Disciplinari di produzione: le novità dell’estate 2021

Disciplinari di produzione: le novità dell’estate 2021

Diritto diVino
di Paola Marcone
27 settembre 2021

Il consueto osservatorio di DirittoDiVino sui disciplinari di produzione ha fatto registrare nei mesi estivi qualche interessante cambiamento. Approfondiamo un po'...

Tra la fine di luglio e quella di agosto 2021 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i decreti di approvazione delle modifiche ordinarie di cinque disciplinari di produzione, relativi ad altrettante denominazioni: 

  • “Delle Venezie” o “Beneških okolišev” DOC;
  • “Barbera d’Alba” DOC;
  • “Gavi” o “Cortese di Gavi” DOCG;
  • “Cinqueterre e Cinqueterre Sciacchetrà” DOC;
  • “Lacrima di Morro” o “Lacrima di Morro d’Alba” DOC.

In precedenza, il 20 maggio 2021, i vini “Liguria di levante” IGT avevano visto rettificare il proprio disciplinare di produzione al fine di sanare un errore materiale, contenuto in una precedente modifica e relativo alla zona di imbottigliamento.

Secondo la versione corretta, l’area non deve considerarsi limitata alla Provincia di La Spezia, come invece è previsto per la vinificazione e l’elaborazione.

Le cinque modifiche intervenute nei mesi estivi sono, viceversa, di natura sostanziale anche se in alcuni casi le variazioni sembrano essere marginali.

“Lacrima di Morro” o “Lacrima di Morro d’Alba” DOC

È proprio questo il caso di modifiche minori al disciplinare. Si è intervenuto, infatti, per introdurre la possibilità di utilizzo del tappo a vite, permanendo il divieto delle chiusure a strappo e corona, ed è stato aggiornato l’indirizzo dell’organismo di controllo.

Più significativa, invece, è stata la modifica con cui si è regolamentata la designazione e la presentazione dei vini, prevedendo ora che l’indicazione dell’annata di produzione delle uve sia sempre obbligatoria e non più, come nella precedente versione del disciplinare, obbligatoria solo nel caso di recipienti di volume fino a 3 litri.

La variazione adegua il disciplinare alla normativa nazionale che nel prescrivere l’obbligo di annata per i vini DOP non fa alcuna differenziazione di volume nominale del recipiente.

“Delle Venezie” o “Beneških okolišev” DOC

Questa denominazione che ricomprende la provincia autonoma di Trento e le Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia, già a pochi anni dalla sua istituzione, avvenuta nel 2017, vede ora introdurre, tra le altre, una modifica davvero significativa all’interno del proprio disciplinare di produzione.

Tra le tipologie previste, infatti, accanto al termine Pinot grigio è stato aggiunta la dicitura “o Pinot grigio rosato o ramato”. Lo stesso per quanto riguarda il Pinot grigio spumante. Accanto alla tipologia “bianco”, dunque, oggi sono previste la “Pinot grigio o Pinot grigio rosato o ramato”, anche nella versione frizzante e quella “Pinot grigio o Pinot grigio rosato o ramato spumante”, con un evidente riconoscimento alla peculiarità del vitigno Pinot grigio, capace di regalare vini dalle sfumature cromatiche e organolettiche assai differenti, anche a seconda dei metodi di vinificazione cui viene sottoposto.

A questo proposito risulta davvero interessante notare come, nel modificare l’intero articolo del disciplinare dedicato al legame tra i vini della zona e l’ambiente geografico, si siano approfondite maggiormente le informazioni sia sulla zona geografica sia sulla qualità o sulle caratteristiche dei vini.

Per quanto riguarda il pinot grigio rosato o ramato, in particolare, si legge che “I commercianti veneziani dalla metà del 1300 fino al 1700 circa, controllavano quasi tutto il mercato del vino di qualità dal Mediterraneo orientale fino alle ricche regioni del nord Europa. (…).

Negli scritti di questo periodo si iniziano a trovare anche i termini “ramato” (prevalentemente nell’attuale territorio del Friuli Venezia Giulia) e “rosato” (prevalentemente nell’attuale territorio del Veneto e Trentino). 

