitigno.

Vini Borgogna Premiere Crus, denominazione per la quale l'etichetta riporta, oltre all'area geografica di provenienza, l'esatto climat, ossia uno specifico appezzamento di vigna ben definito e delineato caratterizzato da precise proprietà organolettiche e minerali del territorio. In etichetta è vietato indicare il vitigno.
Vini Borgogna Grand Crus, il gradino più alto della scala qualitativa che non segue i principi alla base della legislazione dei vini Borgogna, in quanto i Grand Cru Bourgogne sono a sé stanti e non rappresentano in alcun modo le proprietà territoriali dei comuni di appartenenza. In etichetta è vietato indicare il vitigno.

(fonte immagine: Armando Castagno)

In pratica, più la denominazione è precisa e migliore è il vino: si risale ad esempio da Romanée Conti -> Vosne Romanée -> Côte de Nuits -> Bourgogne.
Al termine dell’interessantissima lezione, Armando Castagno ci conduce alla scoperta di otto vini della Borgogna classica, sottolineando che i rossi di Borgogna debbono essere serviti alla temperatura di servizio ottimale di 14 °C.

Armando, che ha selezionato questi vini, li definisce “tesori nascosti”, ovvero vini di qualità eccellente, con costi non modesti ma abbastanza accessibili (siamo in un range dai 20 ai 100 euro a bottiglia) comunque molto lontani dalle cifre proibitive delle bottiglie dei Grand Crus; i prezzi “abbordabili” di questi “tesori nascosti” sono dovuti essenzialmente sia alla polarizzazione storica delle denominazioni (le denominazioni più antiche sono le più care) sia allo scarso potere politico dei proprietari.

1) Marsannay “Trois Terres” Vieilles Vignes 2015 - Domaine Jean Fournier - 14% vol.
La Denominazione Marsannay nasce nel 1985; essendo recente, detiene solo l’Appellation Villages e non ha ancora Premier Crus ma Armando Castagno la definisce una Denominazione del futuro poiché nei prossimi 3-4 anni 10-12 produttori diventeranno Premier Crus e fra questi appunto il Domaine Jean Fournier. L’Azienda, biodinamica certificata Demetra, coltiva tre appezzamenti con viti vecchie di 63, 68 e 63 anni ed il suo vino è frutto dell’assemblaggio delle uve di questi vigneti. Il Trois Terres fa 24 giorni di macerazione sulle bucce con i raspi e infatti al naso spicca una nota evidente di geraniolo che indica proprio che l’uva non è stata diraspata. La solforosa è bassa (38 gr/lt), all’olfatto sentiamo fruttato di ciliegia mentre in bocca è pieno, corposo, pronto e in grado di sopportare con tranquillità 25-30 anni di cantina.

2) Saint-Romain Rouge 2017 - Domaine Alain Gras - 12,5% vol.
Il Domain si trova al termine di una “combe” (una gola) collocata sotto una falesia alta circa 300 mt; il luogo, freddo e ventoso, rende molto tardive le maturazioni di pinot nero e chardonnay apportando ai vini una forte acidità che un tempo li rendeva molto duri mentre oggi, in virtù del cambiamento climatico in atto, si ottengono prodotti più equilibrati. Il Saint-Romain Rouge, che si trova nella carta dei vini di ben 21 Ristoranti stellati francesi, offre al naso sentori di frutta di bosco (ribes rosso, lampone), floreale di ciclamino, speziato di liquirizia dolce, note di incenso e menta. Al palato è fresco e sapido, dotato di ottima acidità e da ben abbinare a tartufo e pollame.

3) Santenay Premier Cru “Les Gravières” 2015 - Domaine Bruno Colin - 13% vol.
Il Domaine ha vigne esposte a sud e trovandosi anche in una zona in cui dal sottosuolo fuoriescono acque termali, risente oggi del problema di poter avere vini troppo alcolici anche se l’indubbia bravura del produttore riesce a scongiurare questo pericolo. All’olfatto avvertiamo la maturazione avanzata con note di prugna, cera d’api e un lieve sentore di cuoio. E’ un vino che in bocca è pieno, con un ritorno di violetta, un vino che esprime sole (più alcol, meno profumi e meno acidità rispetto agli altri pinot noir settentrionali) ed una forte aderenza al suo territorio.

