Leggere l'etichetta: le indicazioni facoltative - terza parte

Leggere l'etichetta: le indicazioni facoltative - terza parte

Diritto diVino
di Paola Marcone
27 aprile 2021

Su alcune etichette troviamo il termine “Gran Selezione”, su altre ancora “Novello”, “Passito” o “Vino Passito Liquoroso”. Di cosa si tratta? Terzo e ultimo approfondimento sulle indicazioni facoltative che la normativa nazionale regolamenta in dettaglio per l’inserimento in etichetta.

Nelle scorse settimane abbiamo trattato le indicazioni relative all’annata e alle varietà di uve (vedi qui); a seguire, abbiamo affrontato il tema dei termini ammessi nell’etichettatura dei soli vini DOCG e DOC: “Classico”, “Storico”, “Riserva”, “Superiore”, “Vigna” (vedi qui).

Soffermiamoci ora su quelle menzioni facoltative che il Legislatore nazionale ha riservato ai vini DOCG e a quelle che sono invece estese anche ai vini IGP.

A - Indicazioni facoltative esclusivamente ammesse per i vini DOCG

Oltre a quelle già esaminate nei precedenti approfondimenti, i vini DOCG possono, ove previsto dal disciplinare di produzione, indicare in etichetta il termine “Gran Selezione”.

Il Testo Unico del Vino, infatti, entrato in vigore all’inizio del 2017, ha esteso a tutti di disciplinari di produzione la possibilità di tale menzione, che prima d’allora era prevista solo nel disciplinare del Chianti Classico DOCG che l’aveva introdotta nel 2014. 

In verità ancora oggi quello del Chianti Classico DOCG rimane l’unico disciplinare a regolamentare la menzione e, dopo l’emanazione della legge, solo il Chianti DOCG ha iniziato l’iter burocratico (non ancora concluso però) per la modifica del proprio disciplinare nel senso di ricomprendere anche l’indicazione “Gran Selezione”.

In attesa, comunque, di vedere se in futuro qualcun altro disciplinare riterrà opportuno inserire in etichetta il termine, i vini contraddistinti dalla menzione devono rispettare i seguenti requisiti:

  1. Essere ottenuti esclusivamente dalla vinificazione delle uve prodotte dai vigneti condotti dall’azienda imbottigliatrice, anche se imbottigliati da terzi per conto della stessa (se le uve sono conferite a societa’ cooperative, devono essere vinificate separatamente e i vini devono essere imbottigliati separatamente).

Questa prima prescrizione mette in evidenza come un vino che riporti la menzione “Gran Selezione” debba essere assoluta espressione dell’azienda che lo produce, dovendo produttore e imbottigliatore sempre necessariamente coincidere e, se si tratta di cooperative, le uve devono essere vinificate e imbottigliate separatamente da quelle utilizzate per altri prodotti, in modo da preservarsi l’unicità della provenienza del vino. 

  1. Presentare caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche almeno pari a quelle previste per la menzione “Superiore” ed essere sottoposti a un periodo d’invecchiamento almeno pari a quello dei vini che si fregiano della menzione “Riserva”, qualora dette menzioni siano previste nel relativo disciplinare di produzione.

In questo caso l’accento del Legislatore è posto sulla potenza e sulle capacità di invecchiamento del vino, che dovrà necessariamente avere caratteristiche strutturali e di longevità ben definite. 

L’unico esempio che possiamo fare è, come detto, quello legato ai vini del Chianti Classico DOCG comparando un Chianti Classico, un Chianti Classico “Riserva” e un Chianti Classico “Gran Selezione” (non esiste nel disciplinare la menzione “Superiore”).

Per il primo è previsto un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 12,%, un’acidità totale minima di 4,5 g/l, un estratto non riduttore minimo di 24,0 g/l e il vino potrà essere immesso in commercio a partire dal 1 ottobre dell'anno successivo alla vendemmia.

