Quel bianco in terra di Barolo: la nas-cëtta di Novello

Quel bianco in terra di Barolo: la nas-cëtta di Novello

Territori
di Alessandro Franceschini
05 agosto 2020

A 10 anni dal riconoscimento della denominazione che lega il piccolo comune del Barolo a questo autoctono a bacca bianca che rischiava l'estinzione, un incontro virtuale ne ha ripercorso le sue vicende e il suo presente

Sgomitare in terra di rossi avendo a disposizione un vino bianco non è mai facile. Ma l’operazione risulta ancor più complessa se il vino rosso in mezzo al quale inserirsi ha un nome non certo secondario all’interno del panorama vitivinicolo non solo nazionale, ma internazionale, come quello di Barolo. 

È il destino che da sempre, o quanto meno da quando un piccolo gruppo di produttori ha deciso di puntarci, contraddistingue la nas-cëtta, vitigno autoctono, anzi, super autoctono potremmo dire, che ha trovato dimora da molto tempo a Novello, uno degli undici comuni dove appunto si può allevare il nebbiolo che poi diventerà Barolo.

Quando iniziammo a rilanciare la nas-cëtta, anche il timorasso era nella nostra stessa situazione. Però nei Colli Tortonesi hanno praticamente solo quel vitigno con quel carattere e quella forza, noi invece abbiamo…il Barolo”. 

Le parole sono quelle di Valter Fissore, al timone dell’azienda Elvio Cogno insieme alla moglie Nadia, la prima realtà riuscita a far accendere i riflettori su questo vitigno con vini di carattere e originalità e, dote non certo secondaria, in grado di evolvere nel tempo. E in effetti, osservando la storia del timorasso, autoctono a bacca bianca piemontese anch’esso caduto nell’oblio e oggi diventato quasi oggetto di culto per molti appassionati – recentemente è stata presentata una sottozona dedicata solo a questo vitigno –  i paragoni vengono spontanei, così come la speranza da parte dei produttori che coltivano nas-cëtta di ripercorrerne, probabilmente, la stessa strada.

Il comune di Novello

Un po’ di storia

Anche la nas-cëtta ha un legame molto stretto con un areale e un territorio, quello di Novello, e ce l’ha ufficialmente all’interno della denominazione Langhe DOC da 10 anni. Un anniversario festeggiato qualche tempo fa con una degustazione virtuale che ha visto 11 cantine (Arnaldo Rivera, Az. Agr. Le Strette, Luca Marenco,  Az. Agr. La Pergola, Az. Agr. Cascina Gavetta, Az. Agr. Vietto,. Sansilvestro, Casa Baricalino, Az. Vitivincola Marengo Mauro, Az. Agr. Stra, Elvio Cogno) della locale Associazione, presieduta proprio da Fissore e nata nel 2014, raccontare le caratteristiche dei loro vini.

Se l’iscrizione ufficiale nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite da parte della nas-cëtta avviene solo nel 2001 – nel 2002 entra a far parte della DOC Langhe e poi, nel 2010, ottiene il legame con il comune di Novello anche in etichetta con la produzione autorizzata solo qui e con questo vitigno al 100% – la sua storia è molto più antica e risale almeno al 1877, quando Giuseppe dei Conti di Rovasenda, nell’ormai celeberrimo “Saggio di un’ampelografia universale” definisce quest’uva “delicatissima” e il vino che se ne ricava “squisito”.

Nonostante queste doti, il destino della nas-cëtta, così come quello di tanti altri vitigni autoctoni italiani poco produttivi, incostanti e non facili da allevare, è stato quello di rischiare l’estinzione e la definitiva scomparsa dalla geografia dei vitigni italiani se non fosse sopravvissuto in rari e piccolissimi vigneti (il più antico risale al 1948).
Nel 1991, su spinta dell’amministrazione locale di Novello, iniziarono degli studi e le prime microvinificazioni per capire quali potenzialità avesse. Ma fondamentale fu, nel 1993, la degustazione di alcune bottiglie del 1986 da parte di alcuni produttori del posto: non solo erano ancora buone, ma avevano un carattere elegante e intrigante. Insomma, ci si poteva ricominciare a puntare. 

Nel 1994 Cogno, come detto, fa da pioniere e lancia sul mercato la prima etichetta, seguito poco dopo dalla cantina Le Strette.   

Grappolo di nasc-ëttaIl presente

Oggi nelle Langhe ci sono in totale 40 ettari dedicati alla nas-cëtta, 13 dei quali si trovano a Novello, che potremmo considerare una sorta di sottozona, pur con differenze al suo interno dovute a esposizioni differenti. Il vitigno è classificato come semiaromatico, tanto che un tempo veniva vinificato dolce, usato per tagliare il moscato nonché come vino per celebrare la messa.

L’uva ha un genoma simile a quello del nebbiolo e ha qualche parentela anche con la favorita, ma nessuno ne ha certezza” ha spiegato durante il suo intervento Savio Daniele dell’azienda Le Strette, che insieme a Cogno rappresenta un po’ la memoria storica di questa varietà.

Il vitigno è esigente: ha bisogno di ottime esposizioni e conquistarsele a Novello, sulle Marne di Santagata Fossili, dove il nebbiolo dà origine a vini dai tannini sottili ed eleganti, non è certo semplice. A Novello, inoltre, il microclima è favorevole, si affaccia sul Tanaro, gode di ottima ventilazione. Dalla buccia spessa, la nasc-ëtta si presta all’appassimento, tipologia non a caso prevista, ma non semplice da gestire, come hanno sottolineato un po’ tutti produttori. A concludere un quadro non certo agevole, la maturazione è tardiva, dopo quella del dolcetto, circa a fine settembre, unita a una certa incostanza produttiva. Insomma, bisogna crederci.

Nel bicchiere ci sono tratti comuni in quasi tutti gli 11 vini dei produttori di Novello, pur al netto di interpretazioni anche molto differenti. Il primo è quello di profumi che richiamano le erbe aromatiche, con lievi tocchi floreali. Sembra un bianco quasi mediterraneo, non certo montano, nel suo incedere olfattivo, aspetto che poi con il passare degli anni e la terziarizzazione degli aromi, aggiunge sfumature che possono far ricordare in qualche modo il riesling. Ma al di là delle similitudini con altri vini, è certamente un’uva che può dare origine a vini di carattere se vinificata con questo obiettivo, vale a dire quello di donare il meglio di sé con il passare degli anni. Non ha grande acidità al palato, ma ottima sapidità e una buona struttura, ed è questo il secondo aspetto che è possibile trovare un po’ in tutti i vini. C’è, infine, chi prova una lieve macerazione sulle bucce, chi qualche affinamento anche in legno.

La strada da percorrere, come sottolineato dagli stessi produttori è lunga, ma le basi e le prospettive per un grande bianco ci sono tutte.