I pas dosé di TrentoDoc

Racconti dalle delegazioni
18 novembre 2014

I pas dosé di TrentoDoc

“Trento è una città allegrissima. Non è un caso, forse, se abbiamo trovato proprio qui uno spumante secco perfetto: questo vino tecnico e insieme gaio, così difficile da fare e così facile, troppo facile, da bere!” Perfetto scriveva Mario Soldati parlando proprio di uno spumante metodo classico del Trentino, quando era da poco iniziata la straordinaria avventura di Ferrari

Anna Basile

Trento Doc

Da allora il Trentodoc ne ha fatta di strada, diventando una delle realtà più interessanti nel panorama degli spumanti italiani anche per la straordinaria capacità di raccontare, sorso dopo sorso, il territorio da cui nasce: il Trentino.

Il Trentino è terra di montagna, e la montagna sa essere una preziosa risorsa quando si parla di spumanti. Ce lo racconta Mariano Francesconi, Presidente AIS Trentino, durante un seminario interamente dedicato ai pas dosè Trentodoc organizzato da AIS Milano. Escursioni termiche, altitudine, la coesistenza di tanti microambienti climatici che si integrano tra loro: ecco le variabili che influenzano in maniera incredibile questi vini, veri e propri spumanti di montagna. Luminosi, limpidi, eterei, freschi nella loro salubrità proprio come un paesaggio del Trentino, gli spumanti Trentodoc sanno raccontare la terra da cui nascono e la passione dei produttori trentini (22 al banco di degustazione AIS dello scorso 29 settembre), e si lasciano amare e bere con una facilità unica. 

Gli spumanti scelti da Mariano Francesconi per raccontare il Trentodoc sono tutti pas dosè, più sinceri, più schietti, naturali, sempre eleganti. Infatti la parola che rivela l’animo dei vini e guida la degustazione è verticalità: il vino promette grande finezza nei sentori e nell’aspetto, partendo da una freschezza che conquista sin dal primo sorso. La degustazione delle bollicine di montagna comincia con un Trentodoc Pisoni naturale millesimato 2011: chardonnay in purezza: 40 mesi sui lieviti e il caldo abbraccio di un clima quasi mediterraneo rendono questo vino piacevolissimo; schiumosità densa, sciolta, vivace, rallegrata da catenelle fini e un bel giallo luminoso, e al naso una gradevole mela gialla matura arricchita da un seducente tocco agrumato e sentori di erba falciata. In bocca il vino è immediato, fresco, impossibile non berne ancora. 

Una più decisa carica aromatica impreziosisce il Trentodoc Opera Nature 2008, (millesimato 2008, Trento Doc - Salachardonnay 100%), secondo vino in degustazione, che si propone al naso con un profumo ricco e deciso, che rilascia sentori di mela golden, nocciola leggermente tostata e una piacevole nota di vaniglia non legata al legno ma a una delicata pasticceria. Al gusto spicca una forte mineralità tipica del terreno dolomitico-calcareo su cui è coltivato il vitigno: siamo nella Valle di Cembra, qui le vigne si nutrono da terreni diversi - decisamente ad alta quota - e in bocca spicca con eleganza proprio la mineralità legata al terreno che si sente scalpitare nel bicchiere. 

Dopo due chardonnay in purezza arriva il momento del pinot nero con un Trentodoc Revì dosaggio zero 2010, sboccatura 2014 (25% di pinot nero e 40 mesi sui lieviti). Sebbene al naso risulti minore l’impatto olfattivo, è al palato che si gioca la partita delle sensazioni: rotondità, avvolgenza, eleganza, una buona struttura, corposità: qui è la frutta matura che predomina, mentre una gentile nota speziata caratterizza il Trentodoc Maso Martis dosaggio zero riserva millesimato 2009, sboccatura 2014 (30% pinot nero). Corteccia di liquirizia e vaniglia dolce, qui svaniscono i sentori della frutta per lasciare spazio agli aromi più decisi della scorza di arancia. 

Il momento clou arriva con il Trentodoc Altemasi pas dosè2005, sboccatura 2013 (40% pinot nero, ben sette anni sui lieviti), un vino che ha la capacità di esprimere tutte le peculiarità della viticoltura di montagna e della vocazione spumantistica del territorio trentino. La tonalità racconta una diversità sostanziale, un bel giallo brillante con riflessi dorati, e le catenelle strette e molto persistenti raccontano la lunga presenza sui lieviti. Al naso sprigiona leggere note di sottobosco, felce e sentori balsamici, che sposano in bocca un gradevole retrogusto minerale e un finale piacevolmente ammandorlato. Non si tratta di un vino che gioca sull’impatto o sull’irruenza la sua carica sensoriale: la sua vera potenza sta nel lento sprigionarsi di sapori e sensazioni. 

Il vino che chiude la degustazione è un Trentodoc Bellaveder riserva naturale 2009, uno chardonnay in purezza, un vino che forse può essere idealmente simbolo del Trentodoc. Gradevoli sentori di lievito si coniugano a note di frutta fresca anche esotica, agrumi e sottobosco per un gusto piacevolmente fresco, limpido e naturale, proprio come una bella vista sui paesaggi di montagna del Trentino.

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