Champagne. Un brindisi al nuovo anno

Champagne. Un brindisi al nuovo anno

Approfondimento Francia
di Sara Missaglia
01 febbraio 2021

Iniziamo l’anno con una tra le migliori squadre protagoniste tra i calici: Luisito Perazzo, Nicola Bonera, Artur Vaso e, last but non least, Guido Invernizzi: una volata nella Champagne e nello champagne, con inseguimenti tra capitani senza gregari lungo i vigneti di coteaux tipici della regione.

Un susseguirsi di racconti, testimonianze, ricordi ed emozioni, per quasi quattro ore vissute tutte d’un fiato. Una serata-evento per brindare al nuovo anno con un vino sempre più amato, conosciuto e apprezzato. Impossibile resistere e non partecipare ad una kermesse di così alto livello: una serata all’insegna della cultura del vino, dell’amicizia, dell’approfondimento.

Luisito dà il via con un excursus storico su questo vino che, per molti, è una perfetta riuscita di marketing in presenza di un’eccellenza di prodotto. Forse tante sono le componenti che hanno contribuito allo straordinario successo di questo vino: intuizioni, coincidenze, visioni, grandi estimatori e testimionial. Certo è che la sua storia è indissolubilmente legata al monaco benedettino conosciuto come Dom Pérignon, nato nell’inverno del 1638 nella regione della Champagne-Ardenne. La leggenda narra che, durante un pellegrinaggio verso l’abbazia di Saint-Hilaire, Pérignon scoprì un metodo di vinificazione in grado di rendere il vino frizzante. Forse fu un errore durante la preparazione di alcuni vini bianchi nel monastero: alcune bottiglie esplosero facendo intuire al monaco la possibilità di rendere il vino frizzante. Una seconda versione racconta invece che Pérignon aggiungesse zucchero e fiori durante l’imbottigliamento: lo zucchero comportava una rifermentazione del vino, rendendolo frizzante. Nacque così l’idea di una seconda fermentazione in bottiglia per generare le bollicine.


Dom PérignonPérignon non inventò lo champagne che oggi conosciamo, ma con ogni probabilità ebbe comunque il merito di avere lavorato a lungo sul vino per migliorarne le qualità. Sembra inoltre che Pérignon sia stato il primo a utilizzare tappi di sughero per chiudere le bottiglie e che fosse in grado di identificare il vitigno assaggiando un solo acino d’uva. Buon fiuto e tante felici intuizioni e anticipazioni di comportamenti virtuosi e strategici: sua la frase del 1671 «bisogna disprezzare la quantità, che ne fa un vino molto comune, e puntare sempre alla qualità, che rende più oneri e profitti».

Lo champagne nasce da quattro regole imprescindibili: prima fra tutte «Il n’est champagne que de la Champagne», ovvero «Non c’è champagne se non della Champagne», come ha voluto la Legge del 28 luglio 1824. Le uve - da tre vitigni nobili - provengono infatti da una zona delimitata, che è valida anche per la produzione e l’imbottigliamento, e sono sottoposte a una vinificazione altamente regolamentata.

Cinque sono le zone indimenticabili: la Montagne de Reims, la Vallée de la Marne, la Côte des Blancs, la Côte de Sézanne, l’Aube. La regione della Champagne-Ardennedista circa 150 chilometri a est di Parigi, con una posizione geografica a Nord, tra il 47° e il 50° parallelo: i vigneti sono tra i più settentrionali al mondo (insieme a Mosella e Alsazia) in quanto ci troviamo al limite settentrionale della coltivazione della vite corrispondente dall’isoterma di 11 °C (temperatura media annua). Reims si trova a 49,5° di latitudine nord, Epernay a 49°.

