Una grande serata per grandi whisky

Distillati in primo piano nella Delegazione AIS di Milano: sotto i riflettori gli whisky di Scozia...

Paolo Valente

Relatore della serata di giovedì 11 marzo 2010 è stato Angelo Matteucci, uno dei massimi esperti di whisky in Italia e presidente del Single Malt Club (associazione fondata nel 2000, che conta oggi oltre diecimila soci).

Angelo Matteucci, sommelier e amico da lungo tempo del delegato Fiorenzo Detti, con passione e dovizia di particolari ci racconta che per fare un buon whisky sono indispensabili tre ingredienti: l’orzo, l’acqua e i lieviti.

A questi occorre aggiungere un altro elemento fondamentale, la torba, che, anche se non si configura come ingrediente, è quasi indispensabile per la produzione degli whisky scozzesi. La torba è un carbone fossile creatosi dopo l’ultimo periodo glaciale quando, nella Scozia coperta da acquitrini, le prime forme di vita vegetale si svilupparono, crebbero e morirono decomponendosi e accumulandosi strato su strato su una base di terreno argilloso e impermeabile. Utilizzata nel passato come combustibile di facile reperibilità e di basso costo, ma con basso rendimento calorico, oggi la torba è stata sostituita dal carbone e dal petrolio. Rimane tuttavia ancora in uso per l’affumicatura di alcune preparazioni alimentari e per la produzione di whisky, per la sua capacità di emanare un fumo intenso e acre utilizzato nella fase di essiccazione dei grani di orzo germogliati.



Per un ottimo whisky occorre dunque scegliere tra la ventina di varietà di orzo distico (la cui spiga è formata da due file di chicchi), avere a disposizione purissima acqua scozzese (non a caso la maggior parte delle distillerie è ubicata vicino a un corso d’acqua) e selezionare lieviti di birra che riescano, durante la fermentazione, a conferire al mosto di malto i profumi richiesti, creando così una buona base per la distillazione. Una volta ottenuto il distillato, servono buoni contenitori in legno e lunghi anni di attesa.



L’orzo è una pianta adatta ai climi temperati che, in fase di germinazione, necessita di una temperatura intorno ai 13/14 °C, di grande disponibilità di acqua e di molte ore di luce al giorno. In Scozia, dove ha trovato un habitat perfetto, questo cereale è coltivato da secoli.

Il processo di produzione del whisky inizia con il maltaggio; l’orzo viene portato dai silos di stoccaggio nelle vasche di infusione dove resta per alcuni giorni immerso nell’acqua a una temperatura di 13 °C. Qui ha modo di assorbire l’acqua necessaria per iniziare la germinazione e le conseguenti reazioni enzimatiche che trasformano gli amidi in zuccheri fermentescibili. L’orzo viene quindi posto, in uno strato di circa 30 centimetri, sul pavimento di grandi capannoni dove rimane per 5 giorni rivoltato sistematicamente per contrastare l’innalzamento della temperatura. Alla comparsa della radichetta, che fuoriesce dal chicco è necessario interrompere la fare germinativa, che consumerebbe tutto lo zucchero disponibile. Si provvede dunque all’asciugatura ed essiccazione attraverso l’insufflazione di aria calda e all’affumicatura con fumo proveniente dalla combustione della torba.

Ed è qui che nasce una delle maggiori differenze tra i vari tipi di whisky scozzesi. La percentuale di affumicatura, che varia tra le 2 parti per milione (ppm) alle 50/55 ppm, determina e marca il carattere di ogni whisky. Tipicamente quelli prodotti nelle isole, Islay in particolare, hanno spiccate note torbate che li rendono inconfondibili all’olfatto, mentre in quelli prodotti nelle Lowlands il sentore di torba è molto meno percettibile.

Dopo la fase di affumicatura che dura uno o due giorni, l’orzo, ormai diventato malto, viene macinato grossolanamente. Si aggiunge acqua calda nella quale gli zuccheri si sciolgono; la parte solida viene separata e resta un liquido zuccherino a cui si addizionano lieviti selezionati.

