Il nebbiolo. Nobile testimone del legame territoriale

Il nebbiolo. Nobile testimone del legame territoriale

Territori
di Sara Missaglia
07 settembre 2020

La magia di un vitigno dalle caratteristiche uniche, figlio del terroir dove viene allevato: l’ultima puntata di Annessi e Connessi è dedicata al nebbiolo grazie al viaggio-racconto di Nicola Bonera.

Non è semplice arrivare al cuore (e alla testa) delle persone attraverso lo schermo di un PC o di uno smartphone: l’emergenza sanitaria ci ha abituati ad una dimensione digitale, ma la dimensione live, come sappiamo, è un’altra cosa. Straordinaria quindi la capacità di Nicola Bonera di arrivare dritto alle persone attraverso un meeting digitale: da virtuale a reale, molto più semplice di quanto si possa immaginare quando si ama così tanto il vino e tutto ciò che ci sta intorno.

È quanto accaduto durante la bellissima serata in cui Nicola ci ha regalato un viaggio attraverso i nebbioli: sì, il plurale è d’obbligo. Il vitigno è infatti in grado di esprimere il territorio in cui viene allevato, in un legame profondo con l’ambiente che lo circonda, che va al di là della genetica. Per questo motivo esistono sfumature diverse di nebbiolo, in grado di regalare sensazioni gusto-olfattive figlie del territorio, testimonianza delle sue caratteristiche geologiche e delle particolari condizioni climatiche.


Il relatoreIl vitigno si caratterizza per un grappolo di media grandezza, definito “alato” in quanto in alcuni casi sviluppa una sorta di seconda propaggine. L’acino è medio, rotondo, violaceo e coperto di pruina che forse ha dato, con i suoi puntini di colore bianco, il nome al nebbiolo stesso, ricordando il colore e la densità della nebbia. Il vitigno è caratterizzato da una germogliazione precoce e da una maturazione tardiva. Dotato di eccellente vigoria, tuttavia piuttosto incostante, capriccioso, difficile: riesce infatti ad esprimere il meglio di sé solo là dove trova le migliori condizioni pedoclimatiche.

Tanti nomi per un unico vitigno: spanna nel Nord Piemonte, picotener o picotendro in Val d’Aosta, prünent nelle Valli Ossolane, chiavennasca in Valtellina. Tutto sembra girare intorno a quattro sottovarietà: lampia, rosè, michet e bolla. Le origini non sono chiare: forse al vitigno freisa possiamo attribuire la maternità, mentre la paternità potrebbe risiedere in un’antica varietà autoctona valtellinese. Certo è che non è semplice allevare il nebbiolo: è un vitigno molto esigente sia dal punto di vista ambientale che climatico, tanto è vero che la sua diffusione è molto limitata. In Italia si concentra in aree con clima prealpino e alpino settentrionale, in particolare in Piemonte, sia nel Nord che nella zona delle Langhe e del Roero, e in Lombardia. Il nebbiolo è presente in Austria, Svizzera, Germania, California, Messico e Argentina, e pochi altri Paesi contano ettari vitati, per un totale, alla data odierna, di poco più di 600 ha.

Origini antichissime, se Virgilio e Strabone elogiavano il vino della Raetia e Plinio Il Vecchio raccontava sia di Raetia sia di Uva Spinea della città di Agamium delle Colline Novaresi. Certo è che sappiamo che intorno all’anno 1000 il Monastero Sant’Ambrogio di Milano era proprietario di vigne nella zona dell’alto comasco, in direzione della Valtellina. Leonardo da Vinci nel suo codice Atlantico parlava della Valtellina (Voltolina) come di «valle che fa vini assai potenti». Documentazione, storia, testimonianze della vita nobile e altisonante del vitigno.

Il viaggio di Nicola è molto articolato, e parte dal Piemonte, caratterizzato da una composizione del terreno ricca e distinta per areali: terreni ricchi di ferro, sabbie aurifere e vulcaniche, porfidi nel Nord, mentre nelle Langhe troviamo argilla, marne, calcare e sabbia in percentuali diverse, con il Roero caratterizzato da terreni più sabbiosi e tufacei. Nicola ci racconta delle Langhe e del Roero, del fiume Tanaro, che attraversa Cherasco e Alba, di un paesaggio collinare caratterizzato da vigneti, noccioleti e boschi.

Focus importante sulla denominazione Barolo, che prevede il vitigno vinificato in purezza e selezionato negli 11 comuni previsti dal disciplinare: un territorio ricco di 170 Menzioni Geografiche Aggiuntive (MGA) e 11 menzioni comunali, per un totale di 2149 ha di vigneto (dato 2018). E ancora il Barbaresco, presente nei comuni di Barbaresco, Neive, Treiso e San Rocco  Seno d’Elvio (frazione di Alba), per 66 MGA e 763 ha vitati (dato 2018). Come non parlare del Nord Piemonte, che presenta la peculiarità della vinificazione del nebbiolo con altre uve tradizionali, come la vespolina, la croatina e l’uva rara: 11 denominazioni per 700 ha vitati.


I viniNicola ci racconta del fiume Sesia, del Monte Rosa, del supervulcano che si estende da Borgosesia alla Pianura Padana e da Curino a Borgomanero, con la sua caldera di 13 km di diametro che segna il margine tra le due placche, quella euroasiatica e quella africana, il cui scontro è responsabile della nostra orogenesi. Gattinara, Lessona, Bramaterra, Ghemme, denominazioni che evocano vini di grande qualità, con una composizione dal punto di vista geologico ricchissima, un vero e proprio patchwork.

E infine la Valtellina, valle a nord della Lombardia a ridosso del confine svizzero, circondata da due versanti alpini diversi: il versante retico, totalmente assolato, che regala 42 km di costa soleggiata quasi interamente vitata, e il versante orobico, che la separa dalla bergamasca. Nel mezzo il fiume Adda, e pendenze che sfiorano anche il 60% con vette oltre i 3.500 metri di quota, in un ambiente alpino solo apparentemente inadatto alla viticoltura. Cinque le Menzioni Geografiche Aggiuntive: Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella, per due DOCG, il Valtellina Superiore e lo Sforzato di Valtellina, e una DOC, il Rosso di Valtellina, oltre alla IGT Alpi Retiche. Un viaggio lungo tante valli, colline e montagne, per arrivare al calice.

Nicola chiude la serata con la degustazione di un Valtellina Superiore Grumello DOCG 2010 di Aldo Rainoldi, una cantina emblema della Valtellina: è un vino che è espressione di una terra a prevalenza sabbiosa e molto drenante, simbolo di una viticoltura alpina e coraggiosa che beneficia di venti, sbalzi termici, temperature raffrescate tipiche della montagna. Da virtuale a reale: terminato il meeting digitale, il desiderio è quello di poter al più presto raggiungere le località che Nicola ci ha rappresentato con una passione e una competenza davvero uniche.