Il Pinot grigio, in particolare, ha trovato nell'area “delle Venezie” le condizioni ideali, tenuto conto che in questo ambiente esprime al meglio le caratteristiche qualitative delle uve e le relative peculiarità enologiche. Tra queste peculiarità è da ascrivere la maggiore dotazione colorante di talune versioni di Pinot grigio. L’evoluzione delle tecniche di allevamento, di cantina e una conoscenza più avanzata dei singoli cloni hanno permesso, alla fine del secolo scorso, di ottenere pinot grigi rosati e ramati di notevole attrattiva. Fondamentale, per ottenere interessanti versioni di Pinot grigio rosato/ramato, è risultata la scelta operata da tempo dai viticoltori, di destinare a questo scopo i vigneti coltivati sui suoli più profondi e di utilizzare, al contempo, forme di allevamento che espongono maggiormente i grappoli al sole, quali Pergola trentina, Sylvoz, Guyot e doppio capovolto allo scopo di favorire maggiori livelli di maturazione delle uve dato il miglior equilibrio vegeto/produttivo della pianta. Tali scelte, combinate con un’attenta selezione di clonali territoriali con dotazioni peculiari di antociani selezionati a seconda delle necessità colorimentriche, hanno permesso di ottenere sfumature più o meno accentuate che vanno dal rosato più o meno tenue al ramato intenso. 

Nella tipologia rosato/ramato, quale risultato dell’attività fermentativa, la colorazione diventa più marcata assumendo tonalità che va da dorata carica a rosata o ramata più intensa.”.

Per quanto riguarda l’etichettatura e la presentazione dei vini della tipologia rosato o ramato è stato previsto che possa utilizzarsi anche il termine “rosè”, mentre curioso è notare come, per tutte le tipologie, il disciplinare abbia esteso la possibilità di confezionamenti in materiali alternativi al vetro (“otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone o di altro materiale rigido”, in altre parole “bag in box”) anche per i volumi inferiori a 2 litri e fino a 6.

Barbera d’Alba DOC 

La modifica rilevante per questo disciplinare, che prevede le tipologie “Barbera d’Alba” e “Barbera d’Alba” Superiore, è l’istituzione della sottozona “Castellinaldo”, che ora, quindi, non è più un semplice marchio collettivo, per come registrato alcuni anni fa dai “Vinaioli di Castellinaldo”. 

Precisamente le uve destinate alla produzione del vino designato con tale sottozona devono essere prodotte nell’intero territorio del Comune di Castellinaldo d’Alba e in parte dei territori dei comuni di Vezza d’Alba, Canale, Priocca, Magliano Alfieri, Castagnito e Guarene, in provincia di Cuneo. 

Ancora più nello specifico, la modifica dell’articolo dedicato al legame dei vini con l’ambiente geografico chiarisce come “La sottozona Castellinaldo si estende alla sinistra orografica del fiume Tanaro sul territorio di sei comuni dove i terreni sono più sciolti e la componente sabbiosa è maggiore rispetto agli altri comuni dove si produce il Barbera d’Alba. Questo aspetto ha da sempre differenziato i vini prodotti in quest’area, facendo in modo che il binomio «Barbera d’Alba» e «Castellinaldo» fosse sempre più forte tanto che dopo essere già riconosciuto da numerosi pubblicazioni, anche importanti, come la monografia del Fantini a fine ottocento, prosegue fino agli anni novanta del novecento dove i produttori di Castellinaldo già uniti in un’associazione, decidono di adottare un regolamento d’uso più restrittivo rispetto al Barbera d’Alba.”.

La base ampelografica rimane Barbera minimo 85% con la possibilità di un massimo del 15% di Nebbiolo e con rese per ettaro leggermente inferiori alle tipologie senza indicazione di sottozona.

È prescritto un periodo di invecchiamento di 14 mesi di cui almeno 6 in legno e 3 in bottiglia, quindi 2 mesi in più sia di invecchiamento che di legno rispetto alla tipologia Superiore senza indicazione di sottozona (12+4), oltre a 3 anni di affinamento in bottiglia.

Tutte le modifiche sono applicabili a decorrere dalla campagna vendemmiale 2021/2022 ma anche i vini atti a diventare “Barbera d’Alba” DOC derivanti dalle vendemmie 2019 e 2020 possono già essere designati con la sottozona, sempre che le relative partite siano in possesso dei requisiti stabiliti dal disciplinare modificato e previa verifica dell’organismo di controllo. 

Per quanto riguarda le bottiglie che ancora dovessero riportare in etichetta il marchio registrato “Castellinaldo” e che non siano conformi alle nuove disposizioni, infine, è stato consentito lo smaltimento, entro il 31 dicembre 2022.