Nel caso del Chianti Classico DOCG “Riserva”, invece, deve essere presente un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 12,50% vol, un’acidità totale minima ancora di 4,5 g/l, un estratto non riduttore minimo di 25,0 g/l e il vino può essere commercializzato solo dopo essere stato sottoposto ad almeno 24 mesi di invecchiamento (calcolato a decorrere dal 1 gennaio dell'anno successivo alla vendemmia) di cui affinamento in bottiglia per almeno 3 mesi.

Il Chianti Classico DOCG “Gran Selezione”, infine, dovrà avere un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 13% vol, un’acidità totale minima di 4,5 g/l, un estratto non riduttore minimo di 26,0 g/l mentre il vino potrà essere immesso al consumo solo dopo essere stato sottoposto ad almeno 30 mesi di invecchiamento (sempre calcolato a decorrere dal 1 gennaio dell'anno successivo alla vendemmia) di cui affinamento in bottiglia per almeno 3 mesi.

I dati appena indicati sono, naturalmente, quelli minimi previsti dal disciplinare ed è facile trovare in commercio vini con valori ancor più stringenti o maggiore invecchiamento. Quello che, comunque, rimane evidente è la specificità delle caratteristiche delle diverse versioni, che mostrano l’intento di ottenere un varietà di prodotti con una progressione di potenza e invecchiamento. 

Le relative indicazioni in etichetta, quindi, già permettono di ipotizzare tali caratteristiche, su cui poi puntare l’attenzione in sede di analisi organolettica.

Per i vini designati con l’indicazione “Gran Selezione”, inoltre, la normativa ammette la facoltà di arricchimento ma solo con determinate modalità e sempre che l’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale non superi l’1% in volume.

Sul punto, ancora una volta non possiamo che richiamare il disciplinare del Chianti Classico DOCG che già prima dell’intervento del Legislatore aveva ammesso l’arricchimento con il divieto dei prodotti esogeni e nei limiti di aumento del titolo alcolometrico volumico naturale non superiore all’’1% vol.

Da notare, poi, come si sia espressamente fatto divieto di utilizzare ulteriori e diverse menzioni contenenti il termine “selezione” oltre a quella “Gran Selezione”, in modo da evitare al consumatore qualunque confusione tra un termine definito in modo tecnico ed espressioni similari ma dal contenuto meramente descrittivo, così come proprio in considerazione delle peculiari caratteristiche che devono contraddistinguere i vini che espongono in etichetta l’indicazione “Gran Selezione” è stato stabilito che la menzione non puo’ essere attribuita congiuntamente alla menzione “Superiore” e “Riserva”. 

L’unica eccezione potrebbe riguardare quelle DOCG (se mai decidessero di introdurre la facoltà di utilizzo della menzione “Gran Selezione”) che contengono “Superiore” o “Riserva” nel proprio nome. 

B - Indicazioni facoltative ammesse per i vini DOCG, DOC e IGT

L’ultimo insieme di termini ammesso in etichetta riguarda le menzioni “Novello” e “Passito” (o “Vino Passito”) oltre a “Vino Passito Liquoroso”.

Sono indicazioni ammesse per i vini con classificazione secondo quanto segue:

  1. La menzione “Novello” e’ attribuita a vini DOP e IGP tranquilli e frizzanti prodotti - specifica il Legislatore - conformemente alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.

Un apposito decreto ministeriale regola per l’Italia la materia e i vini “Novello” (sempre che i disciplinari di produzione decidano di prevedere la tipologia) devono essere ottenuti interamente con prodotto della stessa annata ed essere immessi al consumo al 30 ottobre, con un periodo di vinificazione che non può essere inferiore a 10 giorni dall’inizio della vinificazione stessa e mediante un processo di fermentazione con macerazione carbonica dell’uva intera che riguardi almeno il 40% del vino.

Queste le caratteristiche più salienti del vino “Novello”, dunque, che, a seconda del disciplinare di produzione di cui parliamo, potrà essere ottenuto dai più disparati vitigni. Ricorrendo a degli esempi: il Bardolino DOC “Novello” avrà come base ampelografica i vitigni ammessi a disciplinare e lo stesso farà un Lazio IGT “Novello” o un Toscana IGT “Novello”. In Italia, quindi, la menzione non è indicativa di un peculiare vitigno (si calcola che sia possibile ottenere un “Novello” con circa 60 vitigni), ma pone l’accento più che altro sulle metodiche produttive e sulle caratteristiche organolettiche determinate dalla macerazione carbonica. 

