Saluzzo e il suo pelaverga

Saluzzo e il suo pelaverga

Degustando
di Paolo Valente
24 settembre 2019

La manifestazione Svitati 2019, organizzata da Consorzio Colline Saluzzesi, AIS Piemonte e Associazione House Wine, è stata l’occasione per incontrare questa piccola denominazione piemontese alle pendici del Monviso.

Se può essere considerata una realtà marginale dal punto di vista economico, non lo è certo dal punto di vista storico. A Saluzzo, infatti, il vino veniva già prodotto nel V secolo come testimoniano i ritrovamenti in una villa romana a Costigliole Saluzzo. 

Vanina Carta, presidente Consorzio di Tutela dei Vini Doc Colline saluzzesiOltre ai classici barbera e nebbiolo, sono tre i vitigni caratteristici coltivati in zona. Il pelaverga (da non confondere con il pelaverga di Verduno, in Langa) dal quale si ricava un vino dal colore tenue e dai profumi decisamente esuberanti che rimandano alla piccola frutta rossa e una importante componente speziata; il quagliano vitigno interessante dal punto di vista della spumantizzazione che viene effettuata in autoclave e dal quale si ottiene un vino di bassa gradazione alcolica caratterizzato da fresche note fruttate. Sono ormai pochissimi i produttori che continuano a produrlo.
Lo chatus, infine,  varietà di origine francese diffusa nell’arco alpino piemontese, ha sentori di erbe aromatiche, ginepro e piccoli frutti maturi e raramente si vinifica in purezza.  

Alla presidenza del Consorzio Colline Saluzzesi è stata eletta Vanina Carta, giovane vignaiola che mette tutta la sua capacità e imprenditorialità per la promozione del territorio e della denominazione che conta poche decine di ettari di vigneto e una decina di produttori. 

Le abbiamo chiesto quali sono gli obiettivi che il Consorzio si pone per i prossimi anni.

«Le prospettive sono buone anche perché ci sono alcuni giovani che si affacciano al Consorzio e per il futuro possiamo ipotizzare l’impianto di nuove vigne. Oggi la superficie totale è di circa 25 ettari di cui una quindicina dedicati al vitigno pelaverga. Le aspettative di crescita sono rivolte a questo vitigno; il mercato cerca vini così, con una bassa gradazione alcolica, molto accattivanti dal punto di vista del profumo, non troppo strutturati». 

Vanina, assaggiando i vini e parlando con alcuni produttori ho notato differenti interpretazioni del pelaverga: c’è chi lo considera un vino da commercializzare già dopo pochi mesi dalla vendemmia mentre altri tendono ad avere periodi di maturazione maggiori. Qual è la visione del Consorzio?

«In effetti c’è ancora un passaggio da fare da questo punto di vista; ognuno ha una sua interpretazione. Questo perché, per tanti anni, il pelaverga è stato un po’ nascosto, confuso con il verduno. È solo da qualche anno che si sta riscoprendo il pelaverga di Saluzzo e questo fa sì che ognuno voglia farlo un po’ alla sua maniera. Dobbiamo capire, a livello di gruppo, la direzione giusta da prendere. C’è chi, come la mia azienda, lo interpreta come vino profumato dando più risalto alla parte olfattiva, altri invece cercano di dare maggior risalto alla parte gustativa. Essendo un vino semi-aromatico si presta bene ad essere caratterizzato dai profumi ma è comunque una questione di interpretazione. Occorre superare l’ostacolo di avere idee e interpretazioni così differenti».

Anche la disposizione dei vigneti gioca il suo ruolo: le vigne storiche del pelaverga sono tutte esposte a sud, tendenzialmente molto calde, danno vini con una bocca piena e molto setosa, scarsi di tannino. Le vigne più recenti sono ubicate in zone un poco più fresche e quindi si ottengono maggiori profumi e un po’ meno struttura, più tannino, un po’ di ruvidità e una chiusura più secca. Una ubicazione, questa, che nei prossimi anni probabilmente darà dei vantaggi in considerazione del global warming. 

La degustazione dei campioni realizzati con il vitigno pelaverga ha mostrato una precisa identità varietale anche se declinata in modi differenti. La scelta di ogni produttore ha determinato vini che spaziavano, dal punto di vista cromatico da colori vicini al rosato a colori più intensi ma sempre caratterizzati da bella trasparenza e luminosità.
All’olfatto, l'anticipo della vendemmia determina vini dai caratteri più freschi e fruttati mentre il prolungamento della permanenza dei grappoli sulla pianta porta a un incremento delle note mature con lo smussamento dell'esuberanza floreale e fruttata a vantaggio di una maggiore morbidezza e minore spigolosità anche gustativa.

Gli spumanti da vitigno quagliano trovano una migliore armonia con un ridotto residuo zuccherino a tutto vantaggio della bevibilità e della piacevolezza finale del prodotto.