Gavi o Cortese di Gavi DOCG

Le modifiche che hanno interessato questo disciplinare riguardano le norme per la vinificazione, le caratteristiche di alcune tipologie di vini nonché l’etichettatura e la presentazione delle bottiglie.

Per prima cosa si è allargata l’area in cui è consentito elaborare e affinare le tipologie “Gavi Frizzante” e “Gavi Spumante” (ma non quella “Gavi Spumante metodo classico”), che ora possono essere effettuate non solo nello specifico areale della denominazione ma in tutto il territorio amministrativo delle province di Alessandria, Asti e Cuneo. 

Sempre per quanto riguarda la tipologia “Gavi Spumante”, poi, si sono fissati parametri minimi di permanenza sulle fecce: 6 mesi per i vini da metodo charmat e 9 mesi per quelli da metodo classico. 

Confermata, infine, la pratica dell’arricchimento, ma viene ora precisato che l'aumento del titolo alcolometrico volumico del mosto o del vino nuovo ancora in fermentazione deve essere ottenuto mediante mosto di uve concentrato ottenuto dalle uve di vigneti della varietà Cortese prodotte nell’areale della denominazione o con mosto concentrato rettificato. 

Per quanto riguarda le caratteristiche della tipologia “Gavi Spumante” e “Gavi Spumante metodo classico” il disciplinare di produzione ha limitato le versioni a quelle con residuo zuccherino da brut a extra dry, abbassando, per il “Gavi Spumante metodo classico”, l’acidità totale minima che passa da 6 a 5,5 grammi per litro. Questa diminuzione ha riguardato anche la tipologia “Gavi” Riserva. 

CINQUE TERRE E CINQUE TERRE SCIACCHETRÀ DOC

Interessanti sono le novità per questo disciplinare che, oltre a qualche modifica minore, ha visto mutare la composizione ampelografica dei vini, regolamentandosi anche in modo più stringente le norme di vinificazione del “Cinque Terre Sciacchetrà”.

Nella precedente versione, infatti, i vini della denominazione dovevano essere ottenuti con la seguente composizione: Bosco per almeno il 40% con concorrenza anche di Albarola e Vermentino, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 40% e altri vitigni complementari tra quelli idonei per la provincia della Spezia fino ad un massimo del 20%.

La modifica, invece, ha previsto che ora la composizione debba essere: Bosco e/o Albarola e/o Vermentino bianco (da soli o congiuntamente) non meno dell’80%; vitigni complementari a bacca bianca idonei alla coltivazione per la Regione Liguria fino ad un massimo del 20%. 

Nella versione attuale, quindi, viene meno la necessità di un 40% di Bosco, che, almeno astrattamente, potrebbe essere del tutto assente.

Per i nuovi impianti e i reimpianti, poi, la densità dei ceppi per ettaro è stata fortemente modificata, passandosi da una quantità non inferiore ai 6250 agli attuali 4000, mentre le norme di vinificazione che riguardano il “Cinque Terre Sciacchetrà”, come detto, sono state riviste.

Il vino, infatti, deve essere ottenuto da parziale appassimento delle uve dopo la raccolta, in luoghi idonei, ventilati, fino a raggiungere un tenore zuccherino che assicuri una gradazione naturale minima di 19% vol e non più 17% e la vinificazione (anche per la tipologia Sciacchetrà riserva) non può avvenire prima del 1° ottobre dell’anno della vendemmia e non più prima del 1 novembre.

Anche le rese massime dell’uva in vino e la produzione massima di vino per ettaro sono state revisionate, al ribasso. Si passa, rispettivamente dal massimo 35% per 31,5 ettolitri per ettaro a massimo il 32% per 28,80 ettolitri per ettaro. In questa prospettiva di evidente aggiustamento dei parametri che riguardano il “Cinque Terre Sciacchetrà”, infine, si è deciso di intervenire sul contenuto alcolico minimo, abbassandolo, e sull’estratto secco minimo, viceversa, aumentandolo.

Segno, dunque, di come il disciplinare di produzione, con tutte queste modifiche, tenti di preservare le peculiari caratteristiche organolettiche dello Sciacchetrà, messe in pericolo dalle difficoltà nelle lavorazioni, dovute spesso ai repentini cambiamenti climatici.

Photo Credit: imtdoc.it, Pagina Facebook Consorzio Cinque Terre Sciacchetrà, www.consorziogavi.com, Qualigeo, www.langhevini.it