Verdicchio: tanti ottimi motivi per imparare a conoscerlo (e non smettere di berlo)

C'è qualcosa di vagamente onomatopeico nel nome di questo vitigno, come scriveva Mario Soldati in "Vino al vino": «Verdicchio suona fresco, suona vivo, suona leggero [...] gentilmente pungente, croccante, cricchiante».

Sara Missaglia

Una sera, sotto la luna, una cena in terrazza, il canto dei grilli sulle colline marchigiane: nonostante sia autunno inoltrato, la fantasia ci rende liberi da Milano ed evoca l'allegria e la vitalità dell'estate. 
Antonio Erba ci guida alla scoperta di un verdicchio nuovo e ambizioso, che ha superato il pregiudizio di una qualità minore e discutibile. Antonio lo fa in compagnia di calici straordinari e di vini "in carne ed ossa"; The Westin Palace Hotel ospita infatti per questo evento alcuni produttori tra i fuoriclasse marchigiani.

Primo tra tutti Ampelio Bucci, uno dei grandi italiani del vino; straordinaria competenza, assoluta tranquillità e semplicità nel raccontarci il suo vino. Diretto e autentico come il verdicchio, ci parla, senza clamore, trasferendoci l'amore per la terra e per la storia della sua azienda. Villa Bucci 2003 e 2004 sono testimonianza di un vino che è espressione generosa di qualità, interprete di una cultura coraggiosa oggi riconosciuta e apprezzata. Un'enologia che ha fatto passi da gigante, che rifiuta logiche produttive omologanti ed è lontana dall'idea di un vino semplice, evocata per decenni dalla bottiglia a forma di anfora nata nel 1953 nella cantina Fazi Battaglia. Villa Bucci al naso è un effluvio di terziari avanzati, con note di idrocarburi tipiche del riesling, in associazione a sentori di finocchietto e di liquirizia per un finale ammandorlato, tipico del vitigno: potente, pieno di energia, decisamente invitante, con un finale lunghissimo.

Il verdicchio: l'oro delle MarcheA fianco del prof. Bucci il giovane enologo Roberto Alfieri di Ca' Liptra: tradizione e sperimentazione, ricerca e originalità per dare vita ad un vino di grande personalità; il suo Kypra 2014 si distingue per eleganza ed armonia giocate tra note di cereali e fieno secco, unite ad una graffiante sapidità che regala al vino una promettente longevità.
 
Infine in sala è con noi Riccardo Baldi dell'Azienda Agricola La Staffa di Staffolo, in provincia di Ancona; giovanissimo orgoglio marchigiano (Riccardo ha 25 anni), simpatico e determinato, ci conquista tutti mentre degustiamo il suo La Staffa 2014. Esuberante come solo i giovani sanno esserlo, il vino ha in sé tutte le Marche piene di energia e di fiori, frutta bianca e agrumi al naso, largo e persistente in bocca, morbido, rotondo, sapido.
 
Antonio Erba è il regista di una serata importante, ricca di calici in degustazione e vissuta con la leggerezza del fare che è propria dei "grandi": un percorso alla scoperta dei tanti, ottimi motivi per bere verdicchio. 
Come recitava un vecchio adagio pubblicitario «due gusti è meglio di uno», la produzione di questo vino, che nasce da un vitigno autoctono con radici molto antiche, si colloca infatti in due zone diverse, sulle colline di Jesi e su quelle di Matelica: il verdicchio dei Castelli di Jesi nasce in una zona aperta al mare, con un'esposizione da est ad ovest; la zona di Matelica ha invece una conformazione orografica diversa, con una valle da nord a sud, chiusa, protetta dall'influenza del mare. 
Il verdicchio di montagna, che conta circa 20 produttori, è più "nordico", erbaceo e floreale, talvolta un po' rustico, meno alcolico e morbido, vinificato per la quasi totalità in acciaio. Il verdicchio di mare, prodotto da circa 120 aziende, ha invece una complessità olfattiva ed una struttura maggiori, con sentori precisi di frutta matura ed elevata sapidità che promette evoluzione.

VerdicchioSi deve bere verdicchio «perché è un vino per palati educati», richiede infatti perizia e pazienza poiché, a differenza di altri vitigni, non ti rapisce immediatamente ma ti conquista in modo discreto, quasi pudico, scoprendosi un poco per volta. Si deve bere verdicchio «perché non si vive di solo Montrachet!». Impossibile non sottolineare il rapporto qualità/prezzo quando ci troviamo in presenza di vini contraddistinti da finezza aromatica ed energetica esplosività a prezzi del tutto sostenibili. Si deve bere infine verdicchio perché «è il vino bianco più premiato d'Italia»: sommando i punteggi attribuiti a ciascun vino dalle maggiori guide enologiche, si scopre che il verdicchio è il vino bianco al primo posto in classifica, orgoglio e prestigio per le Marche.

Antonio conclude la serata precisando che «c'è del genio in questa follia e (spesso) non è il vino dell'enologo». "Non è il vino dell'enologo. Lessico di un vignaiolo che dissente" è un libro di Corrado Dottori, un passato nel mondo della finanza con un presente e un futuro da vignaiolo indipendente. Il suo verdicchio (questa sera degustiamo Gli eremi 2014 dell'Azienda La Distesa) è figlio di una ricerca - nella vita come nel lavoro - lucida, critica e talvolta dolorosa di una dimensione con regole differenti, per un'agricoltura sempre più naturale e per un vino che sia espressione del meglio della vigna, della storia e della cultura del mondo contadino.

Siamo lontani anni luce dal cliché di un vino facile, lontani dalla sofisticazione, dallo sfruttamento del territorio, dall'irresponsabilità industriale: grazie Antonio, il verdicchio che ci hai fatto conoscere questa sera porta il tuo sorriso e promette un grande avvenire.

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