4) Pernand-Vergelesses Premier Cru “Ile des Vergelesses” 2015 - Domaine Chandon de Briailles - 13,5% vol.
Frutto di un’annata eccezionale per la Borgogna, Pernand-Vergelesses Premier Cru “Île des Vergelesses” 2015 del Domaine Chandon de Briailles rivela tutta l’eleganza dei Grand Cru di Borgogna. Pregevole finezza aromatica, spezie, tannino, corpo deciso e grande struttura, “esplode” in bocca quasi con sorpresa poiché al naso si era rivelato delicato non facendo presagire la sua forza. L’espressione del frutto domina al palato, mentre la bocca è magnificamente strutturata da tannini rotondi e setosi.

5) Beaune Premier Cru “Clos de Mouches” 2016 - Domaine Joseph Drouhin - 13% vol.
Domaine fondato nel 1880 e che oggi coltiva 73 ettari a conduzione biologica/biodinamica, possiede i 6,75 ha del Clos de Mouches dal 1923. Armando Castagno ritiene che il Clos de Mouches sia il più grande vino prodotto in Beaune negli ultimi dieci anni e gli attribuisce 96 punti che giustificano sicuramente i circa 100 euro a bottiglia di costo. All’esame olfattivo si avverte arancia rossa, un’evidente nota balsamica, al palato è totalmente corrispondente al naso, dotato di grande corpo e struttura, pienamente equilibrato ed armonico.

Come anticipato dal Relatore, passiamo ora alla degustazione di tre vinio bianchi 100% chardonnay:

6) Auxey-Duresses “Les Crais” 2016 - Domaine Prunier-Bonheur - 13% vol.
Bianco di Borgogna di grande struttura, la cui forza annulla in persistenza il rosso più corposo sino ad ora assaggiato, il Clos de Mouches. Al naso è floreale di fiore bianco, fruttato di agrume giallo, vegetale di foglia di limone. Pur avendo trascorso 13 mesi in botti di legno di 1° passaggio, non evidenzia assolutamente la forte nota di vaniglia che caratterizza quello che Armando Castagno chiama ironicamente il “gusto internazionale” appannaggio degli amanti delle cosiddette “spremute di legno”.

7) Ladoix-Serrigny Premier Cru “Les Gréchons” 2015 - Domaine Michel Mallard - 13% vol.
Il territorio in cui nasce questo Chardonnay è chiamato anche “Petit Charlemagne” avendo lo stesso terreno del più celebre Grand Cru Corton-Charlemagne. L’Appellation è 1er Cru solo per i bianchi mentre resta Villages per i rossi da pinot noir. Les Gréchons è un 1er Cru situato nel comune di Ladoix-Serrigny (punto di congiunzione fra le due famose Côte della Borgogna, la Côte de Beaune e la Côte de Nuits) che deve il suo nome dal termine latino “grava”, che significa “ghiaia”, ad indicare l’elemento caratterizzante del sottosuolo. Meno spigoloso ed acido dell’ Auxey-Duresses “Les Crais” 2016, non ha i tipici aromi varietali dello chardonnay ma note di crema al limone. In bocca è teso, preciso, pulito, complesso e con un’evidente sentore di sale iodato. Armando Castagno lo ritiene più adatto ad accompagnare carni bianche, formaggi francesi e piatti piccanti piuttosto che il pesce.

8) Vougeot Premier Cru “Clos de Prieurè” Monopole 2016 - Domaine de la Vougeraie - 13% vol.
Per i primi 680 anni della sua storia questo vigneto fu curato dai monaci di Cîteaux, che piantarono le viti nel Clos de Vougeot e negli appezzamenti circostanti all'inizio del XII secolo. Oggi gli 0,8258 ha del Clos de Prieurè, esposti ad est, sono condotti dal Domaine de la Vougeraie in modalità biodinamica “steineriana” per dare un vino che Armando Castagno definisce “un sorso di storia”. Un’annata eccellente ha regalato un vino teso, schietto, puro e di lunga persistenza, con un'acidità molto gradevole.

Al termine della serata, un grande applauso da tutti i partecipanti per Armando Castagno, per il Presidente di AIS Lombardia Hosam Eldin Abou Eleyoun e per la Delegazione di Bergamo, la cui collaborazione ha reso possibile questo grande evento.

Roberta Agnelli e Armando Castagno durante la degustazione

Il gruppo della Delegazione di Bergamo con Roberta Agnelli (Delegata), Armando Castagno, il Presidente di AIS Lombardia Hosam Eldin Abou Eleyoun e i Sommelier di servizio