Il clima è settentrionale, freddo e rigido per la vite, con influenze oceaniche che apportano acqua in quantità regolare con variazioni termiche poco marcate tra una stagione e l'altra (temperature costantemente basse e sbalzi termici contenuti tra stagione e stagione). Frequenti le gelate invernali e primaverili, compensate in estate anche da un utile soleggiamento. L’uva, in queste condizioni, fatica a maturare completamente, ma produrre un vino acido è più semplice quando le uve non sono pienamente mature. Il soleggiamento è in media di 1.650 ore contro le 2.069 del Bordolese e le 1.910 della Borgogna. Tra i fattori di qualità spicca anche la natura gessosa del sottosuolo, che presenta peraltro stratificazioni diverse da una regione all’altra: una crosta di gesso bianco, molto calcareo e dallo spessore di circa 200 metri formata dalla stratificazione di scheletri calcarei, fossili marini del Cretaceo (Belemnite Quadrata – conchiglie, seppie e calamari - e Micaster – ricci di mare) e alghe unicellulari di circa 75 milioni di anni fa. Al di sopra della crosta, lignite (carbone fossile), sabbia, argilla: queste condizioni generano una straordinaria capacità drenante, alta permeabilità (le radici sono protette dal ristagno di acqua) ed elevata porosità: il terreno diventa un vero e proprio serbatoio d’acqua (capace di immagazzinare da 300 a 400 litri per metro cubo), che consente la restituzione delle riserve idriche in caso di siccità. Le radici delle viti affondano e assorbono questi elementi determinando la finezza e la leggerezza del vino.


AubeIl paesaggio della Champagne si caratterizza per ripidi declivi (le pendenze medie sono del 12% con punte fino al 59%) solcate da avvallamenti, con un buon soleggiamento delle viti (esposte per la maggior parte a sud, sud-est ed est) e idoneo drenaggio dell’acqua in eccesso. Si tratta di un vigneto di coteaux: il paesaggio tipico presenta infatti sommità boscose che dominano ampi dorsi vitati che circondano i villaggi.

I numeri dello champagne sono da capogiro; 3,1 milioni di ettolitri prodotti in media nel periodo di riferimento 2015-2019, il cui 41% è destinato all’esportazione. 34.358 ettari vitati, 319 Cru (di cui 12 Grand Cru, 38 Premier Cru e 269 Non Classée), 281.000 particelle, 10.000 marchi produttivi, 5.100 produttori imbottigliatori, più di 300 milioni di bottiglie prodotte ogni anno con uno stoccaggio di almeno 1 miliardo. Se nel 1850 contavamo una produzione di sole 7 milioni di bottiglie, è tangibile la crescita più che esponenziale.

15.700 proprietari per 12.900 viticoltori: da un lato le grandi maison, i négociant-manipulant con le loro cuvée de prestige: 382 in totale, che rappresentano solo il 12% delle vigne ma il 67,4% della produzione. Dall’altro i récoltant-manipulant, i vignaioli che coltivano il proprio vigneto e vinificano direttamente; le coopérative de récoltants, che elaborano le uve conferite dai propri aderenti e successivamente vendono lo champagne con uno o più marchi di proprietà; i récoltant-coopérateur, ovvero i vignerons che conferiscono le loro uve a una cantina cooperativa che procede alla vinificazione. Questi riceveranno, dopo il tirage, una quantità di vino pari al volume di uva consegnata: le bottiglie avranno la loro etichetta, ma le uve vinificate non saranno più quelle originarie, miscelate con quelle di altri conferitori.

Tra i vitigni a bacca rossa il pinot nero rappresenta il 57% della coltivazione a Montagne de Reims e l’87% nell’Aube: i cosiddetti Blanc de Noirs presentano un colore giallo brillante dai riflessi ramati, con un naso che rimanda alla frutta gialla (pesca, prugna e frutta secca), frutti rossi (mora, lampone e fragola), agrumi (pompelmo e mandarino su tutti), speziature eleganti dalla cannella ai chiodi di garofano, e foglie secche con sentori di tabacco e di fungo. In bocca l’attacco è potente e grintoso, speziato e minerale, con lo sviluppo di note fumé e ottime acidità e sapidità. Il meunier è presente invece per il 62% nella Vallée de la Marne, mentre lo chardonnay è il protagonista pressoché assoluto (97,1%) della Côte des Blanc. Il Blanc de Blancs è uno champagne più floreale, setoso, minerale, gentile e nervoso, con sentori di gesso, nocciola, pane tostato e mela cotogna. Ricordiamo che, come amano raccontare i nostri esperti, lo champagne è il vino più versatile in assoluto a tavola: da solo, come aperitivo, perfetto con portate a base di salumi, pesce crudo, pietanze più strutturate di pesce e di carne. È perfetto anche con i dolci, se si sceglie lo champagne corretto (non il brut ma un doux, quindi dolce).

