Bollicine che passione
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19 novembre 2008

Il fenomeno dei vini “spumeggianti” si allarga sempre più nonostante la crisi
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Certo il termine spumante è più corretto, ma la tendenze indicano che nonostante i consumi e anche quelli del vino sono in recessione, le bollicine “tirano di brutto” e parliamo specialmente di Champagne (con oltre 9 milioni di bottiglie l’Italia si conferma il quinto Paese importatore) e di quel fenomeno “Franciacorta” che per legge non deve riportare in etichetta il termine “spumante”. “Bollicine” è un termine glamour, che indica quel meraviglioso mondo, secondo noi, di vini con rifermentazione in bottiglia (metodo classico) o in autoclave (Martinotti o Charmat).
In Italia si producono circa 299 milioni bottiglie di spumanti (tra cui quelli a metodo classico contano poco più di 21 milioni), di cui 153 milioni bottiglie vengono consumate in Italia.
E’ incredibile pensare che il 72% del consumo nazionale avvenga in 25 giorni (era l’80% solo nel 1998), un consumo perciò legato soprattutto ai momenti di festa. Per i vini spumanti non c’è una cultura al consumo quotidiano e continuo, è ancora forte un approccio occasionale ed estemporaneo e la bottiglia di spumante è ancora legata per il 78 % a ricorrenze, feste, anniversari, compleanni. Eppure in questo contesto, secondo l’Osservatorio Nazionale dei Vini Spumeggianti, che monitora costantemente il
mercato con l’ausilio del Ministero delle Politiche Agricole (con il contributo statistico e analitico di Ismea-Ac Nielsen), rispetto al 2006 si registra un incremento del 6 % sul mercato nazionale con un +7 % in valore; mentre sui mercati esteri si è toccato un +9 in volumi e un + 11 in fatturato al consumo. In particolare nel 2007 sono state prodotte- spedite 70 milioni di bottiglie di Asti docg, circa 85 milioni di Spumanti di qualità, oltre 120 milioni di bottiglie di Prosecco doc Conegliano Valdobbiadene e circa 21 milioni di metodo classico.
Quindi un mercato nazionale in leggera crescita e un mercato estero che si può dire abbia scoperto le bollicine italiane. Il trend positivo si è riscontrato più nei bar e nei grandi punti vendita, piuttosto che in enoteche e ristoranti. Oltre il 60% degli aperitivi è a base di
vini bianchi e spumanti nazionali. Si riscoprono i vini giovani e meno impegnativi
per bevibilità, prezzo più contenuto, più abbinamenti a tavola, più facilità di consumo.
In questo ambito, come affermano i professionisti della vendita del vino, il bar e il consumo fuori casa diventano un elemento strategico nella vendita di bollicine. Nei bar il consumo a calice è in forte crescita: per il metodo classico nazionale e straniero si registra un + 12%, mentre per il metodo charmat un + 7%. Sono stazionarie o quasi (+ 2%) le bottiglie di spumanti destinate ai regali. Nei bar del centro-sud Italia la fetta maggiore dei consumi spetta agli spumanti dolci; dal 35 al 40% di media, contro il 15-18% del nordovest e il 12-15% del nordest. Il Prosecco ( doc e non doc ) ha nel mezzogiorno l’incidenza minima riscontrata in ambito nazionale pari al 25%, contro il 54% dei consumi di vini spumeggianti nei bar/alberghi/enoteche delle regioni del nordest. La quota dei metodo classico, consumata al bar/enoteca è di circa il 10% indistintamente in tutte le aree geografiche, ad eccezione del nordovest dove raggiunge il 14%.
E’ stato anche riscontrato dall’Osservatorio nazionale che il prezzo è all’ultimo posto fra i fattori influenti la scelta dei consumatori nella mescita a calice (i prezzi sono quasi standardizzati su tutto il territorio nazionale su tre livelli: metodo charmat, metodo classico italiano, champagne).
La Lombardia è la prima regione italiana nella produzione di spumanti a metodo classico con 13,4 milioni di bottiglie fra Docg e Doc (Franciacorta, Oltrepò pavese e alcune piccole chicche come il Valcalepio e il Lugana spumante). Il Piemonte invece è la prima in assoluto per produzione di spumanti con 132 milioni di bottiglie, seguita dal Veneto con 130
milioni e dal Trentino-Alto Adige con 14 milioni. Il Prosecco comunque la fa sempre da
padrone, si tratta di un successo dovuto in gran parte anche alla moda dello spritz, lanciata nelle regioni del nordest d’Italia, e dell’utilizzo come ingrediente in numerosi cocktail; mentre tra i protagonisti indiscussi dell’ultimo periodo emerge il rosé, particolarmente apprezzato da un pubblico giovane e femminile.