Su questo punto, però, la Legislazione non aiuta tantissimo i consumatori perché dovendo il processo di vinificazione carbonica riguardare almeno il 40%, si trovano in commercio vini “Novello” non solo da diversi vitigni (più gli assemblaggi) ma anche con percentuali variabili tra il 40 e il 100% di macerazione carbonica (naturalmente nulla vieta al produttore di descrivere in etichetta il proprio vino offrendo informazioni più puntuali).

Ad ogni modo quelli appena elencati sono due degli elementi che rendono nettamente differente il nostro vino “Novello” da un prodotto francese cui spesso è accomunato, ossia il Beaujolais nouveau

Se, infatti, anche in questo caso la vinificazione con macerazione carbonica è uno degli aspetti salienti del vino, il Beaujolais nouveau deve essere prodotto con uve del vitigno Gamay e solo in un determinata area a classificazione protetta (Beaujolais AOC), mediante macerazione carbonica pari al 100%, oltre a poter essere immesso in commercio solo dal terzo giovedì di novembre.

Come ultime nota sull’argomento “Novello”, infine, ricordiamo come il Testo Unico del Vino abbia introdotto il divieto (sempre salve le denominazioni preesistenti) di abbinare questa menzione con “Superiore”, riservata ai vini DOP con caratteristiche qualitative piu’ elevate, dovute a una regolamentazione del disciplinare piu’ restrittiva.

Quando abbiamo trattato dell’indicazione, infatti, abbiamo rilevato come le caratteristiche salienti di questi vini si basano su una maggiore potenza alcolica e strutturale che, all’evidenza, mal si conciliano con le peculiarità del vino “Novello”, tutte centrate, grazie alla macerazione carbonica, su freschezza e fragranza di gusto e profumi, buona morbidezza, alcol e tannini contenuti, facilità di beva.

  1. Le menzioni “Passito” o “Vino Passito” sono attribuite alle categorie dei vini DOP e IGP tranquilli compresi i “Vini da uve stramature” e i “Vini ottenuti da uve passite”, ricavati dalla fermentazione di uve sottoposte ad appassimento naturale o in ambiente condizionato. 

In Italia sono tantissimi i disciplinari di produzione che prevedono questa tipologia di vini e quindi molteplici sono anche i vitigni che è possibile utilizzare: dalle varie Malvasie, anche a bacca rossa, ai diversi Moscati, passando per Verduzzo friulano, Garganega, Picolit, Corvina e molti altri.

  1. La menzione “Vino Passito Liquoroso” e’ attribuita alla categoria dei vini IGT, fatte salve le denominazioni preesistenti. 

Si tratta di un’indicazione che dovremmo trovare solo su bottiglie di vini IGT, quindi, ma avendo il Legislatore del 2016 fatto divieto per altre denominazioni di utilizzare il termine da quel momento in poi, i disciplinari DOP che già contenevano la menzione possono continuare a farne uso: il riferimento immediato è alla DOC Pantelleria, decisamente la più importante, che espressamente prevede la tipologia “Passito Liquoroso”, ottenuta da uve sottoposte in tutto o in parte ad appassimento naturale o in ambiente condizionato, con l'aggiunta obbligatoria di alcol di origine viticola da effettuarsi durante o dopo la fermentazione e, eventualmente, l’aggiunta di uva passa con una concentrazione massima in zuccheri del 60%.

In conclusione di questo ultimo approfondimento possiamo in definitiva dire che le indicazioni facoltative, unitamente a tutti gli altri elementi obbligatori che ci fornisce l’etichetta, mettono a disposizione del consumatore tutta una serie di dati per scegliere nel modo più consapevole possibile il vino da bere.

Aggiungiamo, però, che al degustatore attento offrono in più anche molteplici indizi davvero utili per le prove di degustazione.