In Degustazione:

Grand Cru Mixolydien n°29 - Stephane Regnault – Oger
Chardonnay in purezza, sottoposto a fermentazione in legno per il 35%, 49 mesi di tirage, dosaggio 1 g/L di zucchero residuo. Bocca molto verticale, tesa, dritta, non ampia e non potente, ma con tanta struttura e notevole mineralità. Sul finale emerge una nota agrumata, gessosa, molto elegante. Bollicina di grande piacevolezza.

Grand Cru Cuvée Valentin – Fresnet- Juillet - Verzy
70% pinot noir e 30% chardonnay, 24 mesi di tirage, con un dosaggio di 8 g/L di zucchero residuo. Naso più dolce, più biscottato e mielato rispetto al precedente, sentori vegetali di foglie secche, con un profumo nel complesso più maturo con evidenze che ricordano il miele. Tratto salino finale ma con note dolci in chiusura.

Grande Réserve Brut - Gautherot - Celles-sur-Ource
70% pinot noir, 20% chardonnay, 10% pinot blanc. Perlage fine, persistente, belle catenelle di bollicine indice di una presa di spuma molto ben fatta. Pan brioche, biscotti secchi ai cereali, fette biscottate, con tutta la mineralità dei vini dell’Aube.  

Cuvée Charles de Gaulle – Drappier
80% pinot noir e 20% chardonnay, vinificato in legno per il 50%, in affinamento sui lieviti per 36 mesi, con un dosaggio di 7 g/L. Acidità persistente, ingresso molto verticale, con energia legata all’effetto dell’anidride carbonica e all’elevata freschezza. Grande bevibilità.

Le Vigne de Vrigny – Egly – Ouriet
Sboccato a luglio 2019 ottenuto da solo meunier del Premier Cru di Vrigny, con prima fermentazione in botti di rovere e affinamento sui lieviti in bottiglia per 36 mesi. Al naso sentori di nocciola, erbe aromatiche, agrumi e caffè, con intensità elevata un gusto fresco, asciutto, elegante.


Dom Pérignon, citazioneGrand Cru Blanc de Blancs Extra Brut 2016 - AR Lenoble - Chouilly
Chardonnay 100% su terreni calcareo argillosi, 40 mesi sui lieviti, dosaggio 2 g/L. Tutta l’immensità dello chardonnay, per un vino di grande bevibilità, freschezza e piacevolezza, con note agrumate su sfondo mielato che impreziosiscono la beva.

Grand Cru La Grande Cuvée - Michel Arnould & Fils - Verzenay
Pinot noir 70%, chardonnay 30%. È il naso più sfaccettato in assoluto, ricco di note legate ai lieviti, agli agrumi e a una componente speziata di grande effetto e persistenza.

Cuvée Jeanne Brut Vintage 2011 - Richard Cheurlin
Pinot noir 100%, vinificazione in botti di rovere, affinamento per 60 mesi sui lieviti. Si tratta delle vigne più antiche dell’Aube coltivate dai monaci. Si distingue per una nota terrosa che ricorda il sottosuolo e le foglie secche, con mineralità e freschezza dominanti. Persistenza lunghissima.

Chiudiamo, come si direbbe oggi, con una call to action. Nel 1693 Dom Pierre Pérignon così si rivolgeva ai monaci confratelli, con un calice di champagne in mano: «venite presto, fratelli, sto bevendo le stelle!». God save Champagne, Buon Anno a tutti!