Enogastronomia lombarda in altalena

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27 febbraio 2008

Enogastronomia lombarda in altalena

Chi sale e chi scende nella speciale classifica dell’autorevole “Il Sole 24 ore” La Lombardia nel suo complesso è solo la sesta nella graduatoria delle Regioni italiane. Brescia saldamente al primo posto tre le provincie della Lombardia

Raffaele Foglia

Da Brescia a Lodi, ovvero dalle stelle alle stalle – per quanto riguarda l’enogastronomia - nel giro di una settantina di chilometri. E, nel complesso, una regione Lombardia che non è considerata da alto livello per quanto riguarda il gusto. O almeno, è quello che emerge dal dossier pubblicato da Il Sole 24 Ore a riguardo della qualità della vita per l’anno 2007 nelle 103 province italiane, in particolare dalla classifica stilata sulla base dei dati di Censis Servizi – uno dei più autorevoli centri di statistica a livello nazionale – che riguarda proprio “Il gusto a tavola”. Una graduatoria che vede nettamente in testa Cuneo, con un indice di qualità enogastronomica di 232, seguita a debita distanza da Siena (190,7).

Come si diceva, andare da Brescia a Lodi significherebbe – secondo l’indagine – passare dalle stelle alle stalle. Brescia, infatti, è considerata la migliore delle province lombarde ed è in sesta posizione a livello nazionale, con un indice di 140,2, che conserva la posizione conquistata nel 2006 e migliora sensibilmente il punteggio (133). Il capoluogo Milano è comunque nelle “magnifiche dieci” italiane, conquistando proprio la decima posizione con un punteggio di 116,8, con un +5,9 punti sull’indice dell’enogastronomia di qualità.

Fin qui tutto bene. Ma la statistica è decisamente più amara per quanto riguarda le altre province lombarde, che ricevono una vera e propria “bacchettata” dall’indagine del “Sole 24 ore”. Si salva sicuramente Bergamo, anche se le 29esima posizione non è propriamente “di vertice”: nel 2006 era invece al 24esimo posto e aveva 2,6 punti in più di oggi, con l’indice sceso a 86,5.

E’ Fabio Taiti, presidente di Censis Servizi, a fissare a quota 80 il punteggio minimo per essere considerati di “alto livello”, come è spiegato anche all’interno del dossier pubblicato lo scorso 17 dicembre. Bene, sopra questo livello, oltre a Brescia, Milano e Bergamo, non c’è alcuna provincia lombarda. Senza contare che tra le migliori cinque regioni italiane, la nostra non trova spazio, dovendo cedere il passo a Trentino Alto Adige, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Umbria. E così bisogna scendere fino alla quarantesima posizione per trovare la provincia di Pavia, che perde quattro posti rispetto

al 2006, con un indice di qualità sceso a 77,8 (-1,4). Va invece decisamente meglio a Varese, dove la 45esima piazza rappresenta, da parte del “Sole 24 Ore”, un vero e proprio attestato di fiducia, visto che l’anno precedente era stata relegata alla 67esima posizione. Con lo stesso indice di qualità di Varese, ovvero 75,3, ma con un posto in meno c’è Mantova (46esima), risalita dalla 59esima posizione dello scorso anno. Queste due province, secondo le statistiche, sono riuscite a superare Sondrio: la Valtellina dei vini, dei formaggi e delle mele è 56esima, scendendo di sei gradini rispetto allo scorso anno e ottenendo un indice di qualità di 70 (-0,8). Si va verso il fondo. Ci sono ancora quattro province lombarde che non sono state ancora citate dalla classifica. La statistica

diventa davvero amara. Chi può “abbozzare” un sorriso è Lecco: se nel 2006 era novantesima, ora è 77esima, con 11,1 punti in più sull’indice di qualità enogastronomica, arrivato a quota 55,4. Ben al di sotto, comunque, di quel limite di 80 che determina la fascia di eccellenza. Cremona perde 4 posizioni: da 88esima passa alla posizione 92, nelle parti basse della classifica con 45,9. Como risale un posto e da 98esima diventa 97esima (30,9 l’indice).

Ed eccoci arrivati a Lodi, ovvero a una settantina di chilometri di Brescia. La statistica è impietosa: 99esima su 103 province e un indice di solo 20. Dietro ci sono soltanto Rovigo, Vibo Valentia, Matera e Isernia. Nel 2006 la situazione era anche peggiore: 102esimo posto, davanti solo a Isernia.

Certo, se per capire dove si mangia e beve bene in Italia fosse necessario leggere e interpretare una classifica, allora saremmo davvero su una cattiva strada. Perché la contestazione che è possibile fare a Censis Servizi, che ha elaborato i dati, e al Sole 24 Ore, che li ha pubblicati nel dossier sulla qualità della vita, è che l’enogastronomia non si può misurare con delle statistiche che, seppur precise, non possono “leggere” la sensibilità delle persone e non possono valutarne i gusti. Se per alcune province non c’è nulla da eccepire, magari su altre è meglio fare un discorso più approfondito.