Un’altra tendenza sono le “bollicine autoctone”, cioè quegli spumanti prodotti con vitigni autoctoni che presentano caratteristiche per produrre vini di elevato spessore, come il Verdicchio, la Ribolla gialla, il Grecanico, il Torbato, ecc. Per quanto riguarda i consumatori, l’indagine svolta da winenews e forumspumanti, indirizzata a oltre 18.500 eno-appassionati, è volta a tracciare la percezione di uno dei più interessanti prodotti dell’enologia del Belpaese.
Se il “partito degli spumanti” annovera sempre più proseliti, al suo interno si registrano
però posizioni contrapposte, a partire dal nome stesso del prodotto versato nel bicchiere.
Per il 61% degli enonauti il termine “bollicine”, neologismo nato nel gergo del mondo
del vino e diffusosi ormai a macchia d’olio per indicare genericamente tutti i vini spumanti, è bello e divertente.
La pensa al contrario un 39% di “puristi”, che ritengono “bollicine” una parola troppo indefinita, appunto troppo generica, riferita a tutto ciò che frizza e dunque suscettibile di confusione e fraintendimenti: può essere riferita infatti non solo a tutti gli spumanti, italiani o francesi che siano, ma addirittura alla coca-cola o all’acqua effervescente. I sostenitori la difendono spiegando invece che funziona perfettamente dal punto di vista della comunicazione, ed è immediatamente comprensibile a tutti: insomma, generica da un punto di vista tecnico, ma simpatica ed intuitiva.
Che li battezzino “bollicine” o forse meglio “ vini spumeggianti”, gli eno-appassionati italiani ne bevono mediamente 28 bottiglie all’anno. Sono una consuetudine immancabile
nei giorni di Natale e Capodanno, in cui si stappano in media 4 bottiglie. Anche le ricorrenze familiari rappresentano un’altra importante occasione di consumo: per festeggiare con pareti ed amici compleanni, anniversari o promozioni si aprono 6 bottiglie
di spumante all’anno. Ancora più significativo il consumo durante le cene con gli amici, a casa o al ristorante: in queste occasioni si stappano in media 8 bottiglie. Ma in aggiunta alle tradizioni ormai consolidate è il nuovo rito dell’aperitivo che fa impennare i consumi di “bollicine”: per i loro happy hour gli eno-appassionati del Belpaese ne bevono mediamente 10 bottiglie all’anno.
Le “bollicine” non sono solo da godere in prima persona, rappresentano anche un dono ideale sia per esperti, sia per neofiti: nella vastissima gamma di spumanti made in Italy (ben 264 etichette fra tutte le 340 docg e doc italiane) non è difficile trovare la tipologia giusta per accontentare tutti i gusti, tanto che gli eno-appassionati dichiarano di regalarne in media 5 bottiglie all’anno. Un’altra tendenza in crescita è quella della libertà degli abbinamenti: sdoganate le regole troppo rigide e formali, è opinione sempre più consolidata che gli spumanti a tavola vadano d’accordo con tutto. Per la grande maggioranza degli eno-appassionati (74%) gli spumanti sono perfetti per essere bevuti a tutto pasto, in virtù della loro grande flessibilità.
Naturalmente ci sono piccole eccezioni: impossibile infatti, anche per i grandi fan delle “bollicine”, abbinarle per esempio con la selvaggina, o con piatti di carne molto ricchi
ed elaborati. Di diverso parere il 26% di chi ha risposto al sondaggio, secondo cui gli spumanti, al pari degli altri vini, vanno abbinati esclusivamente con cibi specifici.
Per quanto riguarda l’offerta italiana degli spumanti sul mercato, il 65% degli intervistati ritiene che sia giustamente variegata e adeguata al nostro territorio. Anzi, fedeli alla regola “più etichette, più qualità”, giudica positivamente che, al di là dei grandi territori, vi siano sperimentazioni spumantistiche anche in aree tradizionalmente non vocate o non significative dal punto di vista della quantità e della diffusione, in considerazione della grande ricchezza varietale che distingue la produzione enologica italiana. Al contrario il 35% sostiene che in Italia ci sia un’offerta eccessiva e sugli scaffali si trovino troppe “ bollicine” che niente hanno a che vedere con uno spumante. Ma qual è il criterio che guida le scelte dei fan delle “bollicine”, in enoteca, al ristorante o al bar? Il 66% dichiara di fare affidamento sulla denominazione d’origine, ovvero di bere solo bottiglie Doc
e Docg, perché sia sul piano della qualità sia su quello dell’immagine gli spumanti a denominazione si distinguono nettamente da quelli privi di questo valore aggiunto. Il 34% si affida invece al brand, ovvero alla notorietà del marchio: in questo caso la qualità del prodotto è garantita dalla cantina che lo produce, in genere famosa ed ubicata nei terroir più importanti, come Franciacorta, Trento, Valdobbiadene e Asti.
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