Leggere l'etichetta: le indicazioni facoltative - prima parte

Leggere l'etichetta: le indicazioni facoltative - prima parte

Diritto diVino
di Paola Marcone
16 marzo 2021

Dopo le indicazioni obbligatorie, iniziamo a dare uno sguardo a quelle indicazioni che la normativa europea definisce facoltative e che quando si trovano in etichetta rivelano informazioni assai utili in vista della degustazione. Partiamo dall’indicazione dell’annata e delle varietà di uva.

Il Legislatore comunitario, dopo aver stabilito le indicazioni che obbligatoriamente devono figurare in etichetta, dedica un’apposita norma alle indicazioni considerate facoltative, così elencandole:

a) l'annata; 

b) il nome di una o più varietà di uve da vino; 

c) i termini che indicano il tenore di zucchero per i vini diversi dagli spumanti (ricordiamo, invece, che per questi ultimi l’indicazione del residuo zuccherino è obbligatoria); 

d) per i vini DOP o IGP, le menzioni tradizionali che riguardano il metodo di produzione o di invecchiamento oppure la qualità, il colore, il tipo di luogo o ancora un evento particolare legato alla storia del prodotto a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta;

e) il simbolo dell'Unione che indica la denominazione di origine protetta o l'indicazione geografica protetta; 

f) i termini che si riferiscono a determinati metodi di produzione; 

g) per i vini DOP o IGP, il nome di un'altra unità geografica più piccola o più grande della zona che è alla base della denominazione di origine o dell'indicazione geografica. 

Nel caso di vini che non vantano una DOP o un IGP la disciplina comunitaria rinvia alle legislazioni dei singoli Stati membri, ai quali è anche concessa la facoltà di intervenire sull’elenco delle indicazioni facoltative al solo fine però di dettagliare la materia e non già di renderla più permissiva.

Il Legislatore italiano, quindi, ha provveduto a regolamentare alcune di queste indicazioni facoltative con apposite norme inserite nel Testo Unico del vino e in alcuni specifici decreti ministeriali.

In particolare sono state espressamente disciplinate Specificazioni, menzioni, vitigni e annata di produzione” per i vini a classificazione protetta, il “Sistema dei controlli per i vini senza DOP o IGP designati con l'annata e il nome delle varieta' di vite” e “l’utilizzo dei nomi di due o piu’ varieta’ di vite”, sia per i vini con Dop e IGP che per quelli senza.

Fatta questa premessa, quindi, affrontiamo il tema dell’utilizzo in etichetta dell’annata e delle varietà di vite, secondo si tratti di vini a classificazione protetta o vini senza DOP o IGP. Prossimamente, poi, approfondiremo l’argomento delle specificazioni e menzioni che riguarda i vini a DOP e IGP. 

L'annata

Partendo dall’annata di produzione, abbiamo visto come il Legislatore comunitario consideri facoltativo il suo inserimento in etichetta. La normativa italiana, invece, regola la materia in modo parzialmente più rigoroso.
Infatti per i vini a DO (quindi DOCG e DOC) e comunque escludendo i vini liquorosi, gli spumanti non millesimati e i vini frizzanti, l’indicazione dell’annata di produzione delle uve è elemento obbligatorio da inserire in etichetta.

Siamo, pertanto, fuori dal perimetro del facoltativo come indicato dalla disciplina europea, che comunque coprirà l’area dei vini IGP. Per intenderci con degli esempi: Chianti Classico DOCG e Lugana DOC hanno l’obbligo di indicare l’annata in etichetta, Lazio IGT no.

Anche i vini senza DOP o IGP (gli ex vini da tavola, oggi generici) non hanno alcun obbligo di indicare l’annata, ma la normativa nazionale prevede che il produttore che intenda avvalersi della facoltà di riportarla in etichetta, non esistendo disciplinari né un piano di controlli come per i vini a classificazione protetta, dovrà presentare ad appositi organismi di controllo autorizzati dal Ministero idonea documentazione per verificare che l’indicazione sia veritiera. L'annata rivendicata deve, comunque, riguardare almeno l'85% della partita di vino.

Le varietà di uva

Lo stesso sistema di controllo della documentazione è stabilito qualora il produttore di vino senza DOP o IGP voglia indicare il nome di una varietà di uva in etichetta e mettere così in commercio il cosiddetto vino varietale (con o senza annata di produzione). Anche in questa ipotesi la varietà indicata in etichetta deve essere presente in quantità pari ad almeno l'85% del vino finale e deve appartenere solo ed esclusivamente a vitigni che il Legislatore nazionale ha espressamente indicato, con elenco tassativo, in un apposito decreto ministeriale.

