Gli spumanti dell'Etna, un laboratorio in pieno fermento

Gli spumanti dell'Etna, un laboratorio in pieno fermento

Territori
di Alessandro Franceschini
22 aprile 2021

Cresce la produzione e la domanda di Metodo Classico ai piedi del vulcano. All'orizzonte anche possibili cambiamenti nel disciplinare per consentire l'ingresso del carricante al fianco del nerello mascalese

Se la produzione di vini fermi, alle pendici dell’Etna, sembra ormai aver raggiunto una collocazione e una notorietà di un certo rilievo all’interno del panorama nazionale, con numeri di nicchia e una reputazione di alto livello sia per la critica che gli appassionati, quella degli spumanti rappresenta una sorta di vero e proprio laboratorio sperimentale a cielo aperto.
Un aspetto, quest’ultimo, sottolineato anche da Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio Tutela Etna Doc, durante un recente incontro digitale organizzato proprio per conoscere più da vicino una tipologia dai numeri ancora molto contenuti, la cui domanda però è esplosa proprio lo scorso anno.

Per ora solo nerello, anche se...

Lo spumante, all’interno del disciplinare etneo, rappresenta l’ultimo arrivato, essendo stato inserito solo nel 2011 e vede nel nerello mascalese, l’uva a bacca rossa più importante di questo territorio, la principale base per la sua produzione. Deve essere presente per almeno il 60%, anche se probabilmente entro giugno di quest’anno una modifica del disciplinare alzerà la soglia minima all’80%.
Si tratta, quindi, di un vero e proprio Blanc de Noirs che vede a volte la partecipazione anche dell’altro nerello locale, vale a dire quello denominato cappuccio. La sua grande acidità e la bassa concentrazione di colore, sono le due principali caratteristiche che hanno portato quest’uva ad essere sperimentata anche nella versione Metodo Classico.
Niente carricante, invece, per ora, vale a dire il vitigno a bacca bianca più importante coltivato sull’Etna e che trova soprattutto sul versante Est, in particolare nel comprensorio di Milo, il suo terroir più vocato e celebrato.
In realtà di spumanti ottenuti da questo vitigno, non sotto il cappello della DOC però, ormai ne esistono svariati in commercio e, proprio perché siamo in una fase che potremmo definire sperimentale, non è detto che anche questo autoctono non possa rientrare nel prossimo futuro all’interno del disciplinare di produzione di questa tipologia. Il Consorzio, infatti, sembra orientato a voler percorrere anche questa strada, che consentirebbe la commercializzazione di un Blanc de Blancs.   

Nerello Mascalese

Un nicchia sempre più richiesta

Una nicchia, si è detto. E in effetti se la produzione di vino sull’Etna è già tale, rappresentando solo l’1% di quella siciliana, nel caso dello spumante le quantità sono ancora più esigue, sebbene in decisa crescita. Nel 2020 su circa 4 milioni di bottiglie prodotte sui quattro versanti dell’Etna, 150mila appartengono a questa tipologia, comprensive anche della versione rosato. Solo Metodo Classico si legge nel disciplinare e una sosta minima sui lieviti di almeno 18 mesi, sebbene poi molti, come la degustazione alla cieca alla quale abbiamo partecipato dimostra, si avventurino spesso anche oltre i 30 mesi.
In realtà, come sottolineava il presidente del Consorzio Antonio Benanti in un recente comunicato di fine 2020, le bollicine sull’Etna hanno radici decisamente più antiche rispetto al 2011 e risalgono alla fine dell’800 quando il Barone Spitaleri intuì per primo le potenzialità della rifermentazione in bottiglia anche da queste parti, sebbene avesse come punto di riferimento il pinot nero. Negli anni ’80 del secolo scorso, invece, i primi esperimenti pioneristici con spumanti che vedono l’utilizzo del nerello mascalese.
«Vogliamo crescere, ma in modo pacato e non disordinatamente» ha affermato durante l’incontro il direttore del Consorzio. Oggi sono 24 i produttori che si cimentano con lo Spumante Etna DOC: ancora pochi, in effetti, ma la probabilità che aumentino nel breve c’è, considerando la concomitante presenza di una domanda in netto aumento.

