Pizzoccheri della Valtellina IGP

Pizzoccheri della Valtellina IGP

Non solo vino
di Gabriele Merlo
14 gennaio 2021

Viniplus di Lombardia - N°19 Novembre 2020 | Una recente denominazione per un prodotto antico come le montagne valtellinesi

Tratto da Viniplus di Lombardia N°19 - Novembre 2020

Quanti sono i prodotti tipici che possono vantare di essere intimamente legati, quasi un tutt’uno, con il territorio in cui sono nati? I pizzoccheri possiedono questa caratteristica di diritto, essendo un alimento portabandiera della tradizione gastronomica valtellinese. Chiunque abbia visitato almeno una volta questa valle e senta parlare di questo prodotto ricorda vividamente le gite tra le vette, le cene conviviali tra amici nei crotti, gli scenografici vigneti terrazzati di chiavennasca, i formaggi d’alpeggio; perché il pizzocchero è la Valtellina. Un prodotto agroalimentare storico, che rappresenta un patrimonio di saperi culturali identitari. Non è possibile tuttavia scrivere dei pizzoccheri senza raccontare della sua materia prima distintiva, il grano saraceno.

Il grano saraceno

In passato, la coltivazione del grano saraceno, chiamato in dialetto “furmentùn”, “fraina” o “farina negra”, fu molto rappresentativa per la Valtellina, era infatti uno degli alimenti fondamentali nella dieta delle popolazioni alpine. Rustico, dalla rapida maturazione, resistente ai climi freddi e difficilmente attaccabile da parassiti, veniva coltivato soprattutto nei mesi estivi, dopo il raccolto invernale di segale, patate e orzo. Il primo documento scritto che attesta la presenza del grano saraceno in Valtellina fu redatto, nel 1616, dal governatore della Valle dell’Adda e riporta: «Il saraceno veniva coltivato soprattutto sul versante retico delle Alpi, in particolare nel comprensorio di Teglio, in quanto caratterizzato da un clima più mite grazie ad una maggiore esposizione al sole». La sua coltivazione raggiunse la massima espansione nei due secoli successivi. Poi l’inizio della decadenza. La coltivazione sui pendii o sui terrazzamenti era faticosa e la raccolta troppo laboriosa e costosa, così dal primo decennio del Novecento la produzione divenne sempre meno importante. Oggi sopravvivono solo pochi appezzamenti di dimensioni ridotte dedicati a questa pianta, coltivati prettamente a uso famigliare.

La nascita dei pizzoccheri

I pizzoccheri valtellinesi si sono diffusi contestualmente alla coltivazione del grano saraceno. Sin dal XVIII secolo la farina ottenuta veniva mescolata alla bianca. Dall’impasto si preparavano delle tagliatelle che si consumavano nei “giorni di festa”. Essendo conditi coi formaggi locali, le patate, il burro e le verdure di stagione, erano gli antenati degli odierni pizzoccheri. Le prime testimonianze scritte che attestano la produzione dei pizzoccheri nella provincia di Sondrio si hanno grazie ad atti testamentari in cui vengono inventariati: «...una scarella per li Pizzoccheri e il rodelino per li ravioli» (1750) e «... le resene per li Pizzoccheri» (1775). Nella seconda metà dell’Ottocento un medico provinciale, Ludovico Balardini, osserva come in Valtellina: «Vi si fa grand’uso di farinacei e di certe paste grossolane che si cospergono con butirro e formaggio a guisa di tagliatelli, dette Pizzoccheri, delle quali vanno assai ghiotti i Sondriesi». Una ricetta simile è descritta anche dal medico di Teglio Bartolommeo Besta verso la fine dello stesso secolo. Oggi i Pizzoccheri della Valtellina IGP possono essere prodotti in diversi formati e tipologie in tutta la provincia di Sondrio. Ogni fase del processo deve essere controllata e monitorata attraverso la tracciabilità sia delle materie prime che del prodotto finito.

La preparazione

La preparazione dei pizzoccheri parte dalla farina che, da disciplinare, deve essere una miscela di farina di grano saraceno, minimo 20%, e semola di grano duro per il prodotto secco o farina di grano tenero per il prodotto fresco, fino a un massimo dell’80%. Le diverse farine sono miscelate a secco e successivamente impastate con acqua sino a ottenere un amalgama uniforme e omogeneo. Per i pizzoccheri freschi si procede con la preparazione della sfoglia e la formatura, per quelli secchi invece l’impasto viene estruso sotto pressione attraverso la trafila per poi seguire tutte le fasi produttive della normale pasta secca.

Il lungo iter verso l’IGT

Sebbene i pizzoccheri affondino le radici nella storia valtellinese, bisogna ricordare che solo da pochi anni possono fregiarsi dell’Indicazione Geografica Tipica, più precisamente dal 29 settembre 2016, giorno in cui è stata registrata e pubblicata la denominazione Pizzoccheri della Valtellina IGP nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, anche se l’iter per l’ottenimento è durato più di dieci anni. Ancora più giovane è l’istituzione del Consorzio di Tutela, nato nel 2018. Un comitato impegnato nella valorizzazione e nella promozione dei pizzoccheri, allo scopo di definire le opportune strategie di sviluppo per il piatto più rinomato della cucina valtellinese. Un Consorzio di recente formazione ma dagli obiettivi molto chiari, con a capo un Presidente pratico e pragmatico come Fabio Moro, che a domanda diretta, risponde così: «I nostri propositi principali sono aumentare il numero di posti di lavoro legati alla produzione dei Pizzoccheri della Valtellina IGP, promuovendo la conoscenza di questa pasta tradizionale non solo in Italia ma anche all’estero; ad esempio partecipando a fiere e a manifestazioni di settore in Germania e Francia. Tutto questo deve essere realizzato in collaborazione con il Distretto Agroalimentare di Qualità di Sondrio che dirige tutti i consorzi di tutela dei prodotti valtellinesi DOP ed IGP».

Cresce del 5% ogni anno la produzione

Sono cinque le aziende aderenti al Consorzio in questo momento, dislocate in zone diverse della provincia di Sondrio, che realizzano il 90% dei pizzoccheri con metodi di produzione che coniugano la modernità e la sicurezza dell’industria alimentare alla lavorazione tradizionale che ne garantisce la tipicità; il restante 10% è rappresentato per lo più dal prodotto fresco realizzato nella ristorazione tipica. «Lo scorso anno sono stati prodotti 1.600.000 kg di Pizzoccheri della Valtellina IGP secchi e 140.000 kg di freschi – sottolinea il Presidente. Da quando abbiamo ottenuto l’Indicazione Geografica ogni anno la produzione aumenta circa del 5%». I pizzoccheri sono dunque un vero e proprio riferimento culturale legato alla tradizione e celebrato in numerose sagre, tra cui la più famosa è il «Pizzocchero d’Oro» di Teglio, la capitale gastronomica della valle, sede della famosa Accademia del Pizzocchero. Un alimento che è essenza stessa della montagna, che sa essere al contempo ardua e generosa, ma estremamente affascinante, degna protagonista dei versi appassionati dal poeta romantico Lord Byron: «Quassù non vivo in me, ma divento una parte di ciò che mi attornia. Le alte montagne sono per me un sentimento».