L’analisi, questa volta sensoriale, parte proprio da Brescia, che quel sesto posto se lo merita certamente. Anche solo per essere la provincia patria di quel Franciacorta che sta facendo una vera e propria scalata verso l’alto, verso i vertici. A fare concorrenza, per quanto possibile, a bollicine più altolocate, come quelle dello Champagne. Ma ci sono anche i formaggi, da quelli della Val Camonica fino al Bagòss di Bagolino. E ci sono sempre più ristoratori che puntano all’eccellenza, alla qualità, anche se costa un po’ di più. Per quanto riguarda, invece, la provincia di Milano, non si punta tanto ai prodotti tipici della zona, comunque ben presenti, ma alla ristorazione di qualità e di altissimo livello. Il fatto è che all’ombra della Madonnina, nella capitale economica dell’Italia, si è sviluppata una notevole ricerca nel settore, anche per soddisfare le esigenze di una clientela sempre più portata verso l’eccellenza. Uno sviluppo che ha visto crescere i ristoranti milanesi, con gli chef che hanno trovato lustro nell’ambito dell’enogastronomia non solo italiana, ma anche internazionale. L’autorevole guida rossa della Michelin, non per altro,

premia quattro ristoranti nella provincia di Milano con le “due stelle” e altri cinque con la “stella” semplice. Così come altre guide del settore ribadiscono come nel cuore economico della Lombardia si sta sviluppando, anno dopo anno, una ricerca dello stare bene a tavola. E non è affatto poco. Bergamo, un po’ sulla scia di Milano, punta davvero molto sulla ristorazione di alta qualità. Qui c’è anche un supporto enologico non indifferente, grazie ai vini della Valcalepio di buonissima qualità e a un ricercatissimo Moscato di Scanzo.

Anche qui senza dimenticare i formaggi, i salumi e la tradizione della polenta (piatto

povero ma ricco di gusto). Ma Bergamo era anche l’ultima provincia di “alto livello”, secondo la statistica. Fuori da questa elite è rimasta Pavia. E qui si inizia un po’ a storcere il naso. Ma come? Non siamo in una terra, come l’Oltrepò, ricca di vini di qualità sempre crescente e di prodotti tipici semplici ma buoni? Eppure Pavia si deve accontentare

– secondo la statistica – di rimanere fuori dall’eccellenza, anche se per pochi punti.

Anche Varese è fuori per poco meno di cinque punti: qui il discorso è diverso, perché la crescita di questa provincia è evidente. La qualità dei ristoratori è in aumento davvero esponenziale. I caprini della Valcuvia, giusto per fare un esempio, sono stati premiati in vari concorsi di settore, mentre – nel campo del vino – si sta scoprendo questa nuova Igt Ronchi Varesini. E’ il segnale di una provincia viva e attiva anche nel settore dell’enogastronomia. In classifica, praticamente alla pari, c’è Mantova. Anche qui i vini si difendono bene, con le Doc Garda e Garda Colli Mantovani, con prodotti che sono

stati apprezzati anche nell’ultima guida Viniplus. E poi c’è il Salame mantovano, il Riso Vialone Nano, l’olio nella zona gardesana, il melone di Sermide e di Viadana e altro ancora. Siamo così sicuri che Mantova sia da metà classifica?

Siamo sicuri che Sondrio sia, invece, nella metà “bassa” della classifica? Anche qui le

statistiche lasciano un po’ perplessi. Anche se può essere vero che nella ristorazione

può essere necessario fare qualche passo in avanti, la 56esima posizione per la Valtellina

sembra davvero un’ingiusta punizione. Parliamo dei vini: Sforzato e Valtellina

Superiore delle varie aziende stanno ricevendo premi ovunque, senza contare che ha

conquistato 20 dei 40 riconoscimenti della “quattro rose camune”, ovvero dell’eccellenza,

nella guida Viniplus, superando anche la Franciacorta. E poi c’è il Bitto, tutelato

anche da Slow Food con un presidio, il Casera e tutti i formaggi in generale. Senza

dimenticarsi dei salumi, come la bresaola e il violino di capra. Insomma, la provincia di

Sondrio è una provincia ricca, dal punto di vista enogastronomico, ma che si trova “penalizzata” dalla classifica del Sole 24 Ore. Dietro, però, c’è ancora Lecco: in questo caso si è registrato un miglioramento della posizione in classifica, con 13 posti guadagnati, ma di strada ce n’è ancora da fare, magari partendo proprio dai formaggi della zona di Ballabio e dai prodotti della pesca, nel Lario: i segnali di una ripresa enogastronomica ci sono.

I dubbi tornano se si parla di Cremona: la patria del torrone e dei dolci in generale

deve masticare amaro, in coda alla classifica. Eppure ci deve essere qualcosa che

non va: anche se, in sostanza, non esistono vini, ci sono però prodotti tipici (salumi, mostarda, soncino e formaggi) che non sono da sottovalutare. Discorso diverso è quello di Como, dove di prodotti tipici non ce ne sono poi così tanti e il vino è un’utopia.

Ma la risorsa principale, ovvero il lago, porta dell’ottimo pesce, come il persico, gli agoni, i lavarelli e le alborelle. In città e in provincia stanno inoltre aumentando i ristoratori che hanno voglia di migliorarsi e arrivare a grandi livelli. Chiudiamo con Lodi: qui, giusto per smentire la statistica, c’è un marchio, ovvero il “Lodigiano terra buona”, realizzato dall’amministrazione provinciale, proprio con l’intento di promuovere e tutelare i prodotti tipici della zona. Forse, quella 99esima posizione va un po’ stretta... Un’annotazione: la provincia di Monza e Brianza non è ancora considerata da parte dell’inchiesta del Sole 24 Ore.

La conclusione è semplice: non c’è dubbio che Cuneo, terra di Barolo e tartufi, meriti la prima posizione della classifica. Ma è altrettanto vero che le classifiche, le statistiche, i dati, lasciano il tempo che trovano. Forse devono essere solo spunti di autocritica. Ma a ben vedere, è meglio seguire il proprio gusto che i freddi dati di una pur autorevole inchiesta.

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