È infatti concessa ai produttori di vini varietali la facoltà di indicare solo le seguenti varietà di vite o loro sinonimi: 

  • Cabernet franc
  • Cabernet sauvignon
  • Cabernet
  • Chardonnay
  • Merlot
  • Sauvignon
  • Syrah

Si tratta, come evidente, esclusivamente di vitigni internazionali mentre per gli spumanti varietali la normativa italiana concede un po’ più di margine, potendo il produttore indicare in etichetta, fermo sempre l’obbligo di presentare idonea documentazione agli organismi di controllo circa la veridicità del dichiarato, anche altri vitigni (moscato, malvasia, trebbiano, garganega, i diversi pinot, giusto per elencarne qualcuno) in aggiunta ai sette internazionali sopra elencati.

Anche nelle etichette di vini DOP o IGP, poi, è possibile indicare in etichetta il nome di una varietà di uva tra quelle elencate nel registro nazionale delle varietà di vite (ad oggi ne sono iscritte 600) e sempre che siano inserite nei relativi disciplinari di produzione, che determinano anche le percentuali minime o massime dei vitigni ammessi.

C’è da precisare, però, che la normativa nazionale ha disposto che l’uso del nome di alcune (non tutte) varietà di vite o loro sinonimi, che costituiscono una denominazione di origine protetta rimane riservato alle corrispondenti DOP, così che il termine Albana non potrà essere utilizzato al di fuori della Romagna Albana DOCG e lo stesso varrà per vitigni come Bianchello (Bianchello del Metauro DOC), Cannonau (Cannonau di Sardegna DOC), Erbaluce (Erbaluce di Caluso o Caluso DOCG), Girò (Girò di Cagliari DOC), Nasco (Nasco di Cagliari DOC), Nuragus (Nuragus di Cagliari DOC), Ormeasco (Ormeasco di Pornassio o Pornassio DOC), Ruchè (Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG), Sagrantino (Montefalco Sagrantino o Sagrantino di Montefalco DOCG) e Semidano (Sardegna Semidano DOC).

Infine la normativa italiana disciplina in modo sostanzialmente uguale le ipotesi di utilizzo dei nomi di due o più varietà di vite nell’etichetta dei vini a classificazione protetta e dei vini varietali. 

Infatti le disposizione del Testo Unico del vino si applicano sia ai vini DOP o IGP, ma sempre che i relativi disciplinari di produzione non siano più restrittivi, sia alla produzione, etichettatura e presentazione dei prodotti vitivinicoli senza DOP o IGP.

In particolare la normativa italiana stabilisce che qualora nell’etichettatura siano nominate due o più varietà di vite, o i loro sinonimi, i relativi termini devono: 

a) figurare in ordine decrescente di percentuale rispetto all’effettivo apporto delle uve da essi ottenute (con sistema quindi simile a quello che è previsto per le etichette raffiguranti gli ingredienti dei prodotti alimentari);

b) rappresentare un quantitativo superiore al 15 per cento del totale delle uve utilizzate, salvi i casi di indicazione delle varieta’ nella parte descrittiva per tipologie di vini non qualificate con il nome dei vitigni (in quest’ultimo caso, quindi, siamo al di fuori dal campo dei vini con indicazione varietale quale elemento da inserire in etichetta perché rispetta i parametri della norma, trattandosi solo di mere elencazioni dei vitigni utilizzati, che il produttore inserisce per descrivere il proprio vino: per esempio “il vino è ottenuto da sangiovese e merlot, coltivati nelle nostre vigne che godono della migliore esposizione”)

c) figurare con caratteri aventi le stesse dimensioni, evidenza, colore e intensita’ colorimetrica.

In conclusione, possiamo dire che questo primo approfondimento sulle indicazioni facoltative, dedicato all’annata di produzione e all’indicazione dei vitigni in etichetta, ha dimostrato che l’argomento, per quanto articolato, è ricco di indizi per chi voglia iniziare a farsi un’idea del vino che andrà a degustare già leggendo l’etichetta. Sarà interessante, quindi, scoprire quali ulteriori informazioni potremmo ottenere dalle altre indicazioni facoltative (per esempio: classico, superiore, riserva, vigna, novello).