Brovada DOP

Brovada DOP

Non solo vino
di Gabriele Merlo
11 gennaio 2022

Molti di voi, probabilmente, leggendo il titolo dell’articolo si saranno chiesti che cosa sia la “Brovada DOP”. Tecnicamente, secondo il disciplinare di produzione, è un prodotto friulano ottenuto attraverso...

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 21 Novembre 2021

Fin da fanciullo egli avea tenuto usanza di buon vicino … tanto ché il vederlo capitar ogni tanto a mangiare daccanto al fuoco la sua scodella di brovada la era diventata per tutti un’abitudine
Ippolito Nievo, Le confessioni d’un Italiano, 1867

... la macerazione, la fermentazione e il fettucciamento dell’ecotipo autoctono di rapa bianca dal colletto viola denominata “rapa da brovada”, tenera, dolce e di grossa pezzatura, risultato di incroci massali fra diverse specie. In realtà la brovada rappresenta le più intime e antiche tradizioni agricole del Friuli, una terra aspra, di confine. È un prodotto che unisce rapa, vinacce, tempo, sapere contadino e contaminazioni Mitteleuropee.

Clicca sull'immagine per scaricare il PDFUN PO’ DI STORIA
L’uso di conservare le rape fermentate era conosciuto fin dall’epoca Romana, come viene riportato nel trattato De re coquinaria di Marco Gavio Apicio. Una tradizione che sopravvisse, nel corso dei secoli, solo nel Friuli, dove in epoca longobarda assunse il nome di breowan, termine che significa “bollire”; da qui il nome con cui oggi conosciamo questa preparazione: brovada. Nel 1810 sugli Annali dell’Agricoltura del Regno d’Italia, il prof. Filippo De Re pubblica un trattato sulla coltivazione delle rape e sul loro utilizzo per la brovada. Il procedimento risulta praticamente uguale a quello dei nostri giorni.

LA PREPARAZIONE
Come si prepara dunque questa antica ricetta divenuta uno dei principali simboli della gastronomia friulana? La preparazione tradizionale della brovada inizia con la macerazione e la fermentazione delle rape. Si dispone in un mastello di legno o in un tino uno strato di rape con la buccia e senza foglie, avendo modo di creare una conchetta sulla loro sommità, per farvi entrare meglio il liquido. Questo strato viene poi interamente coperto da vinacce, tradizionalmente di uve a bacca rossa, che conferiscono la colorazione rosea tipica al prodotto; possono essere aggiunti solo acqua e sale marino grosso. Si prosegue quindi con un nuovo strato di rape e di vinacce fino a ottenere una massa omogenea, composta da più strati, di cui l’ultimo deve essere sempre costituito dalle vinacce, per evitare che le rape siano soggette a ossidazioni e processi degenerativi. Dopo la preparazione la massa fermentante viene coperta con tavole di legno.

Questo processo viene fatto in genere a fine settembre, inizio ottobre, quando si ha agevolmente a disposizione le due principali materie prime: rape e vinacce di uve rosse. Le rape verranno lasciate fermentare a una temperatura compresa tra i 10° e i 22° per 25-30 giorni, sino a che giungeranno alla perfetta macerazione, ossia alla colorazione rosea interna anche nelle rape più grosse. Una doppia fermentazione al contempo lattica e acetica insieme ad acqua e vinacce che conferisce alle rape un particolare sapore “acidulo” e la possibilità di essere conservate per diversi mesi. Per l’utilizzo in cucina vengono prelevate di volta in volta le rape necessarie, ripulite dalle vinacce, lavate con acqua, sbucciate e grattugiate sul “grati”, una sorta di grattugia con la cornice in legno e i fori larghi, per ottenere delle fettucce in genere di circa 3-4 mm (per disciplinare, non inferiore a 3 mm e non superiore a 7 mm). La brovada è così pronta per essere cotta in una pentola con i bordi alti, a fuoco lento, per qualche ora, con l’aggiunta di olio, burro, cipolla tritata, carota a pezzi, aglio e alloro. Sale a metà cottura ed eventualmente lardo. Vi si possono aggiungere anche dei pezzi grassi di maiale.

LA NASCITA DELLA DOP
Da secoli la brovada è una preziosa riserva di fibre e vitamine nei mesi più freddi, sopravvissuta ai giorni nostri solo in Friuli probabilmente grazie al legame con la caratteristica produzione famigliare di vino e vinacce per il consumo privato. Basti pensare che ancora oggi numerosi vignaioli producono piccole quantità “casalinghe” di brovada e in tutta la regione vengono indette le “Gare della Brovada” con giurie di assaggiatori, in quanto ogni produzione di brovada ha sapore e caratteristiche uniche che derivano dal luogo di coltivazione delle rape e dalla varietà delle vinacce utilizzate: cabernet, refosco, merlot, schioppettino, pignolo, in purezza o mischiate. Grazie agli sforzi dei produttori, dal 2011 la brovada è divenuta un prodotto a marchio DOP. Secondo il disciplinare, l’area di produzione della brovada ricade solo nei comuni al di sotto dei 1400 metri di altitudine delle province di Udine, Pordenone e Gorizia e devono essere utilizzate solo vinacce del Friuli Venezia Giulia.

IL RUOLO DEL CONSORZIO
Il Consorzio di Tutela della Brovada DOP è nato invece lo scorso 26 agosto 2020, tra i vari soci è stato eletto come presidente Fulvio Mansutti, il più importante produttore della denominazione. «Il Consorzio di Tutela è una conseguenza della DOP e il suo compito, oltre a quello di far conoscere e assaggiare questa tipicità al di fuori del Friuli, è cercare di “svecchiarla”, slegandola dai piatti tipici regionali» ci spiega Fulvio Mansutti. «Per esempio, la brovada, sia cruda che cotta, si presta benissimo come ingrediente negli hamburger oppure nei panini con salame cotto o lingua . Altro importante scopo del Consorzio è quello di aiutare a certificare DOP anche i piccoli produttori di brovada che, a causa degli eccessivi costi, devono rinunciare alla denominazione». Ad oggi i volumi di produzione di Brovada DOP certificata sono pari a 5.000 quintali; gli agriturismi e le aziende che fanno vendita diretta proin futuro, si spera possano essere certificati. La brovada possiede dunque caratteristiche uniche: ricca di fibre, vitamine, proprietà probiotiche, e simboleggia una seconda vita per le rape e le vinacce; è un piatto “povero per i poveri” che rappresenta per la sua semplicità e storia una testimonianza etnografica ed evolutiva della cucina friulana. Un prodotto che, come tiene a precisare Fulvio Mansutti, non lascia spazio al compromesso: «Piace o non piace. Ma quando piace, finisce che ci s’innamora».