I lieviti, moltiplicatisi, cominciano a consumare lo zucchero trasformandolo in alcol. Si ottiene un liquido, simile a una birra, con un tenore alcolico tra il 6 e l’8% che viene immesso negli alambicchi, rigorosamente discontinui e in rame, per una prima distillazione, dalla quale si ottiene una bevanda di tasso alcolico intorno ai 22/24%.

Segue poi una seconda distillazione effettuata in un alambicco differente, durante la quale si scartano le cosiddette teste e code, ovvero la prima e l’ultima parte del distillato che esce dall’alambicco, perché ricche, rispettivamente, di metanolo, velenoso, e alcoli superiori di bassa qualità.

Mediante l’aggiunta di acqua purissima il tenore alcolico viene ridotto e portato convenzionalmente a 63,5%. Il distillato, che deve obbligatoriamente maturare in legno per almeno tre anni per potersi fregiare del termine whisky, è immesso in barili da 250 litri, costruiti assemblando doghe di barriques già usate.

Il colore e alcuni profumi che l’whisky assume durante l’invecchiamento sono strettamente legati alle barriques; avremo differenti tonalità e sentori a fronte di differenti legni o dei precedenti utilizzi: se hanno contenuto sherry, il colore avrà sfumature tendenti al ramato e note caratteristiche vinose, mentre quelle che hanno contenuto bourbon regaleranno un colore tendente al dorato e sentori riconducibili al dolce del mais.



I primi tre whisky degustati nel corso della serata provengono dalla zona dello Speyside, dove si producono whisky con un limitato utilizzo di torba.



Glen Grant – Single Malt 10 anni – 40%

Nel bicchiere si evidenzia un bel colore dorato, con aromi dolci che vanno dalla scorza di arancia alla frutta, come mela o pera, all’albicocca disidratata, alle erbe aromatiche, ad aromi evoluti.

In bocca si ripropongono gli agrumi, ma anche il miele dolce e la malva; il palato risulta asciutto, buona la persistenza che tende, sul finale, alla mandorla.



The Glenrothes – Select Reserve 1991 – Single Malt – 43%

Colore dorato con riflessi ramati che lasciano intuire il passaggio in contenitori spagnoli che hanno racchiuso sherry. Al naso le note del vino passito, di frutta matura, di marasca, di prugne, ma ancora di nocciola, torrone, cioccolato gianduia. In bocca risulta morbido con una bella freschezza e sapidità.



The Glenlivet – Nadurra – Single Malt 16 anni – 53,6%

Selezione speciale della distilleria. Il colore è dorato splendente. Dolce al naso, elegante con sentori di vaniglia, liquirizia, crema pasticcera, mela cotogna, frutta tropicale, lieviti e una nota salmastra accompagnata da sentori balsamici e da un finale di uva sultanina. La bocca resta asciutta, pulita, anche se l’equilibrio finale non è perfetto come le aspettative. Pecca un po’ nella persistenza.



Il quarto whisky proviene dalle Highlands sud-orientali ed è prodotto con ingredienti e metodologie completamente naturali

Aberfeldy – Single Malt 21 anni – 40%

Colore oro antico, il naso svela note vegetali, di mallo di noce, di tabacco in fermentazione, di frutta fresca, cioccolato e torrone, poi ancora maracuja, fichi d’india e cachi. Finale tostato di arachidi.



Segue un prodotto proveniente dalle isole Orcadi, le più settentrionali della Scozia.

Highland Park – Single Malt 18 anni – 43%

Ambrato nel bicchiere; al naso leggera nota floreale, frutta candita con nota salmastra del vento di Scozia e ancora frutta secca di forte tostatura. La nota minerale finale in bocca è molto marcata, ottima persistenza.



L’ultimo distillato in degustazione proviene dall’isola di Islay, le cui distillerie si caratterizzano per la nota torbata conferita ai propri whisky.

Ardberg – Uigeadail – Single Malt – 54,2 %

Blend di differenti whisky invecchiati almeno 5 anni. Non filtrato a freddo.

Colore ambrato. Una piacevole nota di fumo si impossessa del bicchiere; spicca la nota minerale, mentre la forza alcolica è avvolta nei profumi della frutta candita e la frutta secca con forte tostatura. Gran finale di tabacco e cioccolato fondente.

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