La Degustazione

Sei spumanti degustati alla cieca non possono, ovviamente, donare una grande rappresentatività di questa tipologia, ma è però possibile annotare qualche spunto interessante. Il primo è che la decisa, e in alcuni casi aggressiva, nota agrumata, sia al naso che al palato, è una delle caratteristiche che il nerello si porta in dote in questa tipologia. In alcuni casi non sembra neanche così facile da gestire questa esuberanza, sebbene rappresenti un tratto originale e distintivo che sarebbe sbagliato cercare di nascondere o imbrigliare.
La seconda annotazione è che anche per questa tipologia la provenienza delle uve non è certo secondaria: il campione numero 5, l’unico proveniente dal versante Sud-Est, aveva un incedere più cremoso e meno vibrante sul fronte della trama acida e agrumata, caratteristiche che invece hanno accomunato i cinque campioni provenienti tutti dal versante Nord e Nord-Est. Il carricante? Uno dei sei campioni, prodotto anche con quest’uva, ha mostrato probabilmente il lato più femminile di questa tipologia, senza abdicare da un tratto comunque incisivo e succoso al palato.

Campione 1

Firriato - Etna Spumante DOC Gaudensius Blanc de Noir

Delle sei tenute che Firriato possiede in Sicilia, quella di Cavanera Etnea si trova sul versante Nord del vulcano. Questo spumante nasce da uve nerello mascalese in purezza coltivate in tre contrade – Verzella, Imbischi e Feudo - a Castiglione di Sicilia. Riposa 32 mesi sui lieviti. Il profilo olfattivo è particolarmente agrumato, corredato da interessanti note floreali che ricordano la mimosa. Al palato è decisa l’acidità, il finale ricorda ancora gli agrumi con un tocco sapido e quasi salino. 

Campione 2 

Al-Cantara - Etna Spumante DOC Re Befè 2016 

Siamo sempre sul versante Nord, questa volta a Randazzo. Le uve, 100% nerello mascalaese, provengono da vigneti posizionati a 620 metri di altitudine nella contrada Calderara/ Feudo S. Anastasia. Il vino riposa sui lievi per 36 mesi. Anche in questo caso il tratto agrumato è sempre ben presente e caratterizza un corredo aromatico molto incisivo ma meno aggressivo del precedente grazie alla presenza di note fruttate di pesca di bella dolcezza e di erbe officinali. Fresco, con carbonica di buona finezza, ha un finale di piacevole persistenza.  

Campione 3

Nuzzella - Etna Spumante DOC Blanc de Noir 36 Mesi

Siamo sempre nel versante Nord, lievemente verso Est nel comune di Piedimonte Etneo. Questo nerello mascalese in purezza riposa 36 mesi sui lieviti prima della sboccatura. È probabilmente quello con il minor residuo zuccherino dei sei, aspetto che connota naturalmente in modo importante il suo incedere al palato.  Le note agrumate ricordano il pomplemo rosa e il bergamotto, con sfumature anche candite, alle quali si affiancano interessanti sfumature di noce ed erbe officinali. Severo al sorso, con allungo quasi iodato. 

Campione 4

Azienda Vitivinicola Destro  - Etna Spumante DOC Saxanigra 2014

Ancora versante Nord, a Montelaguardia, questo nerello mascalese in purezza viene allevato a 750 metri di altitudine e riposa sui lieviti per 36 mesi. Note di lieviti e biscotti si affiancano a quelle agrumate e floreali, insieme a sfumature di frutta secca. Al palato ha un tratto più morbido rispetto ai precedenti, figlio probabilmente di un residuo zuccherino maggiore, sebbene non manchi acidità e un finale che richiama sempre tratti agrumati.

Campione 5

Tenute Nicosia - Etna Spumante DOC Sosta Tre Santi 2017

È l’unico rappresentante del versante meridionale, a Sud-Est per la precisione nel comune di Trecastagni. Il nerello mascalase in questo caso proviene da vigneti posizionati principalmente ai lati del piccolo cratere di Monte Gorna e riposa sui lieviti per 30 mesi. In questo caso la nota agrumata lascia spazio a decise sfumature di frutta secca e a note floreali che si alternano con quelle di pan brioche. Al palato la vena acida non manca, così come una piacevole chiusura sapida. 

Campione 6

Cantine Russo - VSQ Brut Mon Pit Blanc de Blancs Brut 2016

È l’unico campione della degustazione fuori dalla DOC e vede insieme carricante e catarratto. Siamo nuovamente sul versante Nord, a Solicchiata e il vino riposa sui lieviti per 24 mesi. Le note agrumate sono più “dolci”, quasi candite e lasciano spazio anche a quelle di frutta, di pesca e albicocca in particolare. Più carico e intenso nel colore rispetto ai precedenti campioni, al palato sfoggia una carbonica cremosa e un finale che ricorda l’arancia amara.