Vitigni Piwi. Una moda? No, una vera e propria sfida

AIS Brescia ha ospitato una serata alla scoperta dei vitigni Piwi, una realtà ancora poco conosciuta (e degustata), nonostante una storia alle spalle lunga più di 150 anni.

Elisa Inselvini

I cosiddetti vini Piwi non sono una moda bensì una via, quella che la moderna viticoltura sta cercando, non senza resistenze, di imboccare. Una via fatta di ricerca, passione e dedizione che accomuna tutti coloro che credono nella possibilità di creare un’opportunità concreta e funzionale per la viticoltura.

E la sfida che ci si prefigge, già in Germania, terra natia di questi vitigni, è quella di creare degli ibridi che possano essere molto più resistenti e meno attaccabili dalle più comuni malattie della vite: peronospora, botrite e oidio.

Dalla loro genesi avvenuta a Friburgo, non è un caso che poi abbiano trovato un terreno fertile nel nord est dell’Italia, in particolare in Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia, territori che condividono con la terra natia il clima freddo e le medesime criticità.

La vera e propria sfida che si prefiggono i Piwi è quella della creazione di ibridi per impollinazione, e che quindi si discostino da qualsiasi forma di OGM, da diverse specie di vite che racchiudano in sé la qualità e la resistenza delle vigne d’origine. Geneticamente questi vitigni sono degli incroci tra la vite europea e la vite americana o asiatica.

Il progetto è ambizioso e pionieristico perché in qualche modo si parla di indirizzare volontariamente un processo di ibridazione verso qualcosa di desiderato. Ed è qui che la sfida è stata raccolta anche dall’Università degli Studi di Udine che ha abbracciato in pieno lo stimolo mettendo a disposizione tempo e risorse per la sperimentazione.

Dal punto di vista genetico e burocratico i vitigni devono essere considerati varietà a se stanti, come a se stanti e con mente libera da preconcetti devono essere approcciati e scoperti durante la degustazione. Un punto essenziale, quest’ultimo e trattato dai relatori durante la serata: bisogna, infatti, sospendere ciò che già si conosce e ci si aspetta da un vino e dal suo relativo vitigno. Una possibilità che, a ben pensarci, diamo anche a noi stessi per scoprire qualcosa di realmente nuovo e sconosciuto e che è lo stesso approccio del metodo scientifico, un atteggiamento di apertura e curiosità. 

Tra gli svantaggi e le difficoltà che bisogna affrontare quando si intraprende il percorso dei vitigni Piwi bisogna sottolineare il costo iniziale dell’impianto, la difficoltà di reperibilità delle barbatelle e dell’esatta composizione del vitigno col portainnesto, la variabilità nella disponibilità di autorizzazione nelle diverse Regioni, laddove non vengono autorizzate nuove varietà, la non ammissione nelle Doc e nelle Docg, e, infine, le problematiche legate alla loro comunicazione e commercializzazione.

Attualmente i vitigni PIWI godono di autorizzazione in Alto Adige, Trentino, Veneto e Lombardia. Lo sforzo è quello di ridurre anche in modo drastico l’utilizzo di rame e zolfo in vigna, con conseguente riduzione di emissioni di Co2 e consumo idrico.

Tre le cantine che hanno animato la serata l’azienda Terre di Cerealto, l’azienda Terre di Ger e l’azienda di Nicola Biasi. 

L’azienda Cerealto, nasce nel 2014 in un territorio che si configura da subito come molto vocato con terreni composti di basalto e argilla e la presenza di una forte escursione termica ad un’altitudine 700 metri.
L’azienda Terre di Ger, friulana, si colloca in un triplice terroir poiché le vigne sono distribuite in territori che vanno dagli 8 ai 300 metri fino ai 500, per un totale di 80 ettari vitati. Il terreno è variegato e composto di argilla, sabbia e sassi. L’azienda, inoltre, collabora a stretto contatto con l’Università degli Studi di Udine con un comune obiettivo: produrre nel modo più biologico e sostenibile possibile anche in zone pianeggianti.

LA DEGUSTAZIONE

Bianco veneto Cerealto 2017 - Terre di Cerealto

Vitigni: johanniter 60% bronner 40%

Un vino in assemblaggio tra i due vitigni Johanniter e Bronner. La vinificazione è in bianco senza macerazione. La malolattica viene svolta al 100%. Al naso spiccano i fiori del glicine e del gelsomino e la frutta a guscio non tostata per poi evolvere in una nota vegetale ammandorlata. All’assaggio si presenta subito come equilibrato e di facile beva, sapido e salino.

Bianco delle Venezie Igt Lemine 2017 - Terre di Ger

Vitigni: fleurtai 90% sauvignon kretos 10%

Al naso emerge immediato il carattere nocciolato e mandorlato, anche del frutto con nocciolo. Fumoso all’ingresso olfattivo, si allarga poi verso caratteri più morbidi. All’assaggio si ritrovano i caratteri amaricanti e ammandorlati.                          

Bianco delle Venezie Igt Lemine 2016 - Terre di Ger

Vitigni: fleurtai 90% sauvignon kretos 10%

Al naso si esprime con note di sovramaturazione e sensazioni che ricordano la cera d’api e nella cera lacca. A seguire una leggera nota di zafferano ed una marcata di frutta esotica. Al palato la sapidità prevale sull’acidità.

Rosso delle Venezie Igt Lemine 2018 - Terre di Ger

Prova di botte sperimentale

All’esame visivo colpisce con il suo bel colore rosso rubino. Al naso si esprime con note di frutta a nocciolo, seguita da una nota selvatica e di pellame. Un vino accattivante e che richiama la beva.

Rosso delle Venezie Igt El Masut 2016 - Terre di Ger

Vitigni: kanthus 60%, merlot khorus 40%

Un bel colore rosso porpora che preannuncia fragranza nei sentori di fiori e frutta. Un vino di forma e complesso.

Vigneti delle Dolomiti Vin de la neu 2016 - Agricola Biasi Nicola

Vitigni: Johanniter 100%

Un vino di carattere, con note tipiche del vitigno di partenza e che ricordano gli agrumi e minerali, espressi con ottima eleganza. La mineralità e sapidità sono presenti in modo deciso anche all’assaggio.