La prevedibile irrazionalità dell’essere umano

La prevedibile irrazionalità dell’essere umano

Non solo vino
di Sara Missaglia
24 giugno 2021

«Siamo prevedibilmente irrazionali». Così il Professor Vincenzo Russo, nella seconda parte del suo intervento sulle neuroscienze, affronta il tema della persuasione.

Fu Robert Cialdini, negli anni ’80, a definire per primo quelle che sono le armi della persuasione, attraverso studi e ricerche tra psicologia e scienze cognitive: oggi, le cosiddette neuroscienze riescono a spiegare dal punto di vista scientifico come la persuasione agisca sulle aree del nostro cervello. La parte interessata non è quella razionale, logica, matematica, scientifica: la persuasione agisce sulle aree di quello che definiamo cervello primordiale, limbico, quello che ha a che fare con le emozioni.

Un adagio popolare fa riferimento al parlare al cuore, espressione molto in uso: non è una propensione, un talento o un’abilità, ma sia che si tratti di vendita o di aspetti motivazionali, la persuasione segue delle regole precise che oggi sappiamo spiegare. Esistono infatti stimoli comunicativi che riescono a entrare nel cervello primario, quello rettiliano: l’engagement emotivo è fondamentale, ma la comunicazione che parla a questa parte del cervello deve usare un linguaggio diverso rispetto ai piani comunicativi razionali. Parlare a quella parte del cervello che scatena le emozioni vuol dire interagire in pochissimi istanti attraverso stimoli che agiscono sulle ghiandole come il talamo e l’amigdala, arrivando a generare reazioni istintive e attivando alcune parti del nostro corpo. In pochissimi secondi arriverà un’indicazione molto precisa di ciò il soggetto che deciderà come, ad esempio, se acquistare o meno un determinato prodotto.

I sei stimoli persuasiviDavid Olgivy ha scritto che «vendere è facile. Basta appiccare il fuoco sotto la sedia e poi presentarsi con l’estintore». Sintesi ed efficacia in poche battute, ma il percorso, per centrare l’obiettivo, deve passare attraverso sei stimoli persuasivi che hanno il compito di ingaggiare la parte primaria del cervello: solo se correttamente attivati il messaggio diventerà convincente e la persuasione avrà avuto il successo che si era proposta. Personalizzazione, contrasto, tangibilità, memorabilità, visivo ed emozionalitàsono i sei percorsi che ci aiutano a definire il codice della persuasione.

La personalizzazione ha origine dalla comprensione del problema del nostro interlocutore che, se correttamente individuato, diventa superabile. Il cervello umano odia il dolore, non ha pazienza né empatia per tutto ciò che non concerne il suo benessere; va alla ricerca di minacce prima di occuparsi del piacere e rifugge il dolore cercando sicurezza. La personalizzazione si basa sul coinvolgimento del target: prima di offrire soluzioni è necessario segnalare il problema. La pubblicità ne è maestra: Vincenzo Russo cita il caso di Dominos Pizza che riuscì a tranquillizzare e a convincere il cliente a ordinare la pizza a domicilio fugando le sue paure. Il cliente ha la preoccupazione che la pizza possa arrivare in ritardo e permanere troppo tempo all’interno del packaging cartonato. Dominos Pizza, comunicando al cliente che la pizza sarà gratis se non dovesse arrivare entro 30 minuti dall’ordine, intercetta l’elemento che più attiva il cervello primario, cioè la paura del ritardo. Personalizzare significa cogliere il problema del target proponendone la soluzione, ma anche dirottare la comunicazione sul soggetto, stimolando così la produzione di dopamina, sostanza eccitante che fa stare bene. Altro driver utilizzato dalla personalizzazione è l’effetto della somiglianza, ovvero il tentativo di creare dei cluster in cui i soggetti possano riconoscersi. Per esempio, in un gruppo di lavoro, quando due persone scoprono di essere nate lo stesso giorno, sono più disponibili a collaborare, nonostante la coincidenza nulla abbia a che fare con l’aspetto razionale del nostro pensare.

Effetto contrastoAltro stimolo importante è il contrasto, ovvero la confrontabilità: il nostro cervello è sensibile ai contrasti netti come il “prima” e il “dopo”, come il “rischio” e la “sicurezza”. Pensiamo a quanto ricorso venga fatto al contrasto nella comunicazione relativa alle diete dimagranti piuttosto che alle polizze assicurative. I contrasti sono utilizzati per attivare l’attenzione delle persone: la percezione degli sconti, soprattutto in campo pubblicitario, ne è esempio calzante. Si crea contrasto per rendere convincente il prezzo, giocando sostanzialmente con la parte antica del nostro cervello. Quando Steve Jobs lanciò l’iPad utilizzò la cosiddetta tecnica dell’ancoraggio: il prezzo dell’iPad fu proposto in calo da 999 a 499 $. Quest’ultimo prezzo risultò molto più convincente, proprio perché nasceva dal contrasto che lo rendeva, in termini percettivi, più economico. Il nostro cervello ama le semplificazioni, con il rischio tuttavia di cadere in alcuni errori: esempio immediato sono le fidaty card, che propongono una scontistica in grado di generare nel consumatore maggiore appealing. Pensiamo alle carte per il lavaggio dell’auto: il messaggio «fai otto lavaggi e ti regaliamo il nono» viene superato in efficacia persuasiva dal «fai dieci lavaggi, l’undicesimo è gratis, intanto te ne regaliamo subito due». La visualizzazione di una tessera in cui i primi due lavaggi sono già smarcati come se fossero stati realmente effettuati genera un meccanismo prevedibilmente irrazionale che comporta un’adesione superiore e pressoché immediata al messaggio e quindi al prodotto.

Chiedere di contribuire alla salvezza di un bambino al costo di un caffè al giorno ha un’efficacia superiore rispetto al chiedere 30 € al mese: razionalmente sono la stessa cosa, ma la creazione del contrasto genera un potenziamento del messaggio nella semplificazione percettiva.

Il contrasto spesso ricorre anche alla differenziazione cromatica per modificare la percezione senza sostanzialmente cambiare nulla dei contenuti: si fa uso di colori diversi per attirare l’attenzione e sottolineare “quel” messaggio. Il terreno, tuttavia, non è privo di insidie se pensiamo che i colori hanno una forte implicazione culturale: ad esempio, in Cina, rosso e dorato sono associati alla felicità, ma negli Stati Uniti hanno a che fare con il pericolo, mentre il bianco per la nostra cultura è associato al candore e ricorda invece la morte in Cina e in Giappone.

Dal macellaioIl contrasto ha a che fare anche su come si presentano le cose. La carne può essere magra per il 75% o grassa per il 25%: è la stessa cosa, ma per il cervello primordiale la prima opzione è molto più rassicurante e convincente. Si tratta, spiega il professor Russo, del cosiddetto effetto “framing”: dire che  90 persone su 100 che si sono sottoposte alla cura sono vive dopo cinque anni è la stessa cosa che dire che su 100 persone che si sono sottoposte alla cura 10 sono decedute entro cinque anni. Il cervello razionale è in grado di percepire l’analogia, ma il cervello primario recepisce invece il decesso, la morte, la non sopravvivenza, mettendo in primo piano le perdite.

La persuasione fa spesso ricorso al cosiddetto “nudge”, che riduce i modelli per semplificare gli atteggiamenti partendo proprio dai comportamenti e impattando sulle scelte dei destinatari del messaggio. Una sorta di spinta gentile, un modo per accompagnare e indurre le persone a fare qualcosa. Come convincere a non buttare i mozziconi di sigaretta per terra? Fissando, ad esempio, una bacheca su una parete e invitando i fumatori a buttare i mozziconi all’interno di due contenitori diversi e affiancati, che rispondono a una domanda: qual è il miglior giocatore del mondo? Messi o Ronaldo? Per dare il voto al proprio calciatore del cuore le persone vengono incentivate a riporre le sigarette usate nel contenitore dedicato, evitando comportamenti ineducati gettandole a terra. Dov’è l’emozione? Nel vedere che il contenitore del campione preferito sarà più colmo rispetto a quello dell’avversario.

Il terzo elemento della persuasione è la tangibilità, ovvero la capacità di far comprendere concretamente alcuni meccanismi, trasferendo immediata certezza: mostrare immediatamente come funziona un prodotto o dando prova della certezza dello sconto, ad esempio. È tangibile la possibilità di vedere un prodotto indossato così come un weekend da sogno a partire da 50 € a coppia, meglio se vengono aggiunte la località, l’inclusione delle notti in hotel piuttosto che la cena.

E ancora la memorabilità: tutto ciò che aumenta la memorizzazione ha un effetto persuasivo, attraverso una vendita polisensoriale: le luci che cambiano, accompagnate dalla musica classica o da profumi diversi, così come le storie narrate hanno un potere di memorizzazione impressionante.

La persuasione si serve del visivo: ciò che è visivo è convincente: e cosa c’è di più visivo del nostro volto? Il volto ha un ruolo fondamentale, basta poco per renderlo più convincente. Questo è l’effetto dei cosiddetti neuroni a specchio: se vedo qualcosa che prova un’emozione provo a sentire quello che prova. Il nostro sistema limbico riconosce le emozioni senza che ne siamo consapevoli.

E infine l’emotività: una narrazione empatica attraverso storie che riescono a essere convincenti e che utilizzano parole emozionali producono nel cervello ossitocina, la molecola della fiducia che si correla immediatamente all’empatia e all’abilità nel comprendere le emozioni altrui, inducendo fiducia nel prossimo. La narrazione di storie è qualcosa di convincente e funge da potenziatore della persuasione stessa. Il cervello primario ascolta col cuore attraverso l’emozione.

La persuasione passa da qui